Trasferita l’orsa Dj3 da Casteller alla Foresta Nera, ma le bugie han le zampe corte

Trasferita l'orsa Dj3 da Casteller
Foto di repertorio

Trasferita l’orsa Dj3 da Casteller a un parco faunistico della Foresta Nera, senza preavviso e di nascosto. Ancora una volta la provincia di Trento ha avuto comportamenti contrari alla trasparenza, inconcepibili per un ente pubblico. Dj3 è figlia dell’orsa Daniza, uccisa durante la cattura decisa per tenerla in cattività, ed era rinchiusa a Casteller dal 2011. Si tratta quindi di un animale oramai piegato dalla prigionia, per il quale risultava difficile, se non impossibile, pensare alla reimissione in libertà.

Cani falchi tigri e trafficanti

L’orsa è stata trasferita in un parco faunistico tedesco che appartiene a una fondazione, nata con lo scopo di dare una vita migliore a orsi, lupi e linci che provengono da situazioni di cattività. Non è un parco, inteso come una grande area naturale, seppur cintata, ma una struttura aperta al pubblico e le sue dimensioni non sono enormi. La fondazione che lo gestisce è certamente animata da intenti migliori di quelli che hanno fatto finire gli orsi a Casteller. Ora sarà necessario capire e approfondire le condizioni reali di questa nuova sistemazione. Che si spera non essere paragonabile, almeno per attenzioni, a quella in cui Dj3 ha vissuto negli ultimi tempi.

Il fatto che la struttura sia aperta al pubblico non rappresenta, dal mio punto di vista, una condizione di per se negativa. Gli animali che non possono tornare liberi e che sono costretti a vivere in spazi comunque ristretti, rispetto ai loro bisogni, hanno infatti un grande nemico: la noia. Se i visitatori si comportano in modo rispettoso, sotto il controllo del personale della fondazione, il pubblico potrebbe rappresentare un diversivo: tutto dipende dalle distanze, dalla possibilità di sottrarsi alla vista e da altri fattori. Il problema vero sarebbe stabilire semmai se questa possa essere vita per un orso. Ma questo è argomento diverso e molto più complesso per le tantissime implicazioni che comporta.

Trasferita l’orsa Dj3 da Casteller si è liberato un posto: ora l’importante è impedire che possa essere occupato!

Il trasferimento di Dj3 nulla toglie, ma anzi aggiunge, al problema della gestione degli orsi in Trentino, alle chiacchiere della PAT che come sempre è incline su questi argomenti a travisare la realtà. Come dimostra la dichiarazione dell’assessore Zanotelli che ha sostenuto che per l’orsa sia in ottime mani visto che è stato rilasciato il certificato CITES! Una dichiarazione senza senso rispetto alle condizioni di reale benessere: il certificato è solo un atto amministrativo che viene rilasciato per confermare la legalità del trasferimento, che avviene fra strutture autorizzate alla detenzione di plantigradi. Come ricorda la vicenda delle tigri partite da Latina e rimaste bloccate alla frontiera russa.

Avrebbe fatto meglio l’assessore Zanotelli, invece, a dedicare più tempo alla lettura del rapporto dei Carabinieri Forestali della CITES sulle condizioni di detenzione degli orsi a Casteller. Che hanno certificato condizioni di custodia terribili, per le quali era legittimo aspettarsi un qualche intervento della magistratura. Questo purtroppo sino ad oggi non è accaduto ed è ragionevole credere che non accadrà. Salvo improbabili folgorazioni sulla via di Damasco. Il punto fondamentale, ora, deve essere un cambiamento di rotta nella gestione delle popolazioni dei grandi carnivori, che il Trentino ha purtroppo dimostrato di non essere in grado oppure di non voler condurre in modo corretto.

Non è un caso che tutti gli episodi di aggressione, reale o supposta, più o meno seria, siano tutti avvenuti in Trentino. Sotto giunte di diverso colore, accomunate però da una gestione degli orsi parzialmente se non totalmente sovrapponibile. Questo va ammesso, anche se è difficile togliere il primato della pessima gestione al governatore Maurizio Fugatti, che ha un percorso personale di mancato rispetto del capitale naturale e di maggior attenzione verso il mondo venatorio. Resta anche un’altra osservazione legittima: sulla questione orsi, dopo il rumorosissimo silenzio della magistratura trentina, il grande assente è il Ministero della Transizione Ecologica, il cui ministro non sembra interessato a queste vicende ursine.

Le associazioni, i gruppi e i singoli devono mantenere la pressione mediatica sull’amministrazione

Non esistono altri mezzi, allo stato attuale, se non quelli di mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sui comportamenti dell’amministrazione trentina. Ricordando ogni giorno, come stanno facendo in molti, che il problema non sono gli orsi, ma la gestione del territorio, dei rifiuti e dell’informazione. Senza contare come il continuo allarmismo che la provincia stimola rappresenti un’ulteriore criticità verso la pacifica convivenza. Un conflitto permanente creato da un’amministrazione che non ha ancora ben chiaro di essere al servizio dei cittadini e non viceversa. Dimenticando che molti trentini non condividono affatto questi comportamenti e non amano essere additati come i carcerieri degli orsi.

Ora è necessario trovare soluzioni diverse, e se possibile anche migliori, per gli altri due orsi carcerati a Casteller: M49 e M57. Questi due plantigradi hanno una storia di prigionia molto più breve di quella di Dj3 e, prima che il danno di una cattività così privativa diventi ancora più grave, occorre toglierli da lì. Con concretezza, senza farsi troppe illusioni che ci sia la volontà di farli tornare in natura, ma anche con grande determinazione. Nessun orso merita una vita fatta solo di privazioni, per scontare senza colpe gli errori che gli uomini hanno commesso. Senza dimostrare nemmeno oggi pentimento o, almeno, una reale volontà reale di cambiamento.

Le uniche modifiche di percorse promesse dalla giunta trentina, secondo quanto riportato sulla stampa, riguardano la volontà di abbattere gli orsi, senza rinchiuderli in cattività. Un segno che non può essere visto come una scelta giustificata dall’evitar loro sofferenze prolungate, ma come una scorciatoia. L’abbattimento costa meno, produce reazioni negative ma destinate a finire in tempi più brevi, mentre il costante maltrattamento degli animali li costringe a restare sulla corda. Posizione politicamente molto scomoda.

Errare è umano, ma perseverare è diabolico e Maurizio Fugatti dovrebbe saperlo

Per risolvere la quasi totalità dei problemi basterebbe avere piani di periodo. Che prevedano i cassonetti dei rifiuti anti orso, informazione capillare a valligiani e turisti, divieti di condurre cani liberi in determinate zone, incentivi rapidi per i danni e maggiori controlli. Non bisogna dimenticare infatti che quasi sempre sono i comportamenti umani sbagliati a rendere gli orsi problematici. Insomma basterebbe che la PAT cercasse di copiare le attività del Parco d’Abruzzo. Non servirebbe molto altro, per interrompere questa catena di violenza, che danneggia nel mondo l’immagine del Trentino.

Orsi catturati in Trentino: mentre nulla succede qualcuno pensa di costruire un secondo carcere

orsi catturati in Trentino
Foto di repertorio

Per gli orsi catturati in Trentino tutto è immoto. Certo il momento è incredibilmente complesso, ma visto che, nonostante la pandemia, sembra che il tempo non manchi per le attività futili, appare ovvio che bisognerebbe dare priorità a quelle utili. Come sottrarre gli orsi selvatici di Casteller a una detenzione in condizioni insostenibili. Questa questione passa sulle teste degli animali ma è eminentemente politica e, come sempre, finisce che per questo siano i più deboli a pagare.

cai falchi tigri e trafficanti

Un esempio è l’assessora Giulia Zanotelli, titolare della delega per la Provincia di Trento su agricoltura, foreste, caccia e pesca, che trova il tempo per occuparsi (male) degli orsi. Rilasciando un’intervista a Il Dolomiti nella quale espone teorie e progetti per la loro gestione. Sostenendo come l’abbattimento degli orsi problematici possa essere un “modo funzionale di gestione del progetto“. Una teoria che non è la prima ad agitare, sostenendo che l’eliminazione di alcuni orsi, che hanno avuto un normale comportamento ursino ma hanno creato danno all’uomo, sarebbe utile alla gestione del progetto.

Su questa ipotesi si scontrano da sempre due opposte fazioni, nelle quali militano anche persone titolate per parlare del problema. Non il politico di turno per intenderci. Omettendo di considerare però, senza per questo andare alle origini del piano di reintroduzione degli orsi, che questa non era una scelta obbligata per la Provincia di Trento e che questo tipo di azioni dovrebbero essere considerate l’ultima spiaggia. Dopo aver perseguito ogni strada possibile e eliminato le cause che sono alla base dei comportamenti indesiderati.

Per gli orsi catturati in Trentino c’erano altre alternative alla detenzione in un centro inadeguato

Prima di arrivare a pensare a carcerazione e/o abbattimento la politica dovrebbe avere percorso tutte le strade necessarie, anzi indispensabili, per una convivenza pacifica. Azioni che in Trentino non sembrano essere state fatte, preferendo percorrere la sola scorciatoia della captivazione o dell’abbattimento. Imprigionando gli orsi in una struttura non pensata per essere un posto in cui i plantigradi possano essere ospitati per un lungo periodo, potendo condurre una vita quantomeno accettabile sotto il profilo etologico.

D’altro canto trovare delle soluzioni strutturali comporta dei costi con investimenti che la Giunta non pare intenzionata a sostenere, così la via comoda è quella del fucile: “Queste soluzioni sono molto impegnative in termini di costi – commenta Zanotelli – e non costituiscono una soluzione nel lungo periodo. In questo senso è necessario prendere in considerazione sin da subito anche l’abbattimento quale strumento funzionale alla rimozione di esemplari problematici o pericolosi”.

Tratto dall’articolo de Il Dolomiti dell’8 novembre 2020

L’assessora Zanotelli dimentica di citare una serie di colpevoli omissioni che l’amministrazione trentina ha compiuto dalla partenza di questo progetto sino ad ora. Mancanze che, per correttezza, non hanno riguardato solo la parte politica che governa in questo momento, ma anche i predecessori di diverso orientamento politico. Cosa che in fondo interessa poco sia agli orsi che ai cittadini che hanno a cuore la loro sorte. Il progetto è stato, dal mio punto di vista, carente nella parte logistica (centro detenzione orsi) e comunicativa. E i danni conseguenti a queste carenze, nel medio periodo, stanno affiorando tutti.

Un amministratore pubblico dovrebbe avere un concetto diverso della fauna, una parte del capitale naturale del paese da proteggere

Le aggressioni alle persone da parte degli orsi in Trentino sono tutte, nessuna esclusa, provocate da azioni umane sbagliate. Fatto che non stupisce considerando che neppure gli stessi operai forestali sembrano essere stati istruiti su come comportarsi incontrando un orso. Eppure basterebbe davvero poco per evitare problemi: non andare con i cani liberi nei boschi, avere una fonte di rumore come un campanellino sullo zaino, non frequentare le zone dove si sa che ci sono orse con piccoli e vietare l’ingresso alle persone, in determinate aree e in particolari periodi, come avviene in Abruzzo. Oltre alla gestione corretta dei rifiuti urbani.

Quando qualcuno si lamenta che in questo modo si viene a limitare la libera fruizione della montagna, anche se per tutelare un animale che non solo è un simbolo ma un importante componente dell’ecosistema, bisognerebbe ricordar loro i limiti che impongono i cacciatori durante la stagione venatoria. Quando un grandissimo numero di persone non sono più libere di passeggiare tranquillamente in mezzo alla natura. Per evitare il rischio, non così improbabile, di prendersi una fucilata. Sono molti di più morti e feriti per cause di caccia di quante siano le persone ferite, anche solo lievemente, da animali selvatici (escludendo le punture di api, vespe e calabroni).

L’assessora Zanotelli dovrebbe recitare il mea culpa, per aver perpetuato la scelta di non predisporre, preventivamente, di strutture adeguate per la captivazione di orsi. E per aver esagerato, con la sua amministrazione, nell’emettere una prolusione di ordinanze confuse, arroganti nel modo e immotivate nei contenuti. Facendo perdere soldi ai contribuenti, tempo ai tribunali, faccia e considerazione al Trentino nel mondo. Forse potrebbe essere valutato il danno erariale quando si usano strumenti amministrativi per ottenere consenso politico?

Bisogna separare la gestione faunistica e quella ambientale da caccia e pesca, eliminando una contraddizione in termini

Il capitale naturale costituito dalla fauna e dalle risorse ambientali non deve continuare essere gestito da chi ha come punto di riferimento i cacciatori e i pescatori. Sarebbe come se venisse creato un ministero destinato a occuparsi, contemporaneamente, della tutela dell’ambiente e di quella dell’industria delle energie fossili. Una scelta decisamente irrazionale e illogica ma anche molto, molto poco credibile.

La prima attività dello Stato dovrebbe essere la difesa dell’ambiente nella sua interezza, per preservare un patrimonio che appartiene a ogni singolo cittadino. Senza privilegiare invece il depauperamento delle risorse per motivi ludici: la caccia non deve più essere considerata il metodo con cui regolare le dinamiche di popolazione della fauna e non deve venire anteposta alle azioni di tutela.

Una contraddizione riconosciuta da tempo in ambiente scientifico e dimostrata in modo empirico da decenni di fallimenti nel contenimento degli animali ritenuti dannosi. Soltanto che gli interessi politici e quelli economici troppo frequentemente si sovrappongono, creando danno ma anche impedendo una gestione corretta della politica faunistica nazionale.

Sugli orsi imprigionati a Casteller restano immutate le perplessità sull’immobilismo giudiziario che nonostante più denunce e una nota informativa dei Carabinieri Forestali consente il permanere dei plantigradi nella prigione trentina. Senza che l’opinione pubblica possa, allo stato dei fatti, poter sperare in qualche risultato sulla tutela effettiva di questi animali.

La gabbia dell’orso M49 è una struttura mal realizzata, lo dicono le foto pubblicate da ISPRA

gabbia dell'orso M49

La gabbia dell’orso M49 o meglio una delle recinzioni del sito che lo ha ospitato sembra essere davvero mal realizzata. Tanto da consentire all’orso di fuggire aprendosi un vaco, danneggiando la struttura in più punti. Una recinzione realizzata con reti elettrosaldate, le stesse che sono impiegate per essere annegate nelle gittate di calcestruzzo in edilizia.

Queste reti sono fatte con tondini di ferro, che arrugginiscono come dimostrano le foto, e possono dissaldarsi perché non nascono per essere utilizzate come barriere. Ma solo per rinforzare il calcestruzzo in edilizia. Quindi M49 potrebbe aver avuto buon gioco, certo non in un solo giorno, per creare il varco da cui è scappato. Però nessuno sembra aver controllato.

La struttura della recinzione è composta da un cordolo di calcestruzzo nel quale sono inseriti i pali verticali di sostegno, ai quali sono imbullonati i tondini che formano la rete di recinzione. I tondini non sono affogati nel calcestruzzo, caratteristica questa che presumibilmente ha contribuito a rendere meno difficoltosa la rottura della rete. Pur considerando la mole dell’animale (peso superiore a 200 kg), la forza e la determinazione mostrate dal soggetto visionando il punto di rottura appaiono fuori dal comune.

Tratto dal comunicato stampa di ISPRA

La gabbia dell’orso M49 potrebbe avergli causato ferite durante la fuga, con grossi rischi per la sua salute

Su tutti gli organi di stampa si legge che M49, ribattezzato Papillon dal ministro Sergio Costa, viene rappresentato come un animale specializzato in evasioni. Ma non si trovano riscontri sulle possibili ferite che potrebbe essersi causato durante la fuga. Che potrebbero in via ipotetica causare gravi infezioni e anche la morte. Come non si trovano evidenze circa perizie sulla struttura, che forse avrebbe meritato di essere messa sotto sequestro.

Il punto non può essere semplificato nella sola pervicacia nell’evasione da parte dell’orso, sarebbe un grosso errore, ma anche un grosso favore fatto al presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti. Che evidentemente non si è preoccupato, nemmeno dopo la prima fuga di M49, di verificare la qualità costruttiva di questo centro.

Ben ha fatto il ministro Sergio Costa a inviare gli ispettori dell’ISPRA, ma la relazione, per come descritta nel comunicato stampa, è estremamente stringata nei concetti. Forse sarebbe stato opportuno chiedere un sopralluogo da parte del Centro di Referenza Nazionale di medicina veterinaria forense, che avrebbe potuto accertare la presenza di tracce ematiche.

Tutta la gestione degli orsi fatta in Trentino è sempre oggetto di polemiche e dubbi, per scarsa trasparenza

Non basteranno le dimissioni del responsabile della Forestale provinciale per mettere il coperchio a questa brutta questione. Che non si può escludere si possa concludere anche con la morte di M49, per le ferite che si può essere provocato a causa della fuga da una struttura inadeguata. Che andrebbe posta sotto sequestro per consentire indagini approfondite sul fronte del maltrattamento di animali, ma non soltanto.

Un’altro fronte che meriterebbe di essere indagato è l’aspetto economico che lega il centro di Casteller alla provincia di Trento. Se ci fosse un trasferimento di risorse economiche per la custodia degli animali, come probabile, sarebbe opportuno comprendere chi abbia autorizzato il centro e chi abbia valutato lo stato delle strutture. Un brutto pasticcio sul quale il ministro Sergio Costa dovrebbe fare subito chiarezza, chiedendo l’intervento di chi potrebbe indagare davvero.

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