Secondo qualcuno bisogna sterminare gli scoiattoli grigi per salvaguardare la biodiversità ed evitare la rarefazione dello scoiattolo rosso: lo dice la scienza, lo vuole l’Europa, lo sconsiglierebbe il buon senso, l’etica e anche il risparmio economico. Ma si sa quanto le amministrazioni pubbliche regionali siano spesso esperte nel dispendio di soldi pubblici seguendo finalità che si potrebbero definire inutili, mentre le seconde siano troppo inclini a compiere studi che non portano però al risultato definitivo e sperato, ma solo allo sviluppo di modelli, anche se per farlo vengono sacrificati animali in modo del tutto inutile e pretestuoso.
In questo preciso momento in Lombardia e Piemonte a rimetterci le penne, ma meglio sarebbe dire la coda, sono gli scoiattoli grigi, specie nordamericana importata a soli fini di commercio come animali da compagnia, liberati da scriteriati e, comunque, commercializzati in Italia fino all’anno scorso. Si dice che la presenza dello scoiattolo grigio sia la presente causa di estinzione del cugino rosso, tipica specie europea che attualmente, nonostante l’invasione americana, non risulta però dati alla mano essere in fase di rarefazione. Il grigio in effetti è di maggior taglia, con una propensione terricola, un letargo ridotto o assente e una propensione al saccheggio delle dispense “invernali” del cugino rosso, tutti fatti che creano squilibrio nella competizione fra le specie. Volendo sorridere, anche se in effetti c’è ben poca ragione per farlo, una lotta all’ultima nocciola, iniziata nei primi decenni dello scorso secolo e sicuramente vinta per diffusione dallo scoiattolo grigio, più duttile, adattabile, confidente verso l’uomo che lo riempie di leccornie, dimostrando un’ignoranza senza fine perchè gli animali selvatici, salvo rare e circoscritte occasioni non vanno alimentati artificialmente e tanto meno gli va creata dipendenza dal cibo somministrato dalla mano dell’uomo.
La biodiversità, che tradotta è il numero prodotto dalla variabilità di specie presenti in un territorio, viene giudicata seriamente in pericolo, purtroppo non solo a causa dello scoiattolo grigio, ma di migliaia e migliaia di organismi appartenenti al regno animale e vegetale di cui l’ignaro “sciurus carolinensis“, lo scoiattolo grigio è diventato involontario testimonial. Ora l’Europa attraverso i progetti Life ha deciso che questa specie e non solo lei deve essere “eradicata”, termine tecnico che significa tradotto per il volgo “fatta scomparire dagli ambienti dove è stata introdotta o è arrivata per propagazione”. Ovviamente tramite la soppressione che rappresenta il modo più economico di riduzione del numero di individui presenti. Quella lunga lista che potete verificare sul sito europeo DAISIE vi parla di questa invasione silente, molte volte causata dallo spostamento di merci e tantissime volte per ragioni commerciali di vario titolo (alimentari, allevamenti per pelli, mercato degli animali da compagnia, progetti di reintroduzione insensati). In Italia oggi esistono popolazioni stabili di nutrie, procioni, parrocchetti dal collare e monaci, daini, scoiattoli grigi e molte altre specie di mammiferi, uccelli e pesci ed una moltitudine infinita di insetti e vegetali.
Questo blog non può essere ovviamente la sede di un approfondita disamina del problema, che richiederebbe volumi e non pagine e quindi la volontà è solo quella di precisare e puntualizzare un dato di fatto incontrovertibile, scientificamente inconfutabile: non esistono attività di eradicazione di specie che abbiano avuto successo tranne che in due condizioni molto particolari: l’inizio di un insediamento, immediatamente seguito da un progetto di eradicazione, oppure l’eradicazione di una specie da aree piccole, circoscritte, irraggiungibili come successo recentemente con il ratto nero nell’isola di Montecristo (GR).
Questo significa che l’uomo ha la capacità di produrre il danno, ma non quella di eliminarlo, non volendo peraltro toccare severamente le normative sul commercio di animali alloctoni ed in particolare di quelle specie che hanno la capacità di riprodursi in Italia: il commercio e l’economia vengono prima di ogni danno, anche se i profitti sono per pochi e il costo è scaricato, invece, sulla comunità. Questi progetti di inutile sterminio, in alcuni casi dannoso perchè comporta incrementi di popolazione, deve essere fermato non perchè l’Europa lo vuole, ma perchè la ragionevolezza e i dati lo richiedono: la portanza di un ambiente rispetto a una specie non è condizionabile da catture e abbattimenti. In Italia lo dimostrano decenni di abbattimenti inutili di cornacchie e nutrie, per non parlare delle volpi che insidiano la fauna dei cacciatori!
Per contro le associazioni protezionistiche devono scendere dall’Aventino dei duri e puri che dicono “no” ad ogni progetto, sostenendo troppo spesso le argomentazioni con concetti sentimentali, talvolta irricevibili. Bisogna finanziare studi che dimostrino scientificamente l’inutilità di questi massacri.
L’uomo non ha conoscenze per riparare i danni, come dimostra l’impossibilità di ricreare, anche nei grandi parchi africani, ecosistemi che non necessitino di costanti azioni correttive delle dinamiche di popolazione delle varie specie. L’uomo spesso si sente come un dio infallibile, per poi cadere con le ginocchia sulla sabbia, sconfitto dalla sua presunzione.