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Uomini e animali travolti dalla guerra in Ucraina, uniti nel comune destino di soffrire e morire per scelte che non hanno fatto. La storia dimostra che la guerra non è mai la soluzione di un problema, semmai è la chiave per aprire la porta del caos. Ma ancora oggi ci stiamo preoccupando più di dimostrare le ragioni del conflitto, che non di fermarlo. Nonostante i rischi noti, le sofferenze e le devastazioni subite dai civili, le crudeltà decise da pochi ma subite da tantissimi esseri umani e anche animali.

Con un popolo che ovunque si sta attivando per cercare di aiutare, raccogliendo cibo e medicinali, offrendo ospitalità, facendo donazioni. Un risveglio che speriamo possa far capire che non esistono guerre giuste, che esistono doveri di civile convivenza. La sofferenza, la disperazione di chi vive nella paura, di chi non ha nulla da mangiare non ha colore, né di pelle, né di bandiera. La guerra è il punto più basso della nostra umanità, sia quando accade in Ucraina che in Palestina, in Yemen o in Somalia.

Come possiamo cercare di fare capire l’importanza della convivenza fra uomini e animali selvatici, la necessità di tutelare l’ambiente se poi, in un attimo, spezziamo le vite delle persone. Cosa racconteremo alle giovani generazioni che ancora una volta, in Europa, è scoppiato un conflitto che rischia di distruggere la vita di milioni di persone? Come faremo a essere credibili sugli impegni per salvare la nostra casa comune, l’unica che abbiamo, se stiamo rischiando un disastro nucleare? Se questa guerra rallenterà pericolosamente le misure per contrastare i cambiamenti climatici.

Uomini e animali travolti dalla guerra, aiutati da altri uomini che hanno attivato il circuito positivo dell’empatia

Le persone non hanno in questo momento alcun potere, non possono decidere di fermare il conflitto, diversamente il suono orribile delle armi sarebbe già cessato. Il potere è del popolo, ma il popolo non ha alcun potere, se non quello di aiutare, di mitigare le sofferenze, di correre in soccorso. Di tentare di frapporre un diaframma di partecipata civiltà a un potere oscuro che ghermisce vite, senza restituire in alcun caso benessere. Non ai vinti, ma nemmeno ai vincitori perché le guerre sono come le catastrofi naturali: colpiscono tutti, fanno soffrire molti, ma arricchiscono pochi.

In questi giorni il terzo settore italiano sta facendo molto per cercare di portare soccorso agli uomini, agli animali con cui hanno vissuto che sono una parte della loro stessa vita. Ma anche agli animali che padrone non hanno perché quel legame emotivo, affettivo, empatico che ci lega non può essere spezzato nemmeno da una guerra. Qualcuno polemizza sul fatto che ci si occupi di animali, ma sensibilità e intelligenza sono un dono, non sempre una caratteristica certa della nostra specie. Dimenticando o non volendo vedere che chi si occupa di animali si occupa sempre anche di uomini, conoscendo il valore della sofferenza, avendo ben radicata l’empatia verso i viventi.

Questa solidarietà che dilaga è necessaria come l’acqua durante la siccità: è capace di far germogliare il seme della speranza, di far comprendere che essere uomini è davvero altra cosa. Un’umanità ben diversa da chi pianifica bombardamenti sui civili, in qualsiasi nazione del mondo, una differenza che aiuta a sopportare di appartenere a una specie tanto stupida. Capace di scoperte incredibili per aiutare il prossimo ma anche di creare i campi di sterminio nazisti. Due facce della stessa specie, seppur incredibili e così lontane fra loro.

Per aiutare uomini e animali fate scelte attente, non donate senza fare attenzione: c’è chi specula anche sulle tragedie

Non bisogna mai fermarsi ai titoli, alle enunciazioni. Occorre verificare, saper scegliere perché è importante che quello che viene donato non finisca rubato. Chi chiede fondi per una causa deve essere puro e trasparente, non deve avere macchie e deve avere un passato onorevole. Sulla rete ci son richieste di vario genere, anche da parte di realtà improbabili, di privati che giurano che porteranno a casa gli animali dalle zone di guerra, che sono in contatto con realtà in Ucraina. Promesse che sembrano molto mirabolanti, che devono però prima di essere accolte trovare riscontri.

Sono talmente tanti i bisogni che disperdere anche un solo euro sarebbe un vero peccato. Per questo è importante che gli aiuti vadano a realtà che hanno un passato dimostrabile, non un incerto presente e magari un furbesco futuro. Questo vale anche per i soldi pubblici, che devono avere un impiego certo e utile: quando si fermerà il conflitto avremo bisogno d ogni centesimo, perché la guerra ai cambiamenti climatici resta un’urgente priorità.

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