Orsi detenuti a Casteller: arrivano Le Iene e realizzano un lungo servizio, ma succederà qualcosa?

Orsi detenuti a Casteller

Gli orsi detenuti a Casteller in condizioni di maltrattamento sono al centro di un servizio de Le Iene che racconta una realtà nota ma incredibile. Paragonandola con quanto avviene nel Parco d’Abruzzo Lazio e Molise, dove non sono stati registrati incidenti e non risultano catturati o abbattuti orsi. Sono tante, invece, le cose che non hanno funzionato nella realizzazione del progetto di reintroduzione. Che ha coinvolto amministratori di differenti colori politici nel corso di svariati anni. Pare che nessuno le voglia risolvere, sperando in un oblio che non scenderà mai. Grazie anche a servizi come quello realizzato dal noto programma televisivo e all’impegno di molti attivisti.

Cani falchi tigri e trafficanti

Dal punto di vista politico la gestione di questo progetto è stata un fallimento. Per non aver assolto agli impegni presi in materia di formazione e divulgazione e per non avere mai creato quei corridoi faunistici che avrebbero consentito la dispersione degli animali. In questo modo la popolazione trentina degli orsi, che doveva ripopolare l’intero arco alpino, secondo le previsioni del LIFE, è rimasta imprigionata. Un problema che in futuro potrà solo ingigantirsi, con le prevedibili conseguenze visto che già si parla di abbattimenti, come alternativa alla captivazione.

Ma guardate il video del servizio de Le Iene postato sulla pagina Facebook del gruppo “Convivere con orsi e lupi si può?”

L’amministrazione sta spendendo più soldi pubblici per tenere gli orsi detenuti a Casteller che per rifondere i danni causati

In questa situazione paradossale, in cui il costante maltrattamento subito dagli animali sembra non avere conseguenze. la PAT sta spendendo molti soldi per la Guantanamo degli orsi. Ben più di quelli impegnati per la rifusione dei danni agli allevatori che hanno subito qualche danneggiamento o predazione. Nonostante servizi sui giornali di tutta Europa, interventi di associazioni e inchieste televisive le certezze al momento sono solo due: la Provincia non arretra e la Procura non avanza.

Uniche notizie di rilievo sono le offerte di luoghi alternativi dove custodire gli orsi imprigionati a Casteller. Su questo fronte si è mossa anche l’associazione presieduta da Brigitte Bardot che ha dato la sua disponibilità a trasferire gli animali in un centro al di fuori dei confini nazionali. Proposte sulla quali l’amministrazione provinciale si è dimostrata possibilista, ma che non piacciono al fronte che vorrebbe vedere tornare liberi almeno gli orsi di più recente cattura.

La realtà è che la cattività per un orso è sempre una condizione afflittiva, in quanto questi animali sono abituati a occupare territori molto vasti. Arrivando a percorrere anche 40 chilometri in una sola notte. Per questo i centri, che potrebbero essere visti positivamente per orsi abituati alla cattività, provenendo magari da circhi e zoo, vengono invece osteggiati dalla maggioranza delle associazioni. Che non li ritengono idonei a garantire il benessere dei plantigradi.

Ci sono purtroppo poche possibilità che gli orsi possano tornare liberi e questa è una realtà da affrontare

Mai dire mai, sostiene qualcuno, ma liberazione di M49 e M57 pare, allo stato delle cose, decisamente improbabile. Salvo che non ci sia un imprevisto quanto improbabile intervento della magistratura, che renda improvvisamente percorribile questa strada. Ma le previsioni fosche purtroppo non si possono limitare soltanto ai tre prigionieri del centro di Casteller, perché con la primavera alle porte gli orsi riprenderanno il loro vagare. Terminato il letargo anche la loro vita riprende e le orse avranno con loro i nuovi cuccioli. Verso i quali si dimostrano molto protettive come tutte le femmine di orso, temendo aggressioni dai maschi.

Cosa succederà ancora e quale sarà questa volta la reazione della Provincia in caso di incontri troppo ravvicinati? Maurizio Fugatti e Giulia Zanotelli hanno già messo nero su bianco che gli orsi problematici potranno anche essere uccisi. Una scelta che potrebbe diventare prioritaria, considerando che l’attuale centro di detenzione non ha certamente posti liberi. Scelta che potrebbe essere adottata anche per calcolo politico: gli amministratori potrebbero decidere che la decisione di abbattere un orso possa causare minori danni, rispetto allo stillicidio di proteste che sta causando la loro prigionia.

Sarebbe necessario, invece, attuare le condizioni previste dal progetto LIFE e pensare a come realizzare rapidamente i corridoi faunistici, che consentirebbero la dispersione degli orsi su un territorio più vasto. Altra priorità non rinviabile è quella della collocazione ovunque dei cassonetti anti orso per i rifiuti. Per impedire che la loro cattiva gestione diventi un’attrattiva per gli animali e incrementi il rischio di incontri indesiderati con gli umani. Attività queste che la PAT non ha mai realizzato in precedenza, rendendosi non solo inadempiente rispetto al progetto, ma anche responsabile moralmente, e non solo, dei possibili eventi dannosi.

L’orso M57 resta imprigionato a Casteller, in attesa della sentenza definitiva del Consiglio di Stato

orso M57 resta imprigionato
Foto di repertorio

L’orso M57 resta imprigionato nel centro di Casteller insieme a Dj3 e M49. Anche in questo caso il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso di ENPA e OIPA che chiedevano la sospensiva dell’ordinanza di captivazione. Ancora una volta, nel dispositivo della sentenza, non mancano pesanti critiche al comportamento della Provincia di Trento. Ma questo non cambia la posizione dell’orso che resta rinchiuso in un centro non idoneo a garantirne il minimo benessere. Senza che al momento nulla si muova, non certo per colpa del Consiglio di Stato. Il cui presidente della Terza Sezione, Franco Frattini, era già stato ricusato dalla PAT perché ritenuto troppo vicino alle tesi delle associazioni.

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La questione sembra davvero paradossale perché ogni sentenza che conferma la detenzione degli orsi attacca il comportamento dell’amministrazione presieduta da Maurizio Fugatti. Senza che questo apra spiragli per il ritorno in libertà di M49 e M57, che sono due orsi di recente cattura, che secondo gli esperti potrebbero tornare liberi. Ma che nessuno vuole liberare perché significherebbe assumersi una responsabilità e ammettere degli errori. In questo modo, come al gioco del Monopoli, si è ritornati alla casella del carcere, senza avere grandi possibilità di uscirne.

Soltanto che questa vicenda, inquietante e kafkiana, lascia aperti molti, troppi interrogativi sul futuro di questi animali, ma anche su quanto potrà succedere a primavera, quando gli orsi usciranno dal letargo. Riprendendo a vagare sul territorio e continuando a trovare le medesime condizioni che hanno fatto incarcerare i loro simili: rifiuti e animali da reddito non protetti adeguatamente. Un problema che l’amministrazione trentina sembra ben lontana dal voler affrontare. Ma in questo momento il centro di Casteller non riesce a tenere neanche i tre orsi prigionieri ora in condizioni dignitose. Figuriamoci cosa succederebbe in caso di nuove catture.

L’orso M57 resta imprigionato per aver attaccato un carabiniere mentre stava vagando vicino ai cassonetti dei rifiuti

Lo dice il Consiglio di Stato, lo ribadisce ISPRA che l’amministrazione è inadempiente, avendo omesso di adottare una serie di cautele. Che rappresentano le vere cause di contatto fra uomini e orsi. Ma nonostante una realtà che è sotto gli occhi di tutti la questione dei cassonetti dei rifiuti resta senza volontà di essere risolta. Come l’amministrazione non dice in modo chiaro agli allevatori che i tempi, per fortuna, sono cambiati. Sono tornati orsi e lupi sulle Alpi e gli animali al pascolo e gli apiari non possono essere lasciati senza protezioni.

La gravità di questo comportamento sta proprio nel fatto che esisterebbero mezzi adeguati per proteggere gli animali e per evitare incontri spiacevoli con le persone. Occorrerebbe utilizzare i recinti elettrici, cani da guardiania e la presenza costante dell’uomo che sorvegli gli animai al pascolo. Una presenza quest’ultima che sarebbe comunque necessaria e raccomandabile, anche in assenza di orsi e lupi per evitare furti e vigilare sugli animali, che potrebbero avere problemi anche per altre cause. Oltre a fare campagne informative nei confronti degli escursionisti e dei residenti su come comportarsi nelle zone frequentate dagli orsi.

Comportamenti che laddove sono attuati non eliminano completamente il problema, ma sicuramente lo riducono in modo importante. Come avviene da sempre in Abruzzo dove pur convivendo con gli orsi da moltissimo tempo non si sono mai registrato aggressioni alle persone con feriti. Le uniche quattro avvenute negli ultimi 150 anni in Italia sono tutte accadute in Trentino e un motivo ci sarà.

Il maltrattamento che sono costretti a subire gli orsi rinchiusi a Casteller è una vergogna che ha varcato da tempo i confini nazionali

Nonostante sia stato ribadito in diversi atti pubblici, compresa la relazione dei Carabinieri Forestali inviati dal ministro dell’ambiente, il maltrattamento continua. Le condizioni di detenzione di tre orsi sono state giudicate non idonee e la Provincia di Trento rifiuta ogni controllo sulle condizioni degli animali. Come se si trattasse di terroristi o pericolosi mafiosi rinchiusi in un carcere di massima sicurezza.

La gestione dei plantigradi messa in atto nel tempo dalle diverse amministrazioni provinciali, succedutesi negli anni, ha dimostrato di fare acqua da tutte le parti. Ma nessuno sembra avere la volontà o il potere di prendere provvedimenti. Così il ministro dell’ambiente Sergio Costa dice di avere le mani legate e di non poter intervenire, la Procura della Repubblica tace, come in silenzio resta la magistratura contabile. Che forse potrebbe indagare sui danni erariali causati da questa dissennata gestione di un progetto che era partito bene, ma che rischia di finire prima in farsa e poi in tragedia.

Ora qualcuno parla di trasferire uno o più orsi in un santuario in Romania, per ripristinare condizioni di vita accettabile per Dj3, l’orsa che da più tempo è prigioniera a Casteller. Ma nemmeno questa sarà una soluzione, al massimo potrà costituire un momentaneo rimedio a una situazione di illegalità. Considerando che il maltrattamento di animali resta pur sempre un reato penale. La soluzione sarebbe quella di sedersi a un tavolo e fare dei piani per una corretta gestione degli orsi del Trentino, mentre invece la politica ipotizza soltanto di ampliare il centro di detenzione degli orsi. Oppure di abbatterli. Questa situazione di stallo potrebbe rivelare a primavera i suoi tragici effetti, al risveglio degli orsi dal letargo.

L’orso M49 rimane rinchiuso, secondo quanto stabilito da una sentenza del Consiglio di Stato

orso M49 rimane rinchiuso
Foto di repertorio

L’orso M49 rimane rinchiuso, secondo la sentenza del Consiglio di Stato, pur rimanendo ingiustificabili le condizioni di detenzione a Casteller. Lo ha stabilito una sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Franco Frattini. Il dispositivo della sentenza, pubblicato oggi, è molto articolato e tiene presente tutte le situazioni di questa incredibile vicenda, evidenziando anche diverse criticità, nel ricorso. Non solo ascrivibili alla Provincia Autonoma di Trento per la verità.

cani falchi tigri e trafficanti

La sentenza ripercorre tutta la vicenda dell’orso M49 e il susseguirsi dei provvedimenti amministrativi che lo hanno visto protagonista. Dalle ordinanze emesse dal presidente Fugatti, che vengono giudicate giuridicamente legittime, alle sentenze del TAR e ai ricorsi. Riconoscendo la possibilità di agire in base a presupposti che non riguardano direttamente la gestione degli orsi, ma la sicurezza pubblica. Per meglio comprenderne la portata è bene sottolineare che la giustizia amministrativa non può entrare in meriti diversi, seppur evidenziando gli aspetti di criticità, dalla corretta applicazione delle norme.

Il presidente Frattini, già ricusato dalla Provincia di Trento in quanto ritenuto troppo vicino ai diritti degli animali, e i giudici della terza sezione non hanno quindi potuto fare altro che applicare la legge. Che poi, anche in caso di sentenza sfavorevole alla vita e al benessere di M49, è quello che ci si attende da un tribunale. Nell’interesse del rispetto delle regole, delle sue prerogative e di una corretta difesa dei principi giuridici. Che in buona sostanza significa nell’interesse dei cittadini.

Se l’orso M49 rimane rinchiuso sulla base di una sentenza attenta questo non allevia le colpe di chi doveva evitarlo

Se la decisione del Consiglio di Stato pare giuridicamente corretta questa nulla toglie all’enorme mole di errori commessi dalla PAT nella gestione degli orsi trentini. Inanellando negli anni una lunga catena di omissioni e comportamenti sbagliati che hanno portato alla situazione attuale. Che vede diversi orsi morti e tre orsi rinchiusi in cattività in un centro non idoneo, come rilevato dai Carabinieri Forestali inviati dal ministero. Realtà ribadita anche dalla sentenza del Consiglio di Stato sulla captivazione di M49.

In proposito, anche a seguito della relazione ispettiva dei Carabinieri Forestali, inviata sul posto dal Ministero dell’Ambiente, e conclusa con l’indicazione della assoluta inadeguatezza della struttura e delle condizioni di stress degli orsi captivati, il Collegio può solo ribadire che ad altre Autorità spetta assicurare che le condizioni di inadeguatezza di recente accertate – e fonte di responsabilità che in altre sedi potranno essere valutate – siano eliminate, adottando tutte le misure necessarie,
prima fra tutte la tempestiva realizzazione di una nuova area di custodia idonea su cui la stessa Provincia di Trento ha dato precise, ma ancora non attuate, pubbliche assicurazioni.

Tratto dalla sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato pubblicata in data 19/01/2021

Ora si parla di fare ricorso alla Corte di Giustizia Europea, che potrebbe dire la sua sulle procedure e sulle motivazioni che hanno portato a catturare M49. Ma i tempi si prospettano talmente lunghi da rendere davvero improbabile la liberazione di M49. Che arriverebbe dopo un tempo lungo di cattività con tutte le conseguenze del caso. Questo però impone che, almeno, a questi orsi siano garantite condizioni di vita rispettose delle loro necessità e dei bisogni etologici della specie. Impossibili da assicurare dove gli orsi sono ora rinchiusi, anche dopo un eventuale ampliamento della struttura.

Se la legge fosse davvero uguale per tutti sarebbe legittimo voler vedere alla sbarra i responsabili dei maltrattamenti fatti subire agli orsi

L’incapacità forse non è un reato, anche se quando riguarda l’esercizio di funzioni pubbliche potrebbe diventarlo, ma la storia dell’orso M49, scappato per ben due volte dalla prigione di Casteller potrebbe essere un buon punto di partenza. Mentre il sottoporre gli orsi a dei maltrattamenti ambientali viola le disposizioni di legge. Considerando che le esigenze dei plantigradi erano note agli amministratori prima di disporne la cattura. Senza che questo abbia fatto compiere tutte le necessarie attività per realizzare una struttura idonea. In grado di garantire almeno quel minimo che la legge prevede in termini di benessere animale.

Ora tutto tornerà a essere immoto, salvo una nuova fuga dell’orso M49 che rimescolerebbe le carte in gioco, come indicato anche dal Consiglio di Stato. Fuga che oggi pare però altamente improbabile. L’ultima speranza resta quindi la Procura della Repubblica di Trento, che avrebbe dovuto già attivarsi per porre fine alla sofferenza degli orsi. Mentre è rimasta apparentemente immobile sino ad ora. Forse pensando che venissero trovate soluzioni diverse per risolvere il problema. Come, per ipotesi, la liberazione degli orsi.

Peraltro, è bene ricordarlo, l’orso M49 è stato definito problematico, e quindi soggetto a cattura o abbattimento, per aver provocato danni alle attività agricole. Mai per aver posto in essere comportamenti aggressivi verso gli uomini. Contatti che l’orso ha dimostrato di voler evitare a ogni costo, considerando che il suo avvicinamento alle baite è sempre avvenuto quando queste erano disabitate. I costi dell’indennizzo dei danni causati sarebbe stato decisamente inferiore a quelli derivanti da un mantenimento a vita in cattività, chiusi in un bunker dove nessuno può avere accesso.

La priorità ora è quella di trasferire gli orsi da Casteller

Ora occorre trovare nel minor tempo possibile strutture in Italia o in Europa che possano garantire condizioni di vita almeno accettabili agli animali che si trovano imprigionati a Casteller. Su questo vogliamo credere che ci sarà anche l’attivazione del ministro Costa e del suo ministero sul quale moltissimi cittadini avevano riposto grandi speranze.

Occorre però, in un territorio come quello trentino, fortemente antropizzato, compiere una serie di azioni che evitino ai plantigradi di diventare confidenti. Dalla gestione dei rifiuti alla creazione di aree di foraggiamento. Con zone interdette all’accesso delle persone e prevedendo la creazione di efficaci corridoi ecologici, che consentano agli animali di spostarsi senza pericolo. Appare infatti evidente che il perseverare in una gestione della popolazione ursina con metodi che si sono rivelati fallimentari, rischi di aprire la strada a un elevato numero di captivazioni. Che danneggerebbero gli orsi ma anche i contribuenti e l’immagine del Trentino.

In Abruzzo il Parco consegna pollai anti orso, mentre in Trentino vogliono tenere gli orsi dentro dei pollai

parco consegna pollai anti orso

In Abruzzo il Parco consegna pollai anti orso all’istituto agrario Serpieri di Avezzano. Studiati per prevenire le predazioni da parte degli orsi, che si possono far tentare dal predare una gallina. Una collaborazione questa che serve a prevenire e ridurre i danni che possono essere prodotti dalla fauna. Rispettando le condizioni di benessere per gli animali ospitati nella struttura che è in acciaio e coibentata. Per evitare che le temperature all’interno del pollaio non siano corrette.

cani falchi tigri e trafficanti

Questi pollai sono stati progettati proprio per questa specifica funzione su richiesta del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Con la consapevolezza che la prevenzione dei danni è il primo obiettivo di ogni gestore di un’area protetta. Come la corretta gestione dei rifiuti, onde evitare che possano diventare una pericolosa fonte di richiamo per gli animali.

I pollai a prova di orso sono un simbolo delle attività e delle attrezzature che il Parco negli ultimi anni ha messo in campo. Per supportare tutte le iniziative finalizzate a favorire la convivenza tra le comunità locali e l’orso bruno marsicano. Contenendo i possibili conflitti che possono nascere. Riducendo l’abituazione degli orsi verso le fonti trofiche di natura agricola e zootecnica.

La consegna dei pollai a prova d’orso è un modo per aumentare la coesione fra Parco e comunità locali

Questo avviene in un territorio che da sempre è abituato a convivere con orsi e lupi. Con una popolazione che quindi mai abbassato la guardia sulle problematiche della convivenza con i predatori, che si può comunque definire serena. Recinti elettrici, pollai, piantumazione di alberi da frutto in quota, cartellonistica e gestione dei rifiuti sono tutti gli strumenti che il Parco ha messo in campo. Questo nonostante l’abitudine delle popolazioni alla presenza dei grandi carnivori.

L’insieme di strategie diverse consente al Parco, come alle altre aree protette che hanno una gestione oculata, di essere viste come alleati dai residenti. Che hanno imparato a riconoscere che grazie al Parco e a un’attenta gestione sul territorio, si producano maggiori possibilità economiche per le persone del posto. Per le quali tutte le attività turistiche legate proprio alla presenza dell’area protetta sono ben comprese e valorizzate.

L’esatto contrario di quanto purtroppo avviene in Trentino, dove la presenza di orsi e lupi non viene percepita come un valore aggiunto. Probabilmente proprio per una diversa gestione faunistica, nonostante la presenza di diverse aree protette. La gestione fallimentare della formazione e dell’informazione verso turisti e residenti e la mancanza di strutture che consentano una corretta gestione dei rifiuti hanno fatto il resto. Creando un problema “orsi” che non si vuole affrontare correttamente.

Così mentre gli orsi marsicani sono visti come una risorsa per il territorio, quelli dei Trentino sono valutati come un problema

Una questione che sembra non voler trovare una diversa soluzione di convivenza, cercando di trarre spunti dalle gestioni delle migliori aree protette, nazionali e internazionali. La Provincia Autonoma di Trento procede nella gestione faunistica autonomamente, per norma costituzionale, ma dovrebbe avere un obbligo di confronto e di adesione alla normativa nazionale. Ma ogni giorno è possibile valutare, nei fatti, quanto questo comportamento sia lontano da quanto avviene in realtà.

Così anziché gestire correttamente la presenza dei grandi carnivori la PAT sta dicendo al mondo sempre la stessa cosa: mio è il territorio e solo mie sono le decisioni. Tanto da non rispondere alle legittime proteste di chi ritiene, Carabinieri Forestali compresi, che i tre orsi rinchiusi a Casteller -un pollaio per plantigradi- siano tenuti in condizioni di maltrattamento. Un silenzio assordante perché è quello di un’amministrazione pubblica, che dovrebbe amministrare nell’interesse esclusivo della sua collettività.

Ma l’attuale governatore Maurizio Fugatti, che in molti si augurano possa sparire presto di scena, non intende discutere. Gli unici momenti di discussione avvengono nelle aule dei tribunali, in cui l’amministrazione viene costantemente trascinata dalle associazioni animaliste. Ricevendo quasi sempre sonori “schiaffi” giudiziari che annullano decisioni immotivate. Purtroppo nel frattempo gli orsi imprigionati si trovano in condizioni di vita altamente privative e fonte di sofferenze, come emerge dal rapporto dei Carabinieri inviati dal ministro Sergio Costa. Ultimo intervento sul quale è caduto un muro di silenzio e di inattività inspiegabile.

Gli orsi imprigionati a Casteller ricordano i detenuti politici nelle dittature: senza diritti sino all’oblio

orsi imprigionati a Casteller
Rendering gentilmente messo a disposizione da Alessandro Ghezzer

I tre orsi imprigionati a Casteller, detenuti senza apparente possibilità di revisione della sentenza, sembrano vivere fuori dal tempo. Come i prigionieri politici nei regimi dittatoriali, dove i diritti civili sono sospesi. Forse con la sottaciuta speranza che i tempi burrascosi e altri eventi li facciano dimenticare da chi si batte per loro. Relegandoli per sempre in una struttura che non è idonea alla detenzione di orsi selvatici. Condannandoli a una vita di privazioni e sofferenza che molti uomini neanche possono (forse) immaginare.

Cani falchi tigri e trafficanti

Per molti la sofferenza degli animali non contempla quella derivante dalla perdita della libertà, dall’impossibilità di condurre un’esistenza che gli permetta di poter mettere in atto i comportamenti naturali. Per secoli abbiamo pensato che gli animali avessero necessità solo di mangiare e bere per restare vivi, di sufficiente spazio per sgranchirsi e di poco altro. Esseri viventi, è vero, ma primitivi e senza pensieri, senza necessità diverse da quelle pratiche. L’assolvimento di quei bisogni che consentono non di vivere, ma solo di restare vivi. Una differenza non da poco, anche per un essere umano.

Copernico li assimilava a macchine incapaci di provare dolore, sia fisico che ancor più interiore. Poi nel secolo scorso, grazie a Konrad Lorenz, si è affacciata l’etologia, lo studio del comportamento, la conoscenza non solo della morfologia ma dell’essenza interiore che possiedono anche gli animali non umani. Una presa di coscienza che ci ha portato poi a definirli in Europa come “esseri senzienti”. Un riconoscimento arrivato molto dopo l’affermazione delle “5 libertà” identificate da Brambell, quali diritti minimi inalienabili per gli animali allevati.

Ma agli orsi imprigionati a Casteller non riconosciamo diritti, violando forse anche quei pochi stabiliti per legge

In effetti non solo siamo lontani dal poter dire che questi orsi siano trattati e custoditi con rispetto, ma possiamo anzi affermare l’esatto opposto. Negando loro la possibilità di esercitare un comportamento naturale, ma anche andando in direzione contraria ai diritti minimi e alla loro tutela dal maltrattamento. Riconosciuto dalla legge dello Stato come un reato perseguibile d’ufficio. Con l’obbligo per le forze di polizia di interromperlo, mettendo in atto quanto possibile per migliorare la condizione dell’animale maltrattato: sia un cane piuttosto che un gatto o un orso.

Questa storia racconta una brutta parabola, in senso laico, nella quale sembrano convivere tutto e il contrario di tutto, compresa la sospensione delle leggi e dei valori (pochi) che contengono a tutela degli animali. Eppure per condizioni di detenzione anche meno afflittive di quelle a cui sono costretti gli orsi di Casteller ci sono state sentenze di condanna. Mentre per gli orsi in questione non si arriva nemmeno, per il momento, a ipotizzare un reato. Diversamente scatterebbe quantomeno un sequestro e la nomina di un custode giudiziario. Questo nonostante una dettagliata relazione dei Carabinieri CITES inviati dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa.

Eppure se quegli orsi non fossero orsi, non si trovassero in Trentino, non fossero stati incarcerati per ordine di Maurizio Fugatti, il governatore della Provincia Autonoma di Trento, qualcuno avrebbe già fatto probabilmente molte cose. Ma la legge non può essere elastica e modellabile come la plastilina, anche se, in questo caso, sono tante le perplessità che restano senza risposta. Infatti se anche fosse stato davvero indispensabile catturare e tenere in cattività questi orsi, le modalità in cui sono detenuti non trovano giustificazione. La Procura ha aperto quattro fascicoli, allo stato tutti, per quanto si sa, privi di indagati. Nel frattempo la situazione resta congelata.

Discutere ora sull’idoneità di Casteller alla detenzione dimostra l’inadeguatezza di chi doveva aver già previsto tutte le ipotesi

Quando questo progetto di reintroduzione è partito, occorre sempre ricordare solo grazie ai soldi dei contribuenti europei, era stata già prevista la possibilità che ci fosse necessità di catturare e tenere in cattività, oppure abbattere, gli orsi definiti problematici. Sarebbe stato quindi necessario individuare e attrezzare per tempo un’area apposita, con strutture e spazi sufficienti per non diventare una prigionia insopportabile. Cosa che non è accaduta, tanto che sono in corso lavori di adeguamento della struttura che detiene solo tre animali. In condizioni incompatibili con la loro natura.

Rendering gentilmente messo a disposizione da Alessandro Ghezzer

Qualcuno potrebbe dire che in periodi di pandemia come questi ben altri sono i problemi, che non quelli degli orsi detenuti a Casteller. E sarebbe un’osservazione miope in quanto proprio il nostro pessimo rapporto con la natura ci ha portato a dover vivere questi momenti terribili. Considerando l’ambiente come una proprietà esclusiva dell’uomo, che si è ritenuto libero di poterlo considerare come una risorsa inesauribile, capace di assorbire ogni trauma che avessimo deciso di infliggergli. Un errore che ora ci sta mettendo in ginocchio.

Gli orsi rinchiusi a Casteller sono diventati per molti un simbolo di libertà e diritti negati, di uno strapotere della politica che ha fatto degli orsi il nemico numero uno. Di una gestione dell’ambiente che ci vede padroni di decidere, ma incapaci davvero di convivere. E sempre più voci indicano come sbagliata la scelta di reintrodurre degli orsi in un territorio tanto antropizzato, pieno di coltivazioni e impianti di risalita, diviso da strade e autostrade. Privo di corridoi che consentano il libero spostamento in sicurezza degli animali selvatici. Ma oramai è davvero troppo tardi.

Casteller ha delle piccole strutture in cemento, le cosiddette tane, dove gli orsi trascorrono gran parte del giorno e probabilmente la notte

Che qualcosa non funzioni al centro lo si capisce dal tentativo di tenere fuori tutti da quella struttura. Non hanno avuto successo le richieste di visitare il luogo di detenzione fatte dalle associazioni e da alcuni consiglieri provinciali. Un comportamento non trasparente che limita fortemente il normale potere di verifica degli amministratori e dei rappresentanti del terzo settore. Inammissibile visto che non si sta parlando di un’area militare o comunque soggetta a vincoli di sicurezza da giustificare la restrizione.

Il veto è stato opposto anche a due parlamentari che per poter accedere a Casteller hanno dovuto richiedere l’intervento dei Carabinieri della locale Compagnia. Davvero strano, considerando che i nostri parlamentari possono tranquillamente entrare nelle carceri per verificare il trattamento dei detenuti, ma non quando si tratta di orsi. Visita che si è conclusa con l’ennesima denuncia!

La situazione al momento è in stallo, le proteste proseguono ma nulla è dato di sapere dal fronte istituzionale, soprattutto dal Ministero dell’Ambiente. Che pur avendo competenze limitate sulla fauna trentina, resta sempre il baluardo che deve garantire un corretto trattamento degli animali. In particolar modo quelli particolarmente protetti dalla legge che sono comunque un patrimonio della collettività.

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