Il ministro Cingolani sulla carne cambia idea, e con un virtuosismo acrobatico modifica il tiro. Complice probabilmente il fatto che l’intervento del cambiamento è stato fatto davanti alla platea di Assocarni. Però vede ministro noi crediamo profondamente che ci debba essere una transizione, ma ecologica non di idee. Modificate non sulla base di nuove evidenze scientifiche, ma delle orecchie che ascoltano l’intervento.
Comunicare è importante e lei è un tecnico, non un politico: per questo quando succedono questi repentini cambi di opinione restiamo disorientati. Il politico per sua natura insegue il consenso, talvolta riesce a farlo meglio, altre è davvero inascoltabile. Ma da lei ministro, da un’uomo di scienza non lo possiamo capire. Lei si è rimangiato non la carne, ma le sue stesse parole. Quelle che ci avevano dato una speranza perché sulla tutela ambientale il suo ministero spesso ci lascia l’amaro in bocca, per restare in tema di cibo.
«Sappiamo – ha aggiunto Cingolani – che chi mangia troppa carne subisce degli impatti sulla salute, allora si dovrebbe diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali. D’altro canto, la proteina animale richiede sei volte l’acqua della proteina vegetale, a parità di quantità, e allevamenti intensivi producono il 20% della CO2 emessa a livello globale. Modificando la nostra dieta, avremo invece un co-beneficio: miglioreremmo la salute pubblica, riducendo al tempo stesso l’uso di acqua e la produzione di CO2».
Ministro Cingolani sulla carne cambia idea, ma sarà perché sta parlando ad Assocarni?
Il virgolettato di marzo sembra chiaro, scientifico, incontrovertibile. Infatti come sempre accade gli allevatori fanno una mezza rivolta su queste dichiarazioni. Che dette dal ministro della transizione ecologica sono quelle che chiunque si aspetta. Del resto non era un inno a diventare vegani, ma un monito sui danni ambientali prodotti dagli eccessi del consumo di carne. Che rappresentano uno dei primi problemi da affrontare se si vuole arrivare davvero alla transizione ecologica. Ma poi ecco il salto acrobatico di opinione nell’intervento alla tavola rotonda di Assocarni.
“Abbiamo previsto – ha ricordato Cingolani – misure che servono a rendere sempre più verdi e green le aziende agricole e zootecniche italiane. Il prodotto è già eccellente, noi dobbiamo migliorare la percezione a livello internazionale dell’immagine dell’azienda italiana”. Come? Con misure come il “fotovoltaico sui tetti delle stalle, il potenziamento della produzione di biogas, l’utilizzo dell’acqua piovana tramite i 40 invasi per collazionarla previsti dal piano per avere una impronta idrica ancora più bassa: tutte cose in grado di dare una percezione di azienda italiana high-tech con un prodotto eccellente e sostenibile”.
Possiamo dire che si è trattato di una rivoluzione copernicana sul tema? Che ha lasciato molti senza parole, per la rapidità della variante, una cosa alla quale nemmeno il virus ci ha ancora abituato. Eppure ministro lei sa che al di là della sofferenza animale, che potrebbe ecologicamente non essere produttiva di valori, restano tutti gli altri fattori pesantemente negativi dati dal consumo di carne. E dagli allevamenti, che non diventeranno un’oasi ecologica solo per il solare o il biogas.
Produrre proteine animali con l’allevamento di animali da carne è notoriamente inquinante e irragionevole
Per avere un’idea più concreta del peso sull’ambiente degli alimenti di origine animale basti dire che la loro produzione richiede l’uso di 3,7 milioni di chilometri quadrati di terreno (il 40 per cento della superficie degli Stati Uniti, o 12.000 metri quadrati circa a persona), buona parte dei quali destinati alla produzione dei mangimi, che richiede a sua volta il 27 per cento di tutte le acque irrigue della nazione e circa sei milioni di fertilizzanti azotati all’anno (la metà del consumo totale nazionale), con una produzione di gas serra pari al 20 per cento di quelle del settore dei trasporti e al cinque per cento delle emissioni totali degli Stati Uniti.
Il discorso potrebbe essere molto lungo, ma certo pretendere coerenza di ragionamento è normale. Quando chi si esprime in modo contraddittorio è proprio il ministro che dovrebbe traghettare il nostro paese verso una vera transizione. Che tenga conto degli studi e non solo dell’economia, anche perché è bene ricordare che la finanza ora si sta già smarcando da certi mercati, nei quali aveva investito sino a ieri. Quando le navi affondano gli investitori sono i primi a lasciare il ponte di comando, come dimostrano le scelte dei fondi di investimento su allevamenti e energie fossili.
Ministro ci dia una speranza, ma soprattutto la dia alle giovani generazioni perché il peggio lo subiranno loro, noi saremo già rientrati nel ciclo dell’azoto.
Il parlamento europeo ha votato la risoluzione a grande maggioranza e questo deve essere considerata una grande vittoria. Una battaglia che le associazioni europee hanno combattuto compatte, riuscendo a sconfiggere la lobby degli allevatori. Ora la Commissione dovrà ascoltare le richieste del parlamento, ponendo fine a condizioni di allevamento davvero inaccettabili. Una forma di maltrattamento che riguarda ogni anno più di 300 milioni di animali.
Il cambiamento non sarà immediato, ma il parlamento ha chiesto alla Commissione di rivedere la normativa sugli allevamenti. Prevedendo anche fondi da destinare a questo cambiamento di rotta per gli allevatori. La radicale modifica delle condizioni di allevamento dovrebbe avere come positiva conseguenza anche una progressiva riduzione del numero degli animali allevati. Il divieto, quando entrerà in vigore, riguarderà polli, conigli e suini.
Basta gabbie negli allevamenti, una decisione che apre una strada al cambiamento
Oggi il Parlamento europeo ha dimostrato la sua adesione per porre fine ai barbari sistemi di gabbie nell’allevamento di animali. I cittadini dell’UE, gli scienziati, le aziende e ora anche i rappresentanti democratici vogliono porre fine ai secoli bui dell’allevamento di animali. Ora tocca alla Commissione europea far sentire queste voci, non solo per alleviare le sofferenze di miliardi di animali, ma anche per onorare la democrazia e la civiltà dell’UE. Contiamo su una decisione positiva.
L’importanza delle Iniziative dei Cittadini Europei, petizioni che vincolano il parlamento
Le Iniziative dei Cittadini Europei rappresentano uno strumento efficace di democrazia diretta, vincolando il Parlamento europeo al loro esame. Al contrario di quanto avviene con le petizioni firmate sui vari siti non riconosciuti che spesso servono solo questi ultimi per raccogliere dati da usare anche per altri scopi. Il risultato ottenuto oggi, che rappresenta l’inizio di un percorso e non una vittoria immediata, dimostra la bontà di questa forma di democrazia diretta che tiene conto della volontà popolare.
End The Cage Age ha coinvolto un grande numero di persone che hanno espresso la volontà di voler cambiare le cose, dimostrando quanto sia alta l’attenzione nei confronti della sofferenza animale. Una sensibilità nei confronti della quale la politica dovrà riflettere: gli europei sono sempre più attenti alle condizioni in cui gli animali vengono allevati. Questa decisione influirà positivamente anche sulla contrazione dei consumi, portando a una lenta ma costante discesa del numero di animali imprigionati negli allevamenti intensivi.
Gli allevamenti intensivi non rappresentano un rischio inferiore rispetto ai mercati umidi dell’Oriente. Solo un modello di sfruttamento degli animali diverso, oramai accettato dalla nostra cultura. Che si è abituata a mangiare senza farsi troppe domande, su provenienza e sofferenza, ma nemmeno sulla salubrità di quel che è nel piatto. Questa colpevole distrazione, che non riguarda solo gli animali, ma anche molte delle tematiche ambientali, ha consentito all’industria di ammaestrarci. Di farci diventare dei bravi consumatori.
Ancora oggi la consapevolezza non sembra essere messa al primo posto fra le nostre attività quotidiane, nonostante i mesi difficili della pandemia. E di quelli che ancora dovranno arrivare. Ma noi abbiamo bisogno di consapevolezza e informazione più di quanto possa essere importante il vaccino contro il virus. Le pandemie passano, ma se non si modificano i modelli di sviluppo che le hanno generate, non solo ritornano, ma devasteranno le nostre vite. Quello che certo non passerà senza azioni incisive è il disastro climatico.
Continuando a passare più tempo a contare i morti piuttosto che a lottare per il futuro dei vivi stiamo ipotecando il domani. Visto che sempre più studi dimostrano che una sola sia la salute e che si sia superata la soglia del buon senso. Quello che ci avrebbe dovuto impedire di andare a stanare i virus dalle foreste, di abusare nell’uso degli antibiotici negli allevamenti, di devastare e invadere i polmoni verdi ma anche quelli azzurri come gli oceani.
Allevamenti intensivi e mercati umidi sembrano soltanto diversi, ma sono inferni molto simili
Quello che per decenni le fabbriche delle proteine ci hanno raccontato, a proposito di salute e benessere è falso. E’ sempre stato falso, ma accettato come uno dei tanti ingranaggi tossici della nostra economia. Che spesso ha tritato vite, umane e non, senza farsi scrupoli. Per questo la pandemia dovrebbe essere vista come un vantaggio, che permetterebbe di far rinascere un’economia diversa e più rispettosa, dei diritti prima di ogni altra cosa.
Alla fine Kenneth Sullivan si è dovuto arrendere. Il 12 aprile scorso, l’amministratore delegato della Smithfield Food ha annunciato con uno scarno comunicato la chiusura a tempo indeterminato dello stabilimento di Sioux Falls, in South Dakota. Non poteva fare altrimenti: superati i 700 casi, la fabbrica era diventata uno dei principali cluster di contagio al Covid-19 degli Stati Uniti.
Dall’articolo “Gli allevamenti intensivi sono un disastro per l’ambiente e per la nostra salute” di Stefano Liberti per l’Espresso
Queste verità un tempo non avrebbero trovato facilmente spazio sulla stampa, in televisione, per non scontrarsi con il potere economico della pubblicità. Ma ora sono sempre più le testate che lottano per un informazione libera e indipendente, cercando l’aiuto dei lettori piuttosto che delle aziende. Dando modo al lettore di avere notizie più libere, meno condizionate. Per contro l’opinione pubblica dovrebbe essere interessata a questi argomenti, mettendoli al primo posto per il suo futuro. Che non possono essere solo la modifica delle nostre abitudini per le prossime vacanze estive.
L’Italia è uno dei paesi più belli del mondo per storia, luoghi e bellezze naturali. Nonostante le devastazioni ambientali operate negli ultimi 70 anni.
Per questo occorre capire che la nostra economia potrebbe essere basata su meno sofferenza, meno inquinamento e più diffusione di attività sostenibili. Che potrebbero diventare una fonte di reddito importante, facendoci vivere in un paese diverso e migliore. Un faro anche per l’economia europea.
Abbiamo ora tutte le possibilità per ricreare una filiera di attività green, senza restare imprigionati nel tentativo di far ripartire questo tipo di modello sviluppo. Basato su un eccesso di consumi, con una scarsa attenzione ai diritti degli esseri viventi più deboli e delle categorie più emarginate della nostra società.
Possiamo cambiare, dobbiamo pretendere che questa sia la strada che non solo il nostro paese deve intraprendere. Potremmo diventare un modello di sviluppo sostenibile., trovando il coraggio di guardare oltre a quanto succede nel nostro salotto di casa.
Vacca reale e realtà virtuale: ma sarà vero benessere? Migliora la vita dei bovini grazie all’uso dei visori che mostrano la realtà virtuale per tranquillizzare gli animal? Oppure è un modo di ingannare gli animali considerando che negli allevamenti non hanno possibilità di vivere sui pascoli? Molti quesiti con poche certezze se non quella che i visori servono per far credere alle vacche di non essere in una fabbrica di proteine ma in mezzo alla natura.
In questo modo sembra che gli gli animali -secondo chi ha studiato questa soluzione applicata all’allevamento- siano più tranquilli. Questa tecnica non è pensata per migliorare le condizioni di vita delle vacche, ma solo per aumentare produttività e qualità del latte. Un animale meno stressato produce di più e meglio. Non potendo farlo vivere in condizioni ottimali si cerca di ingannare il suo cervello con la realtà virtuale.
Gli studi sono stati portati avanti dal Ministero dell’agricoltura e dell’alimentazione della regione di Mosca, che lo ha pubblicato sulla sua pagina web. Per valutare altri sistemi per incrementare la produzione, dopo le spazzole rotanti, installate anche in alcuni allevamenti italiani.
La vacca reale può vivere meglio grazie alla realtà virtuale?
La vita negli allevamenti resta quella di sempre con gli stessi problemi, che possono essere mitigati per aiutare gli animali ad avere una vita migliore, ma non completamente risolti. Le spazzole, i ventilatori, la possibilità di farsi la doccia sono accorgimenti da vedere in modo positivo in quanto rompono la routine degli animali, non rappresentano una soluzione.
Costituiscono piccoli miglioramenti che non devono alterare, specie nel consumatore, la percezione del disagio o della sofferenza. Nel ciclo produttivo degli allevamenti intensivi la parola benessere non esiste, possono esserci soltanto condizioni di vita migliori o peggiori. Se per benessere si intende la possibilità di sentirsi in equilibrio con l’ambiente circostante.
In questo periodo l’attenzione dei consumatori verso il benessere animale è molto accresciuta ed è per questo molte pubblicità sottolineano questo aspetto dell’allevamento. Ma non tutto quello che viene raccontato corrisponde al vero e spesso le azioni di marketing parlano in modo ingannevole. Servono quindi consumatori attenti, che capiscano che la riduzione dei consumi di carne è il miglior inizio per aumentare il benessere degli animali.
Le vacche che portano il visore non possono muoversi
Un animale con addosso il visore per la realtà virtuale non è in grado di potersi spostare autonomamente. Questo vuol dire che le vacche mentre usano il visore devono stare legate. Diversamente rischierebbero di farsi molto male.
Così si arriva al punto: questi visori non migliorano la qualità della vita degli animali ma la peggiorano. Rendendoli dipendenti ancora di più dall’uomo, rendendo la loro vita ancora più difficile. Un falso benessere, un finto divertimento, una vera tortura.
Galline senza possibilità di fuga dai maltrattamenti, grazie a allevatori senza scrupoli, controlli assenti o inefficaci.
Norme che non hanno il giusto potere deterrente, con danni per animali e consumatori.
Ancora un’inchiesta sulle condizioni degli allevamenti di polli, ancora immagini che mostrano il girone dantesco in cui sono costrette a vivere le galline ovaiole di un allevamento italiano realizzate da Animal Equality.
Le immagini mostrano galline costrette a vivere in condizioni inumane, senza avere quasi possibilità di movimento, in un ambiente malsano, in gabbie dal fondo di rete che rende difficile e doloroso anche solo il dover mantenere la stazione eretta. In contrasto con le normative nazionali, europee che si occupano di tutelare gli animali negli allevamenti e che hanno imposto regole per le galline ovaiole.
Questo allevamento non solo è una fabbrica di maltrattamenti per le galline ovaiole che vi sono rinchiuse ma si trova in condizioni igieniche tali da meritare di essere immediatamente chiuso. Le condizioni ambientali sono terribili e non possono essere nascoste durante i controlli periodici che dovrebbero essere condotti dal servizio veterinario delle ASL, a tutela di animali e consumatori.
Però ancora una volta è dimostrato che il sistema non funziona: non importa sapere se per distrazioni e/o collusioni, per scarsità di personale o per insipienza ma quello che dovrebbe essere chiaro al ministro della salute è che queste situazioni, costanti, vanno ben oltre il tollerabile.
I servizi pubblici che presidiano il territorio, dai servizi veterinari ASL alla Polizia Locale, dal disciolto Corpo Forestale ora inglobato nei Carabinieri alle unità che vigilano sulla sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro, non possono essere sempre all’oscuro di tutto. Bisogna rivedere la lista delle priorità, modificare il metodo, migliorare il risultato finale.
Le condizioni in cui vivono le galline ovaiole, al pari di quelle di molti altri animali negli allevamenti intensivi, sono attuate soltanto per ottimizzare il profitto di chi alleva, senza riguardo per animali e nemmeno per i consumatori, troppe volte ignari di quanto si nasconde dietro il pacchetto di uova che acquistano al supermercato.
Il mercato che impone di ottenere prodotti a prezzi sempre più bassi e in quantitativi sempre più alti, per soddisfare le esigenze di un mercato alimentare malato, continua a essere la causa di maltrattamenti agli animali che si riverberano anche sulla salute dei consumatori: farmaci, batteri, antibiotici e altre sostanze patogene sono solo alcune delle componenti tossiche del nostro cibo.
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