Dalla Spagna partono ogni settimana migliaia di animali destinati ai mercati del Nord Africa e del Medio Oriente. Trasportati come se fossero cose, non animali senzienti ai quali sarebbe obbligatorio garantire, almeno, condizioni di vita umane. I bovini sono stati ritenuti infettati dalla Blue Tongue, il morbo della lingua blu e per questa ragione sono stati rifiutati dagli acquirenti. Che forse in un secondo momento avrebbero anche cambiato idea, senza però trovare il consenso delle autorità spagnole.
Così oltre 1.800 vitelli sono arrivati di fronte alla Turchia senza poter sbarcare. Da allora la nave sta vagando per diversi porti del Mediterraneo. Senza mai riuscire a far scendere a terra gli animali, ma soltanto ottenendo i rifornimenti necessari. Per garantire qualche giorno in più (di sofferenza) al carico di sofferenti.
I vitelli in alto mare sono la dimostrazione di quanto sofferenza e maltrattamento siano stati legalizzati per profitto
Considerando che sono in mare da più di tre mesi, in spazi che sarebbero già angusti per un trasporto di una settimana, il maltrattamento pare evidente. Sembra che nel frattempo più di un centinaio di animali siano morti, per poi essere gettati in pasto ai pesci, stremati da privazioni e malattie. Un fatto che però non ha agevolato il loro sbarco, che come per i bovini della Karim Allah, finirà con il loro abbattimento.
Alla fine i poveri animali sono rimasti ostaggio della burocrazia, delle discussioni fra autorità sanitarie, portuali e armatori. Senza che fra questi qualcuno abbia dato un valore alla sofferenza degli animali. Che mai come in questo caso non sembrano essere considerati come esseri viventi, ma solo come carne da macello. Ma per loro anche la morte, con la fine delle sofferenze, sembra essere un traguardo irraggiungibile.
Il trasporto di animali vivi è sempre causa di grande sofferenza, ma le navi stalla si possono rivelare delle trappole senza scampo per gli animali. Il grande pubblico spesso ha un’idea sommaria delle sofferenze che sono causate dal trasporto su gomma, ma la maggioranza non sospetta neppure che animali da reddito viaggino via mare. Per ragioni commerciali, incrementando la sofferenza già patita negli allevamenti intensivi. Una vergogna che l’Europa non può più far finta di non vedere.
Da molto tempo le associazioni che si occupano dei diritti degli animali si battono contro il trasporto di animali vivi. Costretti molte volte a compiere tragitti lunghi migliaia di chilometri, in ogni stagione, con ogni tempo. Per essere quasi sempre macellati una volta giunti a destino, dopo viaggi che possono durare giorni oppure anche mesi, come sta accadendo a due navi stalla nel Mediterraneo. Con il loro carico di migliaia di bovini costretti a un viaggio infernale, verso un destino certo: la morte.
Entrambe le navi cargo sono partite per il loro viaggio da porti spagnoli, con destinazione Medio Oriente. Per diverse ragioni il viaggio, eticamente sempre inaccettabile, non è andato come doveva e le due navi, la Karim Allah e la Elbeik, sono rimaste, per mesi, in alto mare. Scaraventando quando occorreva i capi morti durante questo viaggio atroce nelle acque del Mediterraneo. Gli oltre 800 vitelli della Karim Allah sono alla fine stati sbarcati nel porto di Escombreras in Cartagena, in Spagna. Per essere macellati sul posto in quanto affetti dal virus della lingua blu, una malattia che li aveva fatti rifiutare dal paese di destinazione.
Non si capisce perché l’ispezione veterinaria ufficiale non abbia testato gli animali per verificare se erano malati. Il governo spagnolo ha agito con pochissima trasparenza in questo caso e molti dubbi restano da risolvere. Ci auguriamo che questo scandalo serva almeno a porre fine all’esportazione di animali vivi in paesi al di fuori dell’Unione europea.
La sofferenza causata solo per profitto è la peggiore forma di crudeltà, non avendo nulla a che vedere nemmeno con le esigenze alimentari. Questi maltrattamenti sono compiuti soltanto per ottenere un maggior profitto dagli animali, senza altro tipo di giustificazione. Le navi stalla sono purtroppo una realtà planetaria, che non coinvolge solo i paesi del bacino del Mediterraneo. Le navi stalla riguardano anche milioni di ovini che vengono trasportati dall’Australia sino ai Paesi asiatici o del Medioriente.
Molti di questi viaggi sono destinati verso paesi che praticano l’uccisione degli animali senza stordimento preventivo
Ma se peri bovini stipati sulla Karim Allah la questione si è tragicamente risolta, con il loro abbattimento in un porto spagnolo, lo stesso non si può ancora dire per gli animali, più di 1.700, trasportati sul cargo Elbeik. Attualmente alla fonda in un porto greco, dove solo grazie alle pressioni esercitate dall’organizzazione internazionale Compassion in World Farming (CIWF), i bovini hanno ricevuto cibo e assistenza. Non ci sono ancora certezze sul loro destino, nonostante siano in viaggio dalla metà di dicembre verso i porti della Libia e della Turchia.
Una vera e crudele tortura della quale qualcuno dovrebbe essere chiamato a rispondere. Per non aver fatto esami preventivi sullo stato di salute degli animali, che sono anche loro risultati positivi al virus della Blue Tongue.
Coldiretti porta vacche e maiali in San Pietro per la benedizione, rito pagano e sofferenza si mischiano alla liturgia religiosa. Con animali, vittime incolpevoli, che vengono inutilmente trasportati da tutta Italia, più per politica che per religione. Con buona pace del rispetto minimo dei loro diritti che dovrebbero far escludere sofferenze gratuite. Carico, scarico e trasporto sui camion costituiscono momenti di sofferenza per gli animali, che potevano esser loro risparmiati.
Come ogni anno, nel giorno di Sant’Antonio Abate, Coldiretti si approfitta di una tradizione religiosa per avere un poco di visibilità. In questo modo, grazie agli animali portati sul sagrato di piazza San Pietro, può entrare nelle case degli italiani, sfruttando la benedizione. Dimostrando scarsa attenzione e rispetto per la tutela degli animali e dell’ambiente.
Occorre infatti chiedersi quanto questa comparsata possa costare in termini di gravi disagi, se non sofferenze, per gli animali, senza calcolare un inutile inquinamento. Le città di questi tempi soffrono a causa dello smog e delle polveri sottili, e vengono attuate limitazioni del traffico: proprio non si poteva fare a meno di portare gli animali sui camion? Sapendo che notoriamente i mezzi usati per il trasporto sono diesel e raramente di modelli recenti?
Portare animali in San Pietro per la benedizione certo non li farà star meglio
Senza toccare l’aspetto religioso si sa che agli animali, per ovvi motivi, nulla importa di essere ammessi alla presenza del pontefice. Per contro molto importa a Coldiretti, in un momento nel quale gli allevamenti di animali da reddito non sono proprio al culmine della popolarità. Sofferenze, produzione di gas serra e uso inappropriato delle risorse agricole per alimentare i bovini sono da tempo al centro di molte critiche. Per questo ogni occasione è buona per far vedere il lato buono, se esiste, dell’industria delle proteine, che di agricolo oramai ha davvero poco.
Razze antiche in pericolo di estinzione, racconta Coldiretti nei suoi comunicati alla stampa, che dovrebbero essere tutelate come se si trattasse degli ultimi koala. Dimenticando che sono proprio gli allevamenti di bovini e ovini che in tutto il pianeta hanno creato enormi problemi ambientali. Essendo la prima causa della deforestazione selvaggia, messa in atto per realizzare nuovi pascoli e per poter coltivare i vegetali per nutrirli.
Evitare le sofferenze inutili, quelle fatte subire solo per fare un po’ di spettacolo, sarebbe stata la miglior prova di attenzione che gli agricoltori avrebbero potuto fare per gli animali e per l’ambiente. Mentre il sindaco avrà dovuto fare un’ordinanza per autorizzare l’ingresso dei mezzi, con l’inquinamento di questi giorni, nel centro di Roma.
Occorrono meno parole sui diritti degli animali, ma molti più atti concreti
Sarebbe importante che i primi cittadini iniziassero a attuare il loro ruolo di tutela per quanto concerne gli animali, che non può riguardare solo quelli domestici. Cani e gatti rappresentano quelli più diffusi fra i cittadini, ma occorre che avvenga un avvicinamento culturale anche ai diritti degli animali allevati per altri scopi.
Coldiretti porta vacche e maiali a San Pietro, ma qualcuno avrebbe anche potuto dire no.
Affonda nave stalla con migliaia di pecore a bordo, poco dopo aver lasciato il porto di Costanza in Romania. La nave aveva a bordo circa 15.000 ovini e si è ribaltata poco fuori dal porto, forse a causa di un carico eccessivo o forse per un repentino spostamento degli animali.
Quello che è certo è la strage di animali che è seguita all’incidente, ovini che erano destinati al mercato arabo, una vergogna alla quale la Comunità Europea sembra non voler mettere freno.Le navi stalla, con molte migliaia di animali a bordo, non sono purtroppo una novità, ma sino a poco tempo fa partivano soprattutto dall’Australia e non da porti europei.
Da tempo invece la Romania è diventata un porto di partenza di questi carichi, sempre destinati al Medio Oriente. Fra le proteste delle organizzazioni internazionali che tutelano i diritti degli animali, da sempre contrarie al trasporto di animali vivi.
L’affondamento della nave stalla a Costanza deve far riflettere
L’Europa non può continuare a chiudere gli occhi sul trasporto degli animali vivi destinati alla macellazione, una delle maggiori cause di sofferenza. Occorrono politiche che mettano un freno a queste pratiche e vietino la possibilità di stipare migliaia di animali su una nave. Per arrivare vivi, in questo caso, in Arabia Saudita per essere poi macellati secondo le pratiche halal.
Devono cambiare le leggi europee che consentono deroghe sulle modalità di macellazione secondo i precetti religiosi di ebrei e musulmani. Una cosa è tutelare, giustamente, libertà di culto e di credo religioso, altra è quella di consentire che in nome della religione vengano perpetrati maltrattamenti.
La macellazione senza preventivo stordimento è una pratica barbara e inaccettabile, che non ha più una ragion di esistere essendo nata per motivazioni sanitarie. Come spesso accade con i precetti religiosi che sono scaturiti anche per ragioni diverse dalla cura dello spirito.
Il problema non è soltanto etico, ma economico: ci sono paesi che ricavano ingenti profitti fornendo ovini e bovini a questi mercati, che hanno difficoltà nell’allevamento in loco. Alimentando così una catena di sofferenze davvero non più accettabile. E’ urgente che la Commissione Europea si occupi al più presto di questo problema e del trasporto di animali vivi in generale.
Basta trasporto animali vivi, basta crudeltà solo in nome del profitto, basta dover chiudere gli occhi in autostrada per non vedere, sotto il caldo estivo, camion che attraversano l’Europa con un carico di sofferenza, inutile, che è solo un tributo al dio del profitto.
Basta anche considerare certe sofferenze come un male inevitabile perché così non è, senza bisogno di essere vegani ma solo con la necessità di essere umani. Se la nostra specie non la smetterà di guardare il mondo solo e esclusivamente con occhio rivolto al profitto presto si accorgerà di star davvero danzando sull’orlo di un cratere, al quale però sta per saltare il tappo.
Non esiste un solo motivo eticamente accettabile per giustificare le tradotte che scorrazzano per l’Europa con tutto il campionario degli animali destinati all’alimentazione umana: vitelli, vacche, manzi, pecore, maiali, senza dimenticare asini e cavalli.
Le organizzazioni internazionali di protezione degli animali si battono da anni contro questa vergogna, hanno lanciato, tempo fa, la campagna 8hours, con lo scopo di limitare i tempi di trasporto a non più di 8 ore. Per ottenerlo hanno raccolto più di un milione di firme che sono state, di fatto, ignorate dall’Europa.
La lobbie degli allevatori è ben più forte e muove più interessi di quella delle associazioni per i diritti, sia che siano umani sia che riguardino altri esseri senzienti come gli animali.
Il trasporto di animali crea enormi sofferenze
Molti uomini, per fortuna non tutti, hanno questa fantastica attitudine a separare il problema dalla conseguenza: lo fanno con gli immigrati dove il problema lo abbiamo creato noi, ma la conseguenza la vogliamo lasciare a loro, lo fanno con gli animali ai quali il problema lo creiamo noi, con la nostra ingordigia, ma poi ci spogliamo delle conseguenze, lasciandole patire a loro senza nemmeno cercare di alleviarle.
Siamo talmente impegnati nel difendere i nostri diritti da non avere tempo per cercare di capire anche quelli degli altri, bipedi o quadrupedi, che sono forse diversi da noi ma hanno un diritto che ci dovrebbe accomunare: non subire crudeltà.
Provo a dare corpo a un pensiero, provo a dare voce a uno dei forzati dei trasporti, provo a dare concretezza a quello che potrebbe pensare un maiale su un camion che lo trasporta sotto il sole.
“Fatica, grande fatica a stare in piedi su questo piano scivoloso della cosa rumorosa e ondeggiante che non è mai ferma. E’ da quando mi han caricato che ho la paura che mi scorre nelle vene al posto del sangue, non capisco cosa stia succedendo e forse per questo mi sembra di impazzire. E poi fa caldo, troppo caldo, una temperatura impossibile che tutti noi -questa moltitudine che ondeggia, calpesta, si sposta, grugnisce quasi come imprecasse- sopporta a fatica.
Nulla è più intenso della paura, tanto da poterne sentire l’odore
Come la sete perché con questo caldo, con questa paura che ci pervade, tutto accelera, tutto il fisico brucia risorse e la sete morde, è terribile, non ti da pace. Con il terrore negli occhi è difficile poter ragionare, è difficile potersi spiegare cosa succede. Anche se noi non conosciamo il tempo ricordo che è stato il buio della notte che ci ha visto salire su questa cosa e ora il sole è caldissimo e alto.
Non so cosa sarà, non so dove andrò ma ora, dopo una vita disgraziata, vorrei pensare di potermi fermare, anche per sempre, di arrestare i miei pensieri, di trovare pace.”
Il racconto potrebbe durare ancora molto ma credo che poche righe bastino a trasmettere la sofferenza, a far capire, anche soltanto tratteggiandola per l’immaginazione, cosa possa provare un animale che viaggia su un camion, verso un destino a lui ignoto. L’unica cosa che lo differenzia dai poveretti che attraversano deserti e mari per sfuggire a guerre e stenti è l’assenza della speranza.
Quella speranza che nelle prove più terribili aiuta l’uomo a vivere pensando al suo domani e a quello dei suoi cari, quella speranza che non credo risieda nelle possibilità degli animali.
Se guardassimo umani e animali con occhi diversi e con maggior empatia capiremmo come nessuno di noi vorrebbe mai dover affrontare certe prove e, per questo, dovremmo impedire di somministrarle agli altri, spacciandole come una necessità.
Senza entrare nelle scelte individuali dobbiamo smettere di non considerare la sofferenza oppure di considerarla come un fatto ineluttabile. I trasporti di animali vivi non sono una necessità, sono una crudeltà inutile e se allevamento ci deve essere che sia fatto con una regola ferrea e inderogabile: la tutela da ogni sofferenza motivata dal profitto.
Per questo devono smettere di viaggiare gli animali, che potrebbero essere abbattuti dove sono allevati e il trasporto potrebbe riguardare solo le carni. La soluzione, prima di arrivare a un modo vegano, realtà possibile ma lontanissima, è quella dei macelli di prossimità: basta con i viaggi, basta con l’aggiunta di sofferenza a sofferenza.
Se non siete convinti provate a rileggere il pensiero del maiale -certo avrebbe meritato una miglior prosa- e spero possa essere sufficiente a trasmettervi la sua angoscia di essere vivente.
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