
Il Manifesto per un animalismo democratico scritto da Simone Pollo è un saggio interessante, che pone sul tavolo diversi quesiti. Domande che da tempo animano l’animalismo in Italia, ma non solo, in tutte le sue variegate componenti. In effetti intorno al riconoscimento dei diritti agli animali non umani si sono create differenti correnti di pensiero. Alcune molto radicali, che mettono sullo stesso piano i diritti degli animali umani e non umani, altre più portate a lottare per ottenere una riduzione progressiva del danno. Mosse dalla consapevolezza che un cambiamento della società, imposto, sia difficile da poter realizzare.
Il saggio si fonda sul presupposto che tutti i cambiamenti debbano ruotare intorno alla condivisione democratica. Che non deve essere assoluta, ma ampiamente riconosciuta nella società come valore positivo. L’autore, che insegna bioetica all’Università La Sapienza di Roma, ha scritto questo trattato scientifico, ricco di riferimenti e citazioni, per far riflettere su un possibile percorso. Che non porta a un riconoscimento generalizzato di diritti, ma pone alla base un concetto chiaro: i cambiamenti avvengono quando la società é pronta a riceverli.
I diritti degli animali, specie quelli che comporterebbero cambiamenti molto radicali, devono crescere nella coscienza collettiva. Che secondo il suo autore non può riconoscere, oggi, una parità di considerazione fra i diritti degli uomini, spesso negati, e quelli degli animali. Confutando, ad esempio, che i camion carichi di animali da macello possano essere equiparabili ai vagoni piombati che trasportavano i deportati della Shoa.
Il Manifesto per un animalismo democratico è un libro che farà discutere, e molto, le varie anime del movimento animalista
Simone Pollo non può certo essere accusato di aver cercato scorciatoie, né linguistiche, né di pensiero, esponendo la sua teoria sino ad arrivare alle conclusioni. Queste ultime si possono poi più o meno condividere, ma hanno il pregio di essere molto stimolanti per la crescita del dibattito su questi temi. Ponendo un confine che certo resta difficile da travalicare: se la società non è pronta a riconoscere determinati valori come universali, questi non potranno essere assimilati tramite imposizione.
Prima di arrivare a un mondo virtuosamente vegano sarà necessario modificare idee e abitudini. Un percorso che non sarà breve. Al di là delle imposizioni pratiche che verranno dal pianeta, questa evoluzione non potrà essere compiuta interamente nel giro di qualche decennio. Diversa è invece la possibilità di affermare, già ora, diritti in altri settori. Realizzando cambiamenti anche normativi, su obiettivi oramai largamente condivisi. Come l’abolizione della caccia e lo sfruttamento degli animali nei circhi.
Un testo che scava all’interno di concetti e definizioni, arrivando a scardinare paradigmi che rappresentato luoghi comuni.
Un bracciante miseramente pagato e senza protezioni sindacali può a buon diritto essere considerato come ridotto in schiavitù, anche se di fatto nessuno ha la sua proprietà giuridicamente riconosciuta. Per converso, un cane che vive in una famiglia, circondato di affetto e cure, ed è di fatto considerato un membro di quella stessa famiglia non è uno schiavo solo per il fatto che per la legge è di proprietà di un essere umano.
Tratto da Manifesto per un animalismo democratico
Il riconoscimento dei diritti degli animali deve essere considerato l’ineludibile punto di arrivo di una società democratica
E’ innegabile il divario fra i diritti desiderabili, che si vorrebbero vedere riconosciuti agli animali, e quelli reali, che spesso si fermano subito dopo la loro enunciazione. Considerando peraltro che gli animali non hanno possibilità di poterli difendere in modo autonomo. Realtà assimilabile, secondo l’autore, a quella delle minoranze umane così scarsamente rappresentate da aver necessità di trovare dei difensori, per poter ottenere ascolto.
Un libro da leggere con attenzione, visto che pur avendo un testo molto scorrevole tratta argomenti etici complessi, con un angolo di visione alternativo e mai banale. Una promessa che già traspare chiaramente nel titolo. Annunciando da subito e in modo chiaro come il riconoscimento dei diritti debba passare dalla democrazia. Come è stato per l’abolizione della schiavitù umana.
Carocci Editore – brossura – 124 pagine – 12,00 Euro
Visto che i cambiamenti devono passare necessariamente dalla politica (più o meno spinta dalle pressioni di associazioni e cittadini) penso sarebbe giusto che i vari partiti palesassero il loro pensiero riguardo alle più importanti tematiche animaliste e ambientali. Vedo troppe persone che si dichiarano animaliste ma in fase elettorale votano partiti che tutelano e anzi cercano di favorire in ogni modo la caccia e che non vogliono cambiare tradizioni in cui animali sono maltrattati o peggio uccisi. Non basta il selfie con un gattino per garantire che un partito si impegnerà a portare avanti cambiamenti oramai metabolizzati dalla maggioranza della popolazione (caccia, circhi, zoo, corrida ecc..) e non difendendo strenuamente una minoranza che lucra su tali attività.
Purtroppo non esistono partiti realmente attenti nel loro complesso e i Verdi non riescono ad avere l’appeal necessario. Questo comporta il fenomeno che lei descrive. Unica possibilità, al momento, sarebbe quella di riuscire a inserire candidati attenti nelle coalizioni politiche e, comunque, votare persone che abbiano dimostrato il loro impegno concreto, perché di persone che chiacchierano molto e poi in parlamento non ci vanno mai, ne abbiamo già troppe.