Ben cinquecento bulldog francesi cuccioli spediti dall’Ucraina al Canada, per essere piazzati sul mercato locale. Ma purtroppo la spedizione finisce in tragedia: questa razza di cani ha seri problemi nella respirazione. All’arrivo, fra lo sconcerto dei funzionari dell’aeroporto si scopre che ben 38 animali erano già morti e altri si presentavano in cattive condizioni. Vittime di commercianti senza scrupoli e di una compagnia aerea che mai avrebbe dovuto accettare il carico.
Il volo da KIev a Toronto dura ben dieci ore, alle quali vanno aggiunte quelle necessarie all’imbarco e allo sbarco dei poveri animali. Un tempo di almeno 16/18 ore complessive durante il quale gli animali sono stati lasciati al loro destino. Un fatto inconcepibile specie quando riguarda cuccioli, troppo giovani per affrontare un viaggio così lungo, in stiva, che anche se pressurizzata rappresenta un grave pericolo per queste razze.
La Canadian Food Inspection Agency ha ora aperto un’inchiesta per comprendere come un fatto di questo genere sia potuto succedere. Senza che le autorità sanitarie del paese di destinazione fossero preventivamente avvisate di una spedizione di animali così particolare. Cinquecento cuccioli, spediti tutti in un solo blocco, rappresenterebbero un numero enorme anche per l’Europa.
500 bulldog francesi cuccioli spediti per essere venduti a caro prezzo nei negozi canadesi
Secondo il Washington Post che per primo ha dato la notizia, questi cuccioli in Canada possono raggiungere un valore molto alto, maggiore ancora di quello europeo. Nei negozi un cucciolo di bulldog francese può arrivare a costare fra i 4.500 e gli 8.000 dollari canadesi. Ragione che rende molto vantaggioso questo commercio, anche se dovesse arrivare morta la meta dei cuccioli.
Per le autorità canadesi questa importazione di cuccioli rappresenta anche un rischio sanitario, per la rabbia
I cuccioli, sul cui destino ci saranno notizie nei prossimi giorni, sono potenziali portatori di rabbia, provenendo da un paese, l’Ucraina, che non ha ancora sconfitto la diffusione del virus rabido. Un’ipotesi che in un periodo di pandemia ha messo in grande allerta le autorità sanitarie. Una spedizione comunque eccezionale ma non unica, considerando che da tempo anche il Nord America è diventato terra di conquisti per i trafficanti di cuccioli.
Molti paesi dell’Est, secondo il Washington Post che cita un rapporto di Dogs Trust, si stanno buttando in questo affare: Lituania, Polonia, Ungheria, Slovacchia, Serbia,Romania e Ucraina. Profitti alti, rischi bassi e una rete capillare di piccoli allevatori che riforniscono trafficanti senza scrupoli. Fiancheggiati spesso da veterinari compiacenti e da funzionari pubblici corrotti. L’unico rimedio sarebbe quello di riuscire ad azzerare la domanda, convincendo gli acquirenti che queste scelte non sono meno immorali dei traffici messi in atto.
Continua il traffico di cuccioli in Europa proveniente dai paesi dell’Est: lo rivela ancora una volta un’inchiesta di Dogs Trust che ha pubblicato un dossier sulla tratta. Nel quale si analizzano realtà del mercato, mezzi e metodi usati per l’importazione illegale di cani provenienti dall’Est Europa nel Regno Unito.
Le storie che si leggono e si vedono nei video sono sempre le stesse, oggetto di diverse inchieste giornalistiche fatte da associazioni, ma anche da organi di informazione come quella realizzata lo scorso anno da RSI, il servizio televisivo della Svizzera italiana.
Inchiesta alla quale avevo partecipato attivamente e sulla quale avevo scritto l’articolo “La tratta dei cani dall’Est Europa”. Le inchieste però non sembrano né fermare i trafficanti, né purtroppo far spingere l’acceleratore ai legislatori europei, promulgando normative decisamente più restrittive.
Sulla tratta dei cuccioli occorrono nuove norme
Gli scandali sul traffico dei cuccioli, la sua connotazione criminale e le complicità a molti livelli emergono sui media per qualche giorno, ma non consentono alle forze di polizia di mettere in atto attività di repressione del traffico efficaci. Grazie anche alle singole legislazioni nazionali che non sono all’altezza del problema, con troppi condizionali e poche certezze.
Il traffico dei cuccioli, una delle tante tratte criminali, trova il suo cardine principale nell’aggiramento del divieto di far circolare, nei paesi membri della UE, cani che abbiano un’età inferiore ai 3 mesi e mezzo. Considerando la soglia minima in cui è praticabile la vaccinazione antirabbica, rappresentata da una finestra temporale che va dalle 11 settimane ai tre mesi, a cui vanno aggiunti i canonici 21 giorni dalla data della vaccinazione.
Se questa età minima fosse realmente rispettata e fatta rispettare, grazie a misure legislative intelligenti che al momento mancano, il traffico sarebbe più che dimezzato in un sol colpo.
Considerando che le persone sono attratte dai cuccioli molto piccoli, per la tenerezza insita nelle loro caratteristiche somatiche e non comprerebbero con altrettanta e disinvolta facilità animali di qualche mese più grandi. Inoltre più questi cuccioli crescono e più è facile vedere ed apprezzare i difetti rispetto allo standard, dovuti a un allevamento improntato alla produzione massiva di cuccioli, in quelli che sono infatti definiti “cucciolifici”, con poca se non nulla attenzione alla caratteristiche peculiari di ogni razza.
I compratori vogliono cuccioli sempre più giovani
Per questo motivo i cani devono arrivare sul mercato piccoli, sempre più piccoli, a volte di sole 6 settimane, per poter essere venduti rapidamente e poco importa se il numero dei decessi sia elevato, tanto i margini di profitto sono così alti da ripianare queste piccole perdite economiche. Per allevatori, raccoglitori, trasportatori e negozianti non sono cuccioli, sono pezzi che devono arrivare vivi, belli vivi come mi disse un trafficante slovacco.
I venditori hanno imparato che se il cucciolo si ammala e muore bisogna subito scendere a patti con il cliente, ripagando le spese, restituendo il danaro oppure sostituendo il cucciolo: la cosa importante è che l’acquirente non denunci, non attivi una catena di indagini che potrebbe compromettere i loro affari.
Una volta erano molto più arroganti, insultavano i proprietari dei cuccioli morti dopo pochi giorni, non avendo ancora subito il danno del loro comportamento: quelle querele che consentivano alle forze di polizia ed alle guardie zoofile delle associazioni di mettere in atto una serie di attività che culminavano in processi.
In questo modo,invece, tutto rimane sotto traccia, pochi oramai denunciano e se non ci sono controlli ai valichi tutto procede tranquillo. Bisogna poi aggiungere, come ulteriore arma a favore dei trafficanti, lo scarso potere di deterrenza delle sanzioni nel nostro paese e una legislazione che fa acqua da tutte le parti.
Così tanto da non consentire ai giudici, nel corso dei processi, di superare le mille eccezioni dei consulenti dei trafficanti, preparati e ben pagati per allargare ulteriormente le maglie di una legislazione insufficiente, di difficile comprensione e applicazione.
L’inchiesta fatta da Dogs Trust testimonia, ancora una volta, come nei paesi dell’Est Europa, dall’Ungheria alla Slovacchia, dalla Polonia alla Lituania ed ora anche alla Romania, vengano realizzati passaporti falsi.
Che attestano vaccinazioni antirabbiche mai eseguite, contenenti date di nascita false e altrettanto false visite per garantire la buona salute dei cuccioli, allevati quasi sempre in condizioni di maltrattamento che vengono ignorate dalle autorità locali.
Il Corpo Forestale va in soffitta, ma il traffico cresce ogni giorno
Nonostante questo, nonostante il pericolo sanitario costituito dalla rabbia, malattia mortale anche per l’uomo, il traffico continua senza sosta, l’Europa riflette sul cosa fare, l’Italia manda in soffitta il Corpo Forestale dello Stato senza una reale redistribuzione di competenze: il tempo passa e i trafficanti crescono e si ingrassano.
Nel Regno Unito, nonostante la paura della rabbia, dalla quale l’isola è indenne, i controlli sembrano scarsi e le associazioni come Dogs Trust sono accusate di provocare inutili allarmismi su questo fenomeno, osteggiate anche quando dimostrano con inchieste, serie e attendibili, la realtà di un problema più che concreto, come possiamo vedere in questo filmato:
La colpa di questo traffico, causa di morte e maltrattamenti per migliaia e migliaia di cuccioli, è dell’Europa, dei singoli Stati che non si dotano di leggi efficaci, dell’avidità dei criminali che gestiscono la tratta, ma non possiamo certo dimenticare di aggiungere a questo elenco il principale protagonista: l’acquirente.
Sono proprio loro, i clienti, che come tante formichine portano i profitti nelle tasche dei trafficanti, comprando cuccioli a 700, 800 ma anche più di mille euro per alcune razze; loro che non si fanno mai domande, se non quand’è troppo tardi e spesso nemmeno questo serve a dissuaderli: il primo cucciolo morto è un incidente, con il secondo andrà meglio, senza preoccuparsi mai di quanto siano corresponsabili di questo ignobile commercio di vite.
Se tanti anni fa, quando ho cominciato ad occuparmi del traffico di cuccioli, molti erano davvero ignari della provenienza, non conoscevano le condizioni di allevamento e di trasporto, non era noto il calvario che molti di questi acquirenti dovranno percorrere con cuccioli affetti da gravi patologie, oggi non può più essere cosi.
Articoli di stampa, siti internet e inchieste hanno rivelato il lato oscuro che si nasconde dietro i musi dei cuccioli nelle vetrine dei negozi. Eppure tanti fan finta di ignorare il problema, cercano il cane su internet come fosse uno smartphone, al miglior prezzo, senza volersi preoccupare di niente e senza pensare che nei canili ci sono migliaia di cani che cercano casa, non saranno i chihuahua da borsetta, ma sono lo stesso compagni di vita meravigliosi, che non meritano il canile solo per uno sbaglio dell’uomo e non meritano di restarci per il capriccio della moda.
La Romania, fino ad oggi era rimasta un paese molto marginale per il traffico dei cani, eppure ora le cose sembrano essere cambiate e anche da questo paese partono migliaia di cuccioli per essere venduti negli stati della vecchia Europa.
L’aggravante è che questo paese ha un randagismo endemico a cui non riesce a far fronte, non volendo mettere in campo strategie intelligenti per la risoluzione del problema, demandando alle associazioni private di cercare di arginare il fenomeno, come da anni cerca di fare l’italianaSave the Dogs.
Ma nonostante gli stermini messi in atto nei canili pubblici il governo tollera e non contrasta il sorgere dei “cucciolifici”, visto l’evidente incremento del traffico dei cuccioli provenienti adesso anche da questo paese, come possiamo vedere in questo filmato realizzato da Dogs Trust:
La condivisione dell’informazione è l’unico aiuto che ognuno di voi può dare a questa lotta contro i trafficanti di cuccioli, sostenendo le associazioni che si impegnano contro questo settore delle zoomafie. Per essere costantemente aggiornati consiglio di guardare il sito EU Dog & Cat Alliance, organizzazione alla quale hanno aderito moltissime associazioni europee che si occupano di tutelare gli animali, nel tentativo di mettere in atto un’attività di pressione efficace sul parlamento e sulla Commissione Europea, per ottenere significative innovazioni legislative a livello comunitario.
I trafficanti hanno ripreso ad utilizzare gli stessi sistemi che erano stati scoperti grazie a un’indagine congiunta della Guardia di Finanza di Bologna e delle Guardie Zoofile ENPA del nucleo di Milano fin dal 2005, che aveva permesso di accertare come i cani provenienti da Ungheria e Slovacchia arrivassero in Italia già muniti di microchip italiano e venissero denunciati all’ENCI, in particolare in Emilia Romagna, come nati nel nostro paese.
Grazie a un’investigazione fu possibile scoprire che la casa produttrice dei microchip li vendeva a grossisti italiani, che a loro volta li cedevano a società commerciali di San Marino che, sfruttando l’extra territorialità della repubblica del Titano, li spedivano in Ungheria e Slovacchia senza lasciare traccia. Vere e proprie triangolazioni fatte con gli identici sistemi che usano i criminali che trafficano in droga, armi, rifiuti tossici o animali in via d’estinzione; un’ulteriore dimostrazione del fatto che tutti i crimini trasnazionali impiegano non solo sistemi analoghi ma che molto spesso vedono coinvolti nei traffici i medesimi soggetti.
Il traffico dei cuccioli dilaga e le inchieste hanno finalmente dimostrato quello che purtroppo non può essere usato come prova nei tribunali: tutti i cuccioli sono molto più piccoli di quello che appare dai documenti, quasi nessuno viene vaccinato realmente in quanto i cani sono troppo giovani, i trafficanti possono identificare gli animali con i microchip di nazioni diverse e anche con passaporti di altri paesi.
Insomma in questo commercio sembra che l’unica cosa vera sia la sofferenza dei cani, sia per le condizioni di allevamento che per tutto quanto devono subire i cuccioli, mentre non vi è alcuna certezza sui documenti e sulle vaccinazioni, aumentando il rischio già molto concreto che questo commercio illegale diventi un veicolo di diffusione del virus della rabbia, una zoonosi mortale per l’uomo, quasi definitivamente sconfitto nell’Europa dei 9, ma ancora diffuso nei paesi dell’Est.
Per questo la Direzione di Sanità della Comunità Europea si sta attivando per ottenere un irrigidimento della normativa ed anche per l’inasprimento delle sanzioni, che purtroppo sono ancora di competenza dei singoli stati membri.
Guardando l’inchiesta realizzata da Dogs Trust vi potrete rendere conto come i cuccioli che vengono venduti nei negozi, anche se identificati con microchip italiano, possano essere in realtà provenienti da qualsiasi paese dell’Est Europa visto che questa è attualmente la nuova frontiera del traffico.
Piccole importazioni di 5/8 cani per volta, trasportati in auto o in pulmini adibiti al trasporto di persone, senza nessuna comunicazione TRACES, senza reali vaccinazioni: i maggiori costi saranno poi recuperati dai commercianti senza scrupoli grazie all’aumento del prezzo di vendita che potranno incassare grazie al fatto che i cani risulteranno essere italiani e potranno essere venduti a soli 60 giorni di età.
Il Natale è alle porte, ma ricordate che un animale non si regala, si adotta e non si compra ed è un rapporto che deve durare per sempre. Non siate complici di questi traffici, non aiutate le organizzazioni criminali: se la domanda decrescesse fino a sparire il traffico dei cuccioli cesserebbe per incanto.
La tratta dei cuccioli dall’Est Europa è un fenomeno in costante espansione.
Ma non risulta essere sufficientemente contrastato anche a causa di normative non efficaci.
Un’inchiesta realizzata dalla RSI, la televisione della Svizzera italiana, svela i retroscena del traffico dei cuccioli. Che provengono dall’Est Europa, in particolare Ungheria e Slovacchia.
Dimostrando senza tema di smentita come i cuccioli siano sempre strappati prematuramente alle madri, la falsità dei passaporti, che contengono dati certamente non corrispondenti al vero riguardo all’età dei cani, il guadagno, enorme, generato dalla tratta.
Ho collaborato a questa inchiesta, come potrete vedere, recandomi in Slovacchia con la giornalista Katia Ranzanici e il regista Philippe Schafer. Per giorni abbiamo inseguito contatti con i trafficanti, sempre molto sospettosi, attenti e anche un po’ provati dall’incremento dei controlli durante i viaggi.
Nessuno rispetta l’età minima dei cuccioli venduti
Scoprendo come non sia possibile acquistare cani che rispettino i vincoli dalla legge, che impongono un minimo di 3 mesi e 21 giorni per l’esportazione dei cuccioli.
I negozianti di tutta Europa li vogliono più piccoli, fanno maggiore tenerezza, suscitano acquisti di impulso e possono restare più tempo nei negozi, facendo credere all’acquirente che abbiano l’età indicata sui documenti.
Così il rischio mortalità sale esponenzialmente e spesso chi ha comprato uno di questi cuccioli lo sa fin troppo bene, purtroppo solo dopo aver speso tantissimi soldi in cure veterinarie, spesso senza risultato fino a quando, una brutta mattina, scoprirà il cucciolo morto ai piedi del letto, come capitato a una delle persone intervistate.
Questo traffico nasconde un mondo criminale ed è alimentato dalle richieste di gente per bene, che compra però cani come se si trattasse di un paio di scarpe, di un telefonino, senza pensare, senza chiedersi la provenienza e nemmeno se quella razza, con le sue esigenze, sarà compatibile con la sua vita.
I profitti son da capogiro, i controlli non così frequenti e soprattutto senza un potere di reale deterrenza, vista l’esiguità delle sanzioni e delle pene detentive, che restano sempre inapplicate.
Milioni di euro di profitti garantiti da un traffico con pochi rischi
Girano milioni di euro, ma non vengono ancora trattati come trafficanti di droga le persone coinvolte nel traffico di cuccioli. A loro non vengono applicate quasi mai le misure di prevenzione, come il sequestro dei negozi e alla fine il gioco vale la posta in palio: rischi minimi, grandi guadagni, che permettono di pagare una rete di fiancheggiatori che spesso.
Per stessa ammissione del veterinario regionale della Lombardia e di quello cantonale della Svizzera, sono proprio alcuni veterinari. Sicuramente poche pecore nere che danneggiano la categoria, in grado però di coprire con il loro lavoro, con la loro professione disonorata, i trafficanti e i loro traffici, la scia di maltrattamenti e di morte che li accompagna.
Aggiustando documenti, iscrivendo i cani in anagrafe, facendo finta di non vedere il marcio che li circonda e il tradimento del codice deontologico che compiono quotidianamente.
Spero che questa inchiesta televisiva, realizzata con passione e competenza da RSI, contribuisca a far aprire gli occhi agli acquirenti su cosa significa traffico. Su quanto sia importante non comprare un cane su internet, su quanto sia meglio recarsi presso un canile.
Quel che cerchiamo è un compagno di vita, non un accessorio che ci soddisfi o ci faccia illusoriamente apparire più belli, migliori, alla moda. Non bisogna mai dimenticare che l’assenza della domanda costituirebbe la fine dell’offerta e i “cucciolifici” chiuderebbero uno dopo l’altro.
Sarebbe bello che anche il parlamento si accorgesse del fatto e che, in tempi di risparmi, fornisse gli strumenti operativi per colpire seriamente anche questo tipo di reati.
Occorre cambiare le leggi e bisogna farlo in fretta
Basterebbe guardare l’evasione fiscale che celano, i collegamenti con la criminalità che sono presenti: aspettiamo da anni leggi più severe, più efficaci, che abbiano un reale potere di deterrenza contro questo mondo di sofferenza.
Purtroppo invece, ancora una volta, saremo costretti ad aspettare che a dettare il passo sia la Commissione Europea, che ha già allo studio un inasprimento della legislazione, per evitare la sofferenza di questi animali. Ma anche contrastare la ricomparsa della rabbia, una zoonosi pericolosissima che era quasi scomparsa dai nostri confini, mentre ora si riaffaccia con preoccupante prepotenza.
Guardate l’inchiesta (la trovate anche qui), condividetela, aiutate a svelare un mondo talvolta sconosciuto: la conoscenza può aiutare a contrarre questo mercato. Non si riuscirà a far desistere tutti, ma i progressi culturali, mai come in questo momento, passano anche attraverso il passaparola della rete.
Questo è un errore grandissimo perché in nome degli animali e della loro vita si calpestano i diritti fondamentali. Giustificando talvolta approssimazione, business, incapacità di gestione che si mescolano a buone intenzioni.
Con buona pace di quasi tutte le associazioni, che non prendono posizione, lasciando a un manipolo di cani sciolti la possibilità di creare disagi agli animali per sollevare e gratificare la loro emotività. Molte volte la soddisfazione di credere di operare “in nome del bene” è superiore alla reale consapevolezza di farlo davvero.
Sulla rete ci sono decine di migliaia di appelli per cani che devono trovare famiglia, che devono partire da un Sud inospitale, da terre dove gli amministratori pubblici non conoscono i loro doveri e dove i protezionisti non sempre riescono a esercitare i loro diritti.
Decine di migliaia di foto e di appelli per poveri cani, di poveri esseri che si meriterebbero ben altra vita, messi a disposizione di chi vuole fare quella che oramai è universalmente definita “l’adozione del cuore”.
Questo crea rapporti biunivoci fra micro associazioni, macro associazioni, speculatori, furbetti del randagismo e quanti, colpiti dalla sofferenza danno la loro disponibilità ad adottare. Sino a qui certo uno potrebbe pensare che la domanda incroci l’offerta e che molti cani possano trovare famiglie al Nord che possano strapparli a un triste destino.
Però non sempre è così, non sempre ci sono buone intenzioni, non sempre c’è esperienza e intelligenza, talvolta ci sono solo “improvvisazione e gratificazione”, ma anche carte “postepay” da ricaricare, staffettisti da pagare, consegne sotto i ponti della tangenziali, trasporti che fatti in condizioni di maltrattamento che superano per gravità quelli dei trafficanti di cani dall’Est.
Quando fare lo staffettista è un lavoro ci vorrebbe più professionalità
Il fatto davvero è grave che queste “staffette” improvvisate, che sono antitetiche ai trasferimenti di cani organizzati in modo corretto, trasportano cani dal Sud al Nord con la convinzione che già solo il trasferimento, comunque sia fatto, costituisca un evento salvifico.
Peccato che poi arrivino magari cani in condizione di salute precaria, con spese che gli adottanti non avevano preventivato e non sono in grado di sostenere, oppure cani con grandi problemi di varia natura, spesso comportamentale, che vengono consegnati ad ignari adottanti sotto un ponte, in un’area di servizio autostradale, fuori da un svincolo.
Operazioni che stimolano l’empatia degli adottanti per il cane, proprio per le condizioni di trasporto, per la volontà dell’adottante di non rimettere il povero animale in una bolgia dantesca. Anche quando la differenza fra l’animale che avevano adottato e quanto realmente ricevuto è davvero enorme. Le staffette dei cani dal Sud al Nord non sono sempre fatte secondo criteri accettabili, anche per il benessere degli animali trasportati.
Questo modo di affidare i cani a distanza, talvolta per malintesa presunzione di tutela, talvolta per affari, contrasta grandemente con quello che oramai da anni è un principio collaudato per le adozioni nei paesi anglosassoni e nei canili più evoluti,
Incrociare le possibilità degli adottanti con le esigenze del cane
Il “matching”, un’attività valutativa che consente di abbinare le necessità dell’animale con le possibilità e le capacità dell’adottante, riducendo grandemente la percentuale di ritorni degli animali in canile per incompatibilità.
Far adottare in modo diverso gli animali, senza capire le possibilità di chi adotta, stimolando l’emotività con appelli strappa lacrime, è da irresponsabili, crea forme di maltrattamento,.
Ingrassa qualcuno che si fa pagare viaggi della speranza fatti su mezzi non autorizzati, ricarica carte “postepay” per la cessione di cani che spesso neanche sono vaccinati e crea i presupposti, per un abbandono o per un’adozione che, purtroppo, sarà solo momentanea.
Una vergogna alla quale il Ministero della salute ha cercato di porre un limite emanando una direttiva, che potete scaricare cliccando qui.
Ecco è un breve decalogo per evitare di contribuire a questo fenomeno in ascesa, fonte di grande sofferenza per gli animali e di facili abbandoni:
Diffidate dalle persone che richiedono il versamento di danaro su carte di credito ricaricabili intestate a persone fisiche;
Adottate cani solo da associazioni verificabili e esistenti e soltanto presso strutture (rifugi, canili, pensioni);
Pretendete garanzie sullo stato di salute degli animali e fatevi mandare le copie dei loro libretti sanitari;
Non adottate cani problematici se non siete certi di avere le risorse per curarli o l’abilità per gestirli;
Non accettate che le consegne degli animali avvengano per strada, vicino a uno svincolo, presso un’area di servizio autostradale;
Preferite associazioni del Nord che collaborano con realtà del Sud e che hanno già animali presso le loro strutture piuttosto che gli appelli sui social media: sarà più facile trovare l’amico per una vita piuttosto che trovarvi con un problema che non siete in grado di gestire;
L’adozione di un cane è fatta su presupposti ragionati e non sulla base di un’emotività dirompente: troppi cani adottati su spinta emozionale finiscono male;
Denunciate quelle realtà per le quali avete prove che l’adozione sia solo un mezzo per raccogliere soldi e nulla abbiano a che fare con il benessere degli animali;
Non rendetevi complici di truffe, di maltrattamenti, di trasporti inaccettabili, di traffico di cani in condizioni pessime: denunciate i responsabili;
Non divulgate e condividete appelli se non conoscete o verificate la serietà della fonte: la rete funziona davvero come tale e rappresenta uno strascico che grazie alle condivisioni cattura un gran numero di prede.
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