In realtà nel provvedimento deciso dalla Giunta Regionale c’è più fumo che arrosto, riaprendo da subito solo la caccia da appostamento (la peggiore) ma solo due sono le specie che interessano veramente ai cacciatori: colombaccio e merlo. Poi viene riaperto l’addestramento cani e solo dal 2 ottobre la caccia riapre completamente. Non certo un caso che questa data sia proprio il giorno prima delle elezioni amministrative, che in Lombardia vedono la grande contesa di Milano.
Quello che rende davvero insopportabile questo comportamento da pirati è la gestione della cosa pubblica fatta per interessi privati. Il voler disporre di un bene collettivo, come il patrimonio faunistico, solo per perseguire il proprio tornaconto. Un comportamento che prende a scarpate in faccia il diritto, la giustizia e i cittadini senza provare l minimo disagio. Un sistema vergognoso dove l’oggetto, la caccia, passa in secondo piano rispetto alla gravità del gesto, allo scopo clientelare che si propone.
Riaperta la caccia in Lombardia con modalità da repubblica delle banane, non da Stato di diritto
La speranza resta nella matita degli elettori, che stufi di questi mezzucci vergognosi puniscano in modo esemplare chi li usa. Essere cittadini consapevoli supera l’idea politica e entra nel merito. Valuta il modo in cui questi amministratori gestiscono. Giudica l’arroganza che traspare da decisioni e promesse, da annunci di provvedimenti illeciti. Che vengono puntualmente adottati per favorire questa o quella categoria.
Come potremo mai impedire che i fiumi di denaro che stanno per arrivare dall’Europa vengano usati per favorire gli amici, per guadagnare consenso? Soldi che dovrebbero servire a costruire una società diversa, mentre in Italia si continua a gestire secondo criteri clientelari. Molti si impegnano per il cambiamento, ma troppi remano per mantenere poteri consolidati. In una democrazia matura è solo il voto a fare la differenza, sono gli elettori che possono decidere. Seppur in un panorama politico complessivamente desolante.
Il cambiamento non passerà dalla politica, deve passare sulla politica. Nel senso che quando l’elettorato avrà voglia di capire, di interessarsi, di partecipare allora qualcosa potrà cambiare. Si potrà discutere di temi e non di sistemi, si potrò occuparsi di interessi collettivi e non personali, per l’interesse comune. Un provvedimento non deve accontentare qualcuno, in questo caso i pochi cacciatori superstiti, ma essere utile alla collettività.
Sono eletti (e pagati) per amministrare il patrimonio collettivo, non per cercare mezzucci per tenersi le poltrone.
Se si vuole davvero tutelare animali e ambiente occorre alle prossime elezioni mandare a casa un po’ di politici. Di tutti gli schieramenti, anche se ce no sono alcuni in particolare che con il mondo venatorio hanno stretto, da molto tempo, un patto di sangue. Scritto però proprio con quello della nostra fauna, degli animali che insieme all’ambiente nel suo complesso rappresentano il nostro capitale naturale.
L’emergenza causata dalla pandemia di Covid19 per tantissimi è solo una tragedia: economica, umana, sociale e anche ambientale. Per altri è diventata invece il mantello magico con il quale nascondere una serie di provvedimenti, che certo non c’entrano con la tutela della collettività. Ma che grazie all’emergenza si crede di poter far scomparire, come argomenti di secondo piano. Dimostrando in questo modo il livello umano e morale di chi ha scelto di assumere responsabilità politiche, a vari livelli.
In un periodo tanto difficile qualcuno ha tempo di occuparsi di argomenti acchiappavoti, visto il clima di costante instabilità della politica italiana. Così, complice la delicata situazione sanitaria in Lombardia e Piemonte, ma non solo, si cerca di far passare provvedimenti che non hanno alcuna utilità collettiva ma favoriscono solo alcune categorie. In questo caso, ancora una volta i cacciatori.
Dopo lo schiaffo del Consiglio di Stato sul piano di abbattimento delle volpi la Lombardia rinuncia
Recentemente la Lombardia aveva presentato un ricorso su modalità chiaramente illegali di contenere le volpi nel lodigiano.Un piano scellerato che prevedeva anche la caccia dai veicoli di notte. Già sospeso dal TAR ma che, con denari pubblici, era stato ugualmente impugnato. Ma il Consiglio di Stato aveva bocciato la richiesta di sospensiva giudicandola in modo molto duro. A questo punto la Regione ha rinunciato ad andare a sentenza e così viene condannata a pagare le spese alle associazioni che avevano presentato il ricorso.
Un comportamento certo arrogante, che costerà alle casse pubbliche diverse migliaia di euro. Soldi dei cittadini che potevano essere risparmiati, evitando di assumere provvedimenti illegali. Quando però queste azioni legislative vengono riproposte più e più volte significa che questi comportamenti sono dolosi, messi in atto per compiacere i cacciatori. Una piccolissima minoranza rispetto ai cittadini lombardi che la caccia la vorrebbero chiusa.
In Lombardia le guardie venatorie dovranno indossare un giubbetto ad alta visibilità, ma così non si gioca nemmeno a guardie e ladri
Il Consiglio Regionale della Lombardia dovrà votare su un emendamento che prevede che le guardie volontarie indossino un gilet ad alta visibilità. Ma si tratta di una motivazione di sicurezza oppure di un grande un aiuto al mondo del bracconaggio, considerando che la vigilanza volontaria è molto attiva? Le associazioni sono in grande fermento e le motivazioni sono ben descritte sulla pagina Facebook del WWF.
Tutelare animali e ambiente non è difficile solo in Lombardia ma anche in Piemonte
Se in Lombardia si vorrebbe autorizzare la caccia al cinghiale tutto l’anno, anche con l’uso dei visori notturni, in Piemonte la regione sta pensando di far passare provvedimenti devastanti per la tutela ambientale. Grazie a Marco Protopapa, assessore in quota Lega (e questo non rappresenta una novità), la Regione Piemonte si propone di fare carta straccia di molte normative di tutela della fauna.
Aumentando il prelievo di alcune specie di ben 15 unità (fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione, allodola, merlo, pernice bianca, lepre variabile) e consentendo la caccia di selezione di notte, slegando il cacciatore dal territorio. Provvedimenti pericolosi sia per la fauna che per le persone.
Chiudere la caccia quest’anno è un gesto di responsabilità che gli italiani aspettano dal governo e dalle regioni, dopo un’estate caratterizzata da una fortissima siccità e da devastanti incendi.
Il 2017 sarà ricordato come il peggior anno per l’ambiente del nostro paese a causa di incendi che hanno distrutto migliaia e migliaia di ettari di bosco, percorrendo la penisola per tutti i mesi estivi. Appiccati da piromani, provocati da irresponsabili e agevolati da una siccità senza precedenti gli incendi hanno causato la morte di decine di migliaia di animali e distrutto interi ecosistemi.
Così quest’anno le associazioni di protezione ambientale hanno chiesto a gran voce (leggi qui) che non si apra la stagione venatoria, per dar tempo alla fauna e all’ambiente di riprendersi da un estate davvero devastante. Lo stesso ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha inviato una lettera a tutte le regioni italiane e al Ministero dell’Ambiente perché vengano attuate misure a tutela della fauna.
Considerando che il rapporto fra ISPRA e ambientalisti non è certo idilliaco e che lo stesso istituto è stato più volte messo sotto accusa, proprio per pareri che hanno agevolato il mondo venatorio, questa volta ISPRA si è schierato senza tentennamenti a tutela dell’ambiente e di una fauna duramente provata dalla lunga e calda estate 2017.
I dati meteoclimatici indicano che il 2017 è stato caratterizzato, già a partire dagli inizi dell’anno, da una situazione meteorologica decisamente critica, caratterizzata da temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una situazione accentuata di stress in molti ecosistemi. Tale situazione, anche aggravata da una drammatica espansione sia del numero degli incendi sia della superficie percorsa dal fuoco (+260% rispetto alla media del decennio precedente; dati European Forest Fire Information System – EFFIS) in diversi contesti del Paese, comporta una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale e rischia di avere, nel breve e nel medio periodo, effetti negativi sulla dinamica di popolazione di molte specie. (Fonte: nota inviata da ISPRA a tutte le regioni italiane)
Questa situazione, ben fotografata in poche righe dall’istituto, richiede un gesto estremo di responsabilità che coinvolga tutte le istituzioni del paese, in primis la politica che troppo spesso vede nel mondo venatorio un serbatoio di voti da preservare, anche promuovendo provvedimenti illogici pur di non scontentare una lobby potente e ben finanziata come quella che gravita intorno alla caccia e al suo indotto.
I dati scientifici però costringono all’angolo anche le associazioni venatorie che dovranno decidere se comportarsi in un modo responsabile, scontentando una gran parte dei loro associati ma tutelando il patrimonio faunistico che è dell’intero paese e della comunità internazionale, oppure cavalcare comunque la strada che porta a un’apertura della stagione venatoria a ogni costo. Percorso quest’ultimo che rappresenterebbe un ulteriore strappo con l’opinione pubblica, da sempre schierata in via maggioritaria contro il mondo venatorio.
Come già evidenziato in passato da questo Istituto, in presenza di eventi climatici particolarmente avversi per la fauna, si ritiene che, seguendo il principio di precauzione, in occasione della prossima apertura della stagione venatoria vadano assunti provvedimenti cautelativi atti a evitare che popolazioni in condizioni di particolare vulnerabilità possano subire danni, in particolare nei territori interessati da incendi e condizioni climatiche estreme nel corso dall’attuale stagione estiva. (Fonte: nota inviata da ISPRA a tutte le regioni italiane)
Sulla scorta proprio della necessità di applicare provvedimenti cautelativi, suggeriti anche da ISPRA, le associazioni ambientaliste ma anche quelle venatorie, se vogliono dimostrare coerenza con la figura di difensori dell’ambiente con la quale hanno sempre tentato di auto accreditarsi presso l’opinione pubblica, devono unire gli sforzi con un’alleanza di scopo, ferme restando le nette differenze, che porti alla chiusura della stagione venatoria 2017/2018 su tutto il territorio nazionale.
Un anno di fermo biologico, peraltro di un’attività ludica e come tale non necessaria, che possa ridare fiato e consistenza al nostro patrimonio faunistico nazionale. Un gesto di responsabilità che, per una volta, dovrebbe vedere tutti uniti.
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