Juan Carrito torna Villalago, il piccolo borgo abruzzese che lo aveva conosciuto cucciolo quando girava con la madre Amarena e i suoi tre fratelli. A nulla è servita la sua traslocazione, da Roccaraso a un luogo impervio lontano dall’abitato. L’ennesima dimostrazione, se fosse stata necessaria, che gli animali non si possono trasferire a nostro piacimento, neppure quando questo avviene nel loro interesse. In soli pochi giorni Juan Carrito ha dimostrato di voler, purtroppo, vivere vicino agli insediamenti umani. Con tutte le possibili complicazioni.
Qualcuno potrebbe sorridere vedendo un orso, incredibilmente grande per la sua età, giocare con un cane che comunque avrebbe dovuto essere tenuto al guinzaglio. Purtroppo invece questa situazione, paradossale, dimostra quanto l’abituazione all’uomo abbia condizionato il comportamento del giovane plantigrado. Mettendolo in pericolo per la possibilità che a sua volta possa arrecare pericolo alle persone, non per aggressività ma perché comunque si tratta di un orso marsicano
la storia di Juan Carrito dimostra due cose: la prima è che ogni animale, umano o non umano, è un individuo diverso che interpreta le sue esperienze in base al proprio carattere. La seconda lezione ci insegna invece che il comportamento di un animale selvatico non può essere plasmato a nostro piacimento. Proprio come avviene per un cucciolo d’uomo sono le esperienze, la capacità di interpretarle e la personalità a determinare i comportamenti del singolo esemplare. Prova ne è che una cucciolata numerosa e insolita come quella partorita dall’orsa Amarena, ha prodotto tre orsi con comportamenti normali e uno decisamente diverso.
Juan Carrito torna Villalago perché è un orso completamente differente, nei comportamenti, dai suoi fratelli
Se stessimo parlando di un giovane uomo per descriverlo si parlerebbe di intraprendenza, di curiosità e di un’intelligenza fuori dal comune. Per Juan Carrito, essendo un orso, son diversi i termini del confronto con i fratelli e per questo viene definito come un orso problematico, potenzialmente pericoloso. con una difficoltà di gestione. Un comportamento che, se si trattasse di un orso trentino, avrebbe già potuto far decretare il suo abbattimento o la sua captivazione permanente.
Gli abruzzesi hanno sviluppato nel corso del tempo un’eccezionale tolleranza verso tutti gli animali selvatici. Un poco per cultura, un poco per abitudine che li ha sempre visti convivere in modo più meno pacifico. Certo senza le stesse asperità di comportamento dimostrate dai trentini che dapprima vogliono gli orsi per poi accorgersi che possono essere un problema. Questo però non deve far pensare che la situazione per Juan Carrito sia tranquilla e senza pericoli. Come dimostra il silenzio stampa del PNALM, che sta probabilmente valutando con attenzione i successivi comportamenti.
Il futuro di Juan Carrito è veramente un grande punto interrogativo
Per mesi è stato scritto e detto che i turisti, ma anche i residenti, devono imparare a tenersi lontani dagli animali selvatici in genere e dagli orsi in particolare. Proprio perché non era difficile prevedere che qualcuno dei figli di un’orsa confidente come Amarena, potesse ripercorrere le orme della madre, imparando a non temere gli uomini. Puntualmente questo timore ha preso sempre più corpo, a cominciare dalle prime incursioni del giovane orso nei pollai della zona.
Resta da vedere quale sarà l’epilogo di questa storia, che potrebbe non avere, purtroppo, un lieto fine. Quello che è appare certo è il bisogno di separare sempre più, anche in territori molto antropizzati la nostra vita da quella degli animali selvatici. Per non essere responsabili dei condizionamenti e delle alterazioni comportamentali degli animali, dalle quali potrebbe dipendere la decisione di catturare un giovane orso maschi, così importante per il futuro di una sottospecie importante come quella marsicana.
Imparando che gli errori fatti con gli animali non sono sempre rimediabili e che le alterazioni comportamentali non sempre possono essere corrette. Una sconfitta per Juan Carrito ma anche una sconfitta per la nostra specie, che ancora non sembra aver compreso quanto la vita in natura sia completamente diversa da quella del metaverso.
Orso e formica è il nuovo progetto di comunicazione lanciato dal PNALM per raccontare l’orso marsicano. Per far conoscere una sottospecie tanto preziosa, diffusa solo in questa piccola porzione di territorio. Da moltissimo tempo, nonostante numeri che si potrebbero definire preoccupanti. L’orso marsicano infatti ha una popolazione stimata in poco più di 50 individui, ma vitale e ben radicata. Facendo di questo animale uno dei motivi d’attrattiva del Parco, che ogni anno è visitato da un numero sempre crescente di turisti.
Perché l’Orso e l’Appennino costituiscono un binomio così peculiare? Quali sono le connessioni che legano questo animale al suo ambiente? Quali adattamenti rendono l’orso marsicano così unico, vulnerabile, ma vitale?Quali sono le ragioni che consentono una pacifica convivenza fra questo animale e le comunità locale? Queste e tantissime altre domande potranno trovare risposta visitando il nuovo sito internet di Orso e formica.
Un progetto realizzato per divulgare in modo semplice ma scientifico, pensato per i giovani ma anche per informare i visitatori. Per rendere sempre più amichevole la presenza di questo grande carnivoro, posto ai vertici della catena alimentare. Una specie tanto importante, quella dell’orso, da essere considerata dai naturalisti una cosiddetta “specie ombrello“. Un animale importante, che con la sua presenza assicura di riflesso la vita di molte altre specie.
L’orso e la formica dimostra la lungimiranza del Parco nel voler comunicare in modo positivo
Attraverso storie e immagini evocative l’Orso e la Formica coglie appieno il tempo presente, contribuendo a una gradevolissima informazione multimediale. Illustrando aspetti peculiari della biologia, del comportamento e dello stato di conservazione di questo plantigrado, ma anche per (ri)svegliare il senso di meraviglia, rispetto e appartenenza. Raccontando il contesto ecologico dell’animale e incoraggiando il pubblico, attraverso consigli pratici, a riflettere sulle piccole scelte quotidiane che ognuno di noi può fare per la conservazione dell’orso e dell’ambiente.
Gli orsi e i lupi sono animali fondamentali all’ecosistema e ogni contributo dato alla loro conoscenza è da considerare come un dono. Un passaggio fondamentale per la pacifica convivenza, in un momento dove la coesistenza è spesso minacciata dalla cattiva informazione. Che non perde occasione per dipingere questi animali come nemici dell’uomo. Creando i presupposti per incrementare l’avversione anziché la conoscenza.
Gli autori del progetto dichiarano convinti che “l’incontro fra scienza e emozioni può rappresentare il tessuto connettivo atto a colmare la distanza fra uomo e natura, a far aumentare la consapevolezza e il coinvolgimento delle persone nei confronti della salvaguardia dell’orso e del suo ambiente” e che “la coesistenza tra uomini e orsi dovrebbe nascere da un rinnovato rapporto con il mondo naturale, il cui futuro dipende dalle scelte che facciamo oggi”.
Orso e formica servirà per entrare in punta di web nella vita dell’orso marsicano ma anche in quella del Parco
Per realizzare questo progetto, per riuscire a portarlo sino in fondo, non serve soltanto un’idea positiva, occorre visione. Quella che consente di capire quanto la conoscenza sia fondamentale per la coesistenza, In un momento così importante per il futuro della nostra specie, per le aree protette e per la tutela ambientale. Dove la fauna e l’ambiente divengono risorsa economica e fonte di equilibrio, raggiungendo il duplice scopo di mantenere l’ambiente garantendo risorse alle persone che lo abitano.
Il Parco è sempre all’avanguardia nella comunicazione, promuovendo atteggiamenti rispettosi che cercano di evitare comportamenti umani indesiderati. Sarà per questo, pur comprendendo le difficoltà di specie e territorio, che non stupisce il fatto che gli unici quattro episodi di “scontro” fra uomini e orsi siano tutti accaduti in Trentino. Dove ben diversa è la politica di gestione degli orsi, ma anche l’informazione, sempre molto carente, realizzata a beneficio di residenti e turisti.
“Sono molto felice di questo traguardo – dichiara il Direttore del Parco, Luciano Sammarone – perché proseguiamo in un percorso di sensibilizzazione finalizzato a migliorare la conoscenza di questa sottospecie unica al mondo e così consentiamo ad un pubblico sempre più vasto di acquisire la consapevolezza di quanto importante sia tutelarlo insieme al suo ambiente”. Parole che sintetizzano in un concetto chiaro quello che dovrà essere il percorso futuro, e non solo del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise.
La notizia arriva dal Parco che rende noti i risultati della necroscopia fatta sul cadavere dell’animale. L’Istituto Zooprofilattico di Avezzano ha stabilito che quelli che sembravano fori di proiettile erano in realtà morsi. Il lupo rinvenuto è stato ucciso a seguito di un’aggressione subita da cospecifici o, al limite, da parte di un branco di cani randagi. L’animale infatti è risultato essere molto debilitato e affetto da un tumore che ne aveva minato la resistenza. Portandolo probabilmente ad allontanarsi dal suo branco.
Una notizia che deve essere raccontata, al pari di quelle che parlano di atti violenti, anche perché conferma la bontà della gestione del Parco. Che da tempo ha messo al primo posto la gestione e la mitigazione dei conflitti fra grandi carnivori e popolazione locale. Un esempio da seguire che ha ridotto davvero al minimo gli episodi di bracconaggio, al contrario di quanto avviene in altre parti d’Italia.
Il lupo trovato Villetta Barrea dimostra che in Abruzzo la fauna rischia più gli investimenti stradali che per il bracconaggio
Sapere che non sia stato un atto intenzionale ha confortato il direttore del Parco, Luciano Sammarone, che ha dichiarato: “Seppure la morte di un animale è sempre da considerarsi un triste accadimento – ha dichiarato il Direttore Luciano Sammarone – il referto della necroscopia ci ha rincuorato molto perché significa che il rapporto tra le popolazioni locali e la fauna del Parco è saldo ed è sano, seppure con qualche momento di criticità. Di questo siamo orgogliosi e colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro, tra cui anche molti amministratori locali, che hanno espresso sentimenti di preoccupazione rispetto all’ipotesi di uccisione per arma da fuoco. Così però non è stato e non possiamo che rinnovare l’impegno per assicurare maggiore tutela, migliorando il lungo cammino del Parco a difesa della Natura iniziato quasi 100 anni fa“.
L’informazione su orsi e lupi è fondamentale per far conoscere questi animali, ma anche per creare le condizioni di serena convivenza. Un residente e un turista correttamente informati possono, infatti, fare una grande differenza. Garantendo che tutti possano usufruire del nostro patrimonio naturalistico in modo intelligente. Evitando comportamenti avventati che possano mettere in pericolo sia le persone che gli animali. Un concetto semplice nella sua narrazione, talvolta più complesso nell’applicazione. In modo particolare, nel territorio del Parco D’Abruzzo, con i turisti e i fotografi improvvisati.
Foto di Valentino Mastrella
Nel caso del Parco d’Abruzzo (PNALM) la formazione dei residenti risulta essere molto meno importante considerando che, a differenza dei trentini, i locali convivono da sempre con orsi e lupi. Comprendendo che la loro presenza rappresenta un importante volano per l’economia locale, che compensa anche piccoli disagi. Che peraltro se da disagi si trasformano in danni sono sollecitamente indennizzati dall’Ente Parco, come oramai per fortuna avviene in molte zone d’Italia. Per questo in Abruzzo il problema è più sentito sulla componente turistica, che deve comprendere che nel parco esistono dei limiti.
Guidando l’area protetta in modo molto determinato, il direttore del PNALM, Luciano Sammarone, non si è fatto scrupoli -in un anno come questo che ha visto una presenza eccezionale di turisti- a emettere ordinanze localizzate di chiusura. Di sentieri e vie d’accesso ai luoghi maggiormente frequentati soprattutto dagli orsi, che rappresentano il simbolo del Parco non per caso, essendo anche gli animali più amati dai turisti.
L’informazione su orsi e lupi è il punto di partenza, ma il punto d’arrivo è il rispetto delle regole
“L’altra ragione per la quale l’alta affluenza turistica ha comportato qualche problema all’ecosistema del Parco è legato al livello non sempre adeguato di consapevolezza con cui molti visitatori si sono avvicinati al nostro territorio.” racconta Sammarone “Tante, troppe volte durante la scorsa estate ho sentito persone che parlavano del Parco come una sorta di Gardaland, ovvero un “parco giochi” in cui trascorrere del tempo, senza però essere pienamente consapevoli dei valori ecologici ed ambientali che vengono custoditi nel nostro territorio.”
Un comportamento che talvolta peggiora quando gli orsi sconfinano fuori dai limiti del Parco, portandosi nella zona di rispetto. Come ha fatto quest’estate l’orsa Amarena con i suoi quattro cuccioli. In questo caso la direzione del Parco deve poter sempre contare sulla collaborazione degli amministratori locali e sull’attività di Carabinieri Forestali e Guardiaparco, che non riescono però a essere ovunque.
“Quest’anno la storia dell’orsa Amarena con i suoi 4 cuccioli ha fatto letteralmente esplodere il fenomeno del bearwatching” mi racconta il direttore “e siamo stati costretti a intensificare i controlli arrivando a mettere in campo fino a 3 pattuglie al giorno di guardaparco e carabinieri forestali, riscontrando grande attenzione alle limitazioni introdotte dai sindaci da parte dei residenti e molta meno da turisti e visitatori.“
Il livello di attenzione dei residenti verso il loro capitale naturale è un atto d’amore ma anche di riconoscenza
La cultura degli abruzzesi è molto diversa da quella dei trentini, che per decenni hanno potuto vivere in una montagna priva di grandi carnivori, fatta eccezione per una piccola comunità di orsi che viveva sul massiccio del Brenta. Sino a quando non è stato deciso di reintrodurre orsi sloveni, grazie ai finanziamenti europei. In un territorio molto antropizzato, con un’attenzione non così spiccata all’ecoturismo.
Questo ha portato a una serie infinita di scontri fra orsi e popolazione. Che prima li voleva, pensando però di poter vivere come avevano sempre fatto, senza condividere il territorio. Questo è il grande problema che ha generato costanti problematiche, orsi morti, captivazioni e infiniti processi penali e amministrativi fra l’amministrazione e le associazioni. Un problema che non si risolverà se i trentini non riusciranno a capire che la presenza dei grandi carnivori è una realtà che può produrre grandi vantaggi. Legati anche a una corretta gestione faunistica garantita proprio dai predatori.
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