Un lupo impiccato e un cane gettato vivo nella spazzatura: il primo episodio a Marcellinara, in Calabria, mentre il secondo è accaduto a Modena, dove un cane è stato picchiato a morte e gettato ancora vivo nel sacco della spazzatura messo poi nel cassonetto. Oramai non c’è giorno senza che le cronache riportino azioni violente, con una connotazione di crudeltà davvero preoccupante.
Le due notizie hanno già fatto il giro del web, raccogliendo indignazione e i soliti insulti. Molti commentano la notizia, pochi si soffermano sulla violenza degli episodi. Che a giudicare dalle cronache stanno aumentando non solo di numero, ma anche nella gravità dei comportamenti. Viene da chiedersi quanto in questo ci sia l’attenzione dei giornali e quanto un crescendo degli episodi.
Resta il dubbio, che forse non è nemmeno tale, di quanto questa violenza la si stia allevando, alimentando dandogli una connotazione quasi positiva. Non tanto il comportamento agito contro animali e persone, che per fortuna sembra avere il biasimo collettivo, quanto l’esaltazione dell’arroganza, della prepotenza, del cyber bullismo. Il bracconaggio è sempre esistito e, come tutti i reati, non potrà mai scomparire del tutto, ma l’esaltazione è un’altra cosa. Correre dei rischi per appendere un lupo a un cartello stradale è un comportamento da persone disturbate. Un fatto, peraltro, già costato ad altri una condanna per un episodio identico.
Vantarsi della violenza è diventato normale
Fra i bracconieri vige la teoria delle “tre S”: spara, scava e seppellisci. Invece qui qualcuno corre dei rischi, magari per farsi un selfie con il lupo impiccato? Per ostentare un’azione tanto stupida e crudele quanto inutile? Sono interrogativi ai quali speriamo che, presto, il responsabile possa rispondere di fronte a un magistrato. Che dire poi dell’episodio di Modena, dove un cane viene picchiato a morte dal proprietario, che lo getta vivo nel cassonetto. Un comportamento che denota crudeltà e una pericolosità sociale che andrebbe indagata con molta attenzione e punita in modo severo.
Bisogna cercare di abbassare il volume, i toni e gli atteggiamenti. L’unica cosa che deve crescere è l’attenzione contro la violenza, la necessità di aumentare la tutela delle categorie fragili e la sensibilizzazione dei ragazzi. Che forse stanno assorbendo il peggio dei comportamenti degli adulti, inconsapevolmente. Avvelenandosi con l’esposizione a comportamenti irresponsabili dei quali prima o poi, come società, potremmo pentirci amaramente.
La violenza contro gli animali è solo uno dei primi scalini di una discesa agli inferi della quale troppi sembrano non preoccuparsi. Cerchiamo di non scoprirlo quando il tempo per rimediare sarà inesorabilmente passato. Pagheremmo un prezzo altissimo per non aver compreso che, in fondo, tutelare gli animali non umani era anche un modo per salvare noi stessi.
Oramai il fatto che ci sia troppa violenza, agita e verbale, non è certo un mistero, ma anzi è una realtà che tocchiamo ogni giorno. Basta sfogliare giornali e agenzie, sentire telegiornali, leggere commenti sui social per averne una percezione netta.
La violenza, contro uomini e animali è sempre esistita, ma l’impressione è che sia stato tolto il tappo di un vaso dall’imprevedibile contenuto. Iniziando così un pericoloso percorso di abituazione, che rende i comportamenti violenti una sorta di normale connotazione della nostra società. Come se avessimo iniziato a vivere dentro una specie di wargame.
Solo oggi, per parlare di umani, in mezz’ora sono uscite due notizie di cronaca nera: la prima di un vigilante che litiga con la compagna e tira una rivoltellata a un braccio del figlio, la seconda racconta di un uomo che ha ucciso una donna davanti alla figlia minorenne. E ora sulla rete si scatenerà la solita pioggia di insulti e minacce, che a nulla servono se non a promuovere nuova violenza.
Troppa aggressività per una società “normale”
Come è successo ieri nei confronti di due pescatori che, crudelmente, hanno tagliato la coda di uno squalo solo per divertimento. Scatenando le ire dei navigatori, come se il potere dell’insulto potesse far rispuntare la coda o ridare la vita al povero animale. Mentre dovrebbero essere processati e condannati e credo che in Islanda, dove il fatto è successo, finirà così.
Molti commentatori ritengono che in fondo si tratti solo di uno sfogo, di un modo per dimostrare la propria indignazione. Io, forse sbagliando ma non credo, lo vedo invece come un crescendo di atti violenti, seppur verbali, che rappresentano un indicatore pericoloso. Di quanto la rabbia si stia impastando in modo intimo con il nostro essere, giustificando i peggiori comportamenti in nome di una legittima indignazione.
Sostengo, da sempre, che non si può essere attenti ai diritti animali e non aver empatia anche verso gli uomini, gli indifesi, i poveri, le mille anime in difficoltà. Non si può essere razzisti e animalisti dentro lo stesso cervello. Ma non si può nemmeno essere crudeli, non si può giustificare mai la violenza, salvo che sia, per davvero, una difesa legittima della propria o di altre vite.
Eppure molti, fra i “cosiddetti” buoni, vorrebbero mettere in atto azioni nei confronti di altre persone, che hanno compiuto crimini veri o anche solo supposti, da far tremare le vene dei polsi. Cose che avrebbero fatto vergognare anche la Santa Inquisizione.
La violenza non ripara i torti, non sana i corpi e tanto meno le menti
Le persone che hanno un’idea di giustizia corretta, giusta, dovrebbero pretendere e ottenere che chi sbaglia paghi la sua pena, senza invocare giustizia sommaria. Quando uno stato non è in grado di assicurare che sia così i cittadini si devono attivare, non cercare scorciatoie punitive.
Si devono attivare per ottenere che le leggi cambino, che le pene siano effettive, che vengano punti i responsabili in modo concreto. Senza scivolare nelle derive autoritarie, che non portano da nessuna parte.
Se la violenza e la commissione di reati è cosa fisiologica nel contesto sociale, e per questo va combattuta, non può essere considerata altrettanto fisiologica la crescita di comportamenti forcaioli. Che non dovrebbero essere tollerati nemmeno sui social.
Recentemente una persona che ha commentato malamente su un post, e che è stata puntualmente ripresa, ha scritto di essere stata “soltanto” veemente. Così, in questo modo, si possono insultare tutti, ma è solo veemenza. Un nuovo modo di approcciarsi con la violenza verbale, giustificando ogni comportamento.
Non si possono difendere i diritti dei deboli con aggressività e troppa violenza
Dobbiamo impegnarci tutti a spegnere questi focolai, che stanno già diventando incendi, che ci abituano a essere indifferenti di fronte alla violenza. Bisognerebbe capire che non esiste una violenza giusta, se non cessa un secondo dopo uno stato di pericolo reale. Che l’insulto non è risolutivo, ma solo peggiorativo. Non educa, non muta le cose e alimenta l’ego di chi o pronuncia, ma talvolta anche di chi lo riceve.
Una società rispettosa dei diritti altrui non può giustificare comportamenti violenti, per etica ma anche per una necessaria autotutela: una comunità nella quale l’aggressione è considerata legittima rappresenta uno stile di vita pericoloso per tutti.
Maltrattare gli animali denota pericolosità sociale in quanto significa accettare la violenza come metodo.
L’assenza di empatia verso gli esseri viventi rappresenta il primo segnale di alterazione del comportamento umano, sia che riguardi i nostri simili che gli animali.
Il non provare sentimenti compassionevoli nei confronti di un altro essere vivente non è soltanto un disvalore, ma anche un’alterazione della sfera dei sentimenti positivi e del rispetto verso gli altri.
Maltrattare gli animali denota pericolosità sociale in virtù di queste considerazioni, in quanto una persona che non prova né compassione né pietà dimostra, proprio con questi comportamenti, il suo potenziale pericolo. Come provano i peggiori crimini commessi sugli uomini e sugli animali non derivanti da un gesto d’impulso (leggi anche qui).
Ogni volta che succedono episodi di violenza particolarmente gravi nei confronti degli animali si parla di inasprimenti delle punizioni, di modifica delle leggi e si cavalca, su vari fronti, un argomento davvero traversale nella nostra società. Nessuna persona considerata “normale” può plaudire o restare indifferente verso la sofferenza causata su soggetti che non possono difendersi.
Le persone sono fin troppo spesso violente verbalmente, ma la difficoltà di passare dalle parole ai fatti dimostra come non sia così facile scrollarsi di dosso quei valori che sono insiti nel comune sentire. Se i macelli avessero le pareti di vetro probabilmente il consumo di proteine animali avrebbe un crollo verticale.
Dopo l’episodio del cane gettato in acqua vivo con una pietra al collo l’indignazione popolare ha costretto la politica a prendere posizione contro la violenza sugli animali. Il ministro dell’ambiente Costa ha promesso una revisione della legge e un inasprimento delle pene. E sul suo personale impegno non ci sono dubbi.
Il #maltrattamento degli #animali è un delitto atroce! Faremo in modo che le pene vengano inasprite. Bravi i #cittadini che hanno denunciato alle forze dell’ordine il padrone di “Mia”. Noi saremo al vostro fianco sempre! Il Ministero si costituirà parte civile nel #processo. pic.twitter.com/TqgLRl1zzM
Questo però non toglie che si senta parlare poco del potere di deterrenza che una legge dovrebbe avere (quello che dissuade gli autori dal compiere crimini in virtù delle punizioni che riceverebbero se scoperti), della pericolosità sociale dei maltrattatori e del contrasto alla violenza, che deve partire anche dai toni della politica.
Secondo studi scientifici, in prevalenza americani, è provato che le persone violente nei confronti degli uomini abbiano cominciato a esercitarsi proprio sugli animali, per poi fare il salto di specie. Ora stiamo assistendo a comportamenti speculari: indifferenza e violenza non sono solo verso le altre specie animali, ma anche sugli uomini.
Siamo diventati indifferenti alla morte di bambini e adulti, di fronte alle violenze che avvengono in veri e propri campi di concentramento che proprio l’Europa finanzia e alle condizioni di vita dei profughi. Potremo davvero, con queste premesse, dimostrarci più compassionevoli verso gli animali?
Maltrattare gli animali denota pericolosità sociale ma bisogna osservare che sarà difficile combattere questi comportamenti, che in buona parte derivano da corti circuiti culturali, educativi, senza connotare violenza e indifferenza come atteggiamenti negativi in genere.
Come sarà inutile aumentare le pene per chi maltratta gli animali se poi, nella realtà, nessuno finirà in carcere nemmeno quando condannato in via definitiva, se le pene continueranno a essere sospese per gli incensurati, senza venir nemmeno convertite in sanzioni economiche effettive.
Se non saranno previste misure come l’interdizione perpetua alla detenzione e allo svolgimento di attività con animali, la libertà vigilata in quanto soggetti pericolosi. Ma anche se non verrà riconosciuto che gli animali sono esseri senzienti e non cose e che proprio come creature viventi sono tutelate, non in via indiretta per tutelare i sentimenti umani.
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