Sequestrato per maltrattamenti allevamento di cani nelle Marche: ancora una volta i controlli risultano carenti

E’ stato sequestrato per maltrattamenti un allevamento di cani a Trecastelli, nelle Marche. Il N.I.P.A.F. dei Carabinieri Forestali di Ancona, ha eseguito un sequestro preventivo disposto d’urgenza dalla Procura del capoluogo marchigiano. Il provvedimento è stato già convalidato dal GIP ed è stato eseguito con l’ausilio delle guardie del WWF locale e di altre associazioni.
I militari che hanno operato il sequestro della struttura e degli animali si sono trovati di fronte una situazione di maltrattamento e di degrado. Nell’allevamento, ben conosciuto nella zona, erano presenti più di 850 cani, fra cuccioli e riproduttori tenuti in condizioni di maltrattamento. I cani erano quasi tutti di piccola e taglia, appartenenti alle razze più richieste dal mercato.
Il numero degli animali sequestrati, a questa puppy mill nostrana, rende molto bene l’idea di quanto valga il il mercato dei cuccioli. Ma anche di quanto ci siano carenze nei controlli periodici che dovrebbero essere assicurati dai servizi veterinari pubblici. Considerando che la struttura era ben nota per precedenti episodi, che avevano portato a una drastica ma non rispettata limitazione del numero di cani. Che avrebbero dovuto essere, secondo notizie di stampa, non più di una sessantina.
Come mai viene sequestrato per maltrattamenti un allevamento di cani solo dopo anni di continue violazioni?
I cani oggetto del provvedimento di sequestro sono risultati, in gran numero positivi alla brucellosi del cane. Una zoonosi che potrebbe essere trasmessa anche all’uomo, fortunatamente in pochi casi e con lievi conseguenze. La patologia era stata già rilevata in precedenza all’interno dell’allevamento e per questo erano state emesse delle ordinanze. Evidentemente non rispettate dai titolari, con conseguente pregiudizio per gli animali ma anche con possibili rischi per la salute umana.
Una situazione nota, che peraltro per il numero di animali presenti non poteva passare inosservata. Resta quindi aperta la solita questione relativa ai controlli. Che non hanno fermato in tempo la crescita esponenziale di una struttura che, probabilmente, avrebbe dovuto essere già chiusa da tempo. Consentendo invece la detenzione in condizioni di maltrattamento e la commercializzazione di cuccioli malati.
All’interno dell’abitazione dei proprietari, all’interno dell’allevamento, sono stati rinvenuti ben 270 cuccioli, molti dei quali tenuti in gabbiette da trasporto. Una situazione inaccettabile che ha portato poi alla denuncia di 5 persone, sia per maltrattamento di animali che per il mancato rispetto delle ordinanze. La speranza ora è che la Procura possa svolgere indagini a tutto tondo, per capire cosa non abbia funzionato anche nel meccanismo dei controlli. Un fatto che sicuramente ha consentito ai commercianti di realizzare ingenti quanto illeciti guadagni.
Quando i profitti degli illeciti sono molto alti e le sanzioni per chi maltratta sono molto contenute delinquere è vantaggioso
Da quello che si può sapere l’ipotesi di reato nei confronti degli allevatori è quella di detenzione in condizioni incompatibili, punita dall’articolo 727 del codice penale. Un reato di natura contravvenzionale, che prevede una sanzione esigua, rispetto ai guadagni, e ha soprattutto un tempo di prescrizione più breve di un delitto. Un condizione che molte volte rende inevitabile che i procedimenti si estinguano per intervenuta prescrizione. In un paese come il nostro dove i tempi della giustizia non sono mai brevi. E un reato prescritto fa cadere ogni possibilità d confisca, perché è come se non fosse mai stato commesso.
Nei crimini contro gli animali, commessi da chi esercita attività commerciali, ci si dimentica con frequenza di valutare se il comportamento di chi doveva controllare sia stato corretto. Molto spesso infatti si tende a indagare i responsabili dei maltrattamenti, ma ci si dimentica di altre figure. Che magari avrebbero potuto intervenire con maggior tempestività, evitando sofferenze agli animali. E su questo tornano sempre in gioco i servizi veterinari pubblici, ma anche i veterinari liberi professionisti che hanno, comunque, precisi obblighi in questi casi.
Un’ultima annotazione riguarda sempre anche il numero degli animali coinvolti: più questo cresce e più diventa complessa la gestione di un sequestro. Per questo i controlli dovrebbero essere maggiori in tutti i luoghi ove si allevano animali, per impedire che il loro numero diventi uno scudo che protegge i malfattori. Un’attività concretamente realizzabile se venissero garantiti maggiori mezzi e uomini ai Carabinieri Forestali, che sono purtroppo in numero insufficiente rispetto ai loro compiti e alle necessità.