Il traffico degli uccelli da richiamo non si ferma, non conosce soste nonostante le operazioni di polizia per contrastarlo. Se da una parte la magistratura non consente la riapertura dei roccoli per la cattura degli uccelli, dall’altra prospera il bracconaggio. Guadagni alti, rischi minimi e grande richiesta rendono questo reato appetibile per i ladri di natura.
In una recente operazione il Corpo Forestale della Provincia di Trento. coordinato dalla sostituta procuratrice Maria Colpani, ha compiuto una maxi operazione contro il traffico illecito di avifauna. Pullus Freedom, il nome dell’inchiesta, ha portato a 18 arresti, con oltre 50 persone indagate e 46 perquisizioni.
Con attività investigative messe in atto in diverse regioni, Trentino, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Campania e Toscana. Sono stati sequestrati oltre 20.000 uccelli, vivi e morti, molti dei quali provenivano dalla predazione dei nidi.
I richiami vivi di cattura sono venduti a caro prezzo
I bracconieri depredano i nidi, pur consapevoli dell’alto tasso di mortalità dei pulli, per l’elevato valore che i pulcini possono raggiungere. Basta metter loro un anello inamvibile e gli uccelli diventano legali, come se fossero nati in cattività. In questo modo chi li acquista, in caso di controllo, non avrà problemi. Mentre il bracconiere si sarà arricchito impoverendo l’ambiente.
Il bilancio dell’operazione parla di 20.000 uccelli sequestrati, la maggioranza dei quali morti, ma il danno inflitto al capitale naturale del nostro paese è molto più alto. Per ogni animale trovato in possesso dei criminali moltissimi altri sono stati già venduti, altri sono morti presso i compratori e sono incalcolabili i danni fatti in natura.
La vasta attività di contrasto ha scoperto un traffico illecito incredibile, che rappresenta solo la punta dell’iceberg: un business che svuota i nostri cieli e condanna gli uccelli selvatici a una insopportabile prigionia in gabbie minuscole. Per essere utilizzati come richiami vivi nella caccia da appostamento. La LAC, con tutte le associazioni protezioniste e ambientaliste, chiede da tempo di fermare questa crudele pratica legata al mondo della caccia. Con maggiori controlli e pene più severe.
Catturare uccelli da richiamo è stato vietato sembra proprio in via definitiva. Grazie all’ordinanza del Consiglio di Stato del 12 dicembre 2019, che ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la chiusura dei roccoli presentato dall’ANUU. Sembra impossibile che nel 2019 esista ancora una realtà che si chiami Associazione Nazionale Uccellatori e Uccellinai, però è così.
ANUU, rappresentando gli interessi di chi gli uccelli li cattura(va) e li vende, aveva presentato un ricorso contro la decisione del TAR che aveva evitato la riapertura dei roccoli. Non rendendosi conto di quanto fosse anacronistico cercare di difendere comportamenti vietati e fuori del tempo. Ma si sa che ogni categoria cerca di difendere i propri interessi e di quanti sostengono che possa essere legittimo usare ancora le reti da uccellagione.
Il Consiglio di Stato mette una pietra tombale sulle catture dei richiami vivi
Dopo l’ordinanza del TAR, il parere negativo di ISPRA, la pronuncia contraria della Commissione europea e l’annullamento della delibera regionale da parte del Consiglio dei Ministri i “roccolatori” ed i loro sponsor politici si sarebbero dovuti arrendere.
E invece hanno deciso di percorrere anche la strada del Consiglio di Stato, trovando un’altra porta chiusa e la definitiva bocciatura. Il supremo organo amministrativo ha infatti rigettato il ricorso ritenendolo inammissibile. Le deroghe non possono essere consentite quando esistono alternative, come nel caso dei richiami.
Viene così a cadere definitivamente anche il tentativo di poter far rientrare dalla finestra quanto non si riusciva a far più passare dalla porta. La cattura degli uccelli con le reti era vietata, ma il mondo venatorio e la politica che lo asseconda avevano pensato di poter usare le deroghe. Violando palesemente logica e buon senso.
Non si possono concedere deroghe per agevolare i cacciatori
Per questo motivo il Consiglio di Stato ha ritenuto inammissibile il ricorso. Se i cacciatori vogliono usare i richiami li devono allevare oppure possono usare quelli manuali. Fermo restando, naturalmente, il divieto di usare quelli elettroacustici per esercitare la caccia.
Con questa pronuncia, salvo un improbabile cambiamento della normativa, non vi sono più strade percorribili per cercare di legittimare le reti. Mettendo la parola fine a catture fatte con metodi non selettivi, grazie proprio al tentativo sconsiderato di ANUU. Le associazioni che avevano promosso il ricorso che aveva portato alla bocciatura del TAR esultano.
ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF Italia incassano questa vittoria insperata, proprio in quanto causata dall’arroganza degli avversari. E le motivazioni del Consiglio di Stato non lasciano spazio a futuri ripensamenti:
Il Presidente del Consiglio di Stato, che ha firmato l’ordinanza condannando anche alle spese legali i cacciatori, ha ribadito che le catture degli uccelli con le reti, anche in forma di deroga autorizzata, sono illegali.
Indicando che il concetto di “assenza di soluzioni alternative” alla concessione delle deroghe “non si riferisce a meri inconvenienti o a risultati che non raggiungano il gradimento dei cacciatori, bensì alla vera e propria impossibilità di ricorrere ad alternative, quali appunto l’allevamento o, ben più agevolmente ed auspicabilmente, l’impiego di richiami manuali o a bocca (…)” .
Uccelli da richiamo catturati nei roccoli: la Lombardi riprova ad aprire gli impianti con un progetto della Lega.
Non sono bastati anni e anni di ricorsi, procedure di infrazione e proteste. La Lega è il partito dei cacciatori al Nord e non perde occasione per dimostrarlo.
Così si vogliono riaprire i roccoli, con la scusa che non si possono cancellare 500 anni storia. Ma la caccia con gli uccelli da richiamo catturati nei roccoli non è certo una tradizione da salvare.
La caccia con i richiami vivi, praticata da appostamento, è la forma più impopolare fra le diverse pratiche venatorie, osteggiata duramente anche da alcune componenti del mondo della caccia. Ora questo tipo di pratica è possibile solo utilizzando richiami d’allevamento.
Nonostante questo e il fatto, provato, che molti dei richiami utilizzati non provengano da allevamento ma da illecite catture in natura. Predando i nidi in modo da poter mettere gli anelli di riconoscimento ai piccoli, rendendoli legali, ancora la Lega cerca di ottenere la riapertura dei roccoli.
Il consigliere bergamasco Giovanni Malanchini (Lega) ha presentato un progetto di legge che è stato licenziato con voto favorevole dalla Commissione Agricoltura della Regione e sarà posto al più presto in votazione. Il tentativo è di riaprire con un blitz i roccoli nel periodo migratorio e tenerli aperti sino alla pronuncia del TAR.
In questo modo Regione Lombardia farà l’ennesima forzatura, seguendo un protocollo ampiamente collaudato in decenni di concessioni fatte al mondo venatorio. Autorizzando prelievi e catture con la consapevolezza che ci sono tempi tecnici ineludibili per impugnare queste norme.
Quando il TAR, come è sempre avvenuto, dirà che la decisione è illegale e contraria alle direttive comunitarie il misfatto sarà stato compiuto e per questa beffa nessuno sarà sanzionato. Salvo che la Corte dei Conti, come ha fatto in altre regioni e province italiane, non contesti il danno erariale.
Intanto i piccoli migratori rischiano di trovarsi la strada sbarrata dalle reti e di finire la loro vita in una gabbia, sottoposti a maltrattamenti e tenuti in condizioni che certo non possono assicurare il seppur minimo benessere.
Le sagre degli uccelli sono la rappresentazione pubblica di un’inutile forma di crudeltà e la crudeltà inutile dovrebbe essere vietata per legge: si può disquisire per ore su tutte le tematiche legate ai diritti degli animali, ma su questo assunto sono convinto che tutte le persone pensanti siano d’accordo.
La “sagra degli osei” di Sacile (PN) ha una tradizione secolare, affondando le sue radici nel XII° secolo: questo però non deve essere un lasciapassare per dover perpetuare all’infinito una tradizione oramai insensata, invisa alla maggior parte dell’opinione pubblica e causa di maltrattamento per gli animali.
La prima domenica dopo ferragosto ancora una volta si terrà una delle sagre degli uccelli più conosciute in Italia, quella di Sacile: in realtà la sagra altro non è che una sorta di mercato all’aperto dove vengono messi in mostra e venduti uccelli da richiamo, da compagnia e, spesso, anche animali protetti.
Uccelli catturati illegalmente, che costituiscono da sempre il lato oscuro di questa manifestazione tanto cara agli ambienti venatori. Proprio in questi giorni si discute in Senato, con esiti incerti, la norma che dovrebbe arrivare a vietare l’utilizzo di richiami vivi nell’esercizio della caccia da appostamento, come l’Europa ci richiede da anni: l‘esito della votazione è tutt’altro che certo perché la lobbie della caccia è una realtà potente, capace di condizionare pesantemente le scelte della politica. Questo “potere” è peraltro dimostrato dal susseguirsi di leggi che dovrebbero regolamentare la tutela della nostra fauna selvatica mentre per il 90% si occupano di attività venatoria e per una piccola parte della tutela, spesso inutile per esiguità delle sanzioni, del patrimonio faunistico.
In Italia ammazzare un animale particolarmente protetto, ad esempio un orso, ha come conseguenza un procedimento penale che nella migliore delle ipotesi si concluderà con una multa di 6.000 Euro e sei mesi di reclusione che non verranno mai scontati, con la pena sospesa e, magari, anche con la licenza di caccia ancora in tasca del responsabile. Questo sarebbe inconcepibile in qualsiasi altro paese della vecchia Europa o negli Stati Uniti.
Tornando a Sacile e alla sua sagra secolare sono convinto che una nazione civile debba vietare il commercio ambulante degli animali, causa di mille sofferenze nel trasporto e durante l’esposizione, come altrettanto proibita dovrebbe essere la cattura di uccelli con le reti per usarli poi come richiami vivi. Ci sono maltrattamenti agli animali che potrebbero essere facilmente impediti, specie quando sono causati da una minoranza di soggetti che sono oramai fuori dal tempo, residuo di un passato e di una tradizione che non possono continuare ad essere difese e perpetuate.
Del resto guardiamole da vicino queste fiere, quelle che vengono descritte come “l’occasione di passare del tempo a contatto con la natura“, peccato che in realtà sia una natura violentata ed asservita al più stupido dei sentimenti, il possesso:
Questo video è stato girato da AFVG (Animalisti Friuli Venezia Giulia) alla recente fiera di Arzignano e descrive meglio di mille parole il perché dell’opposizione a queste manifestazioni, dove gli animali son trattati peggio di oggetti e dove si insegna come maltrattarli anziché come rispettarli.
Credo che giustificare tutto questo sia davvero impossibile, non solo per chi difende i diritti degli animali, ma anche per chiunque abbia una sensibilità normale nei confronti della sofferenza, accompagnata dalla minima empatia necessaria verso il creato.
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