Orsi del Trentino, la selezione “innaturale” fra investimenti e morti sospette

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Orsi del Trentino, la selezione “innaturale” causata da investimenti e morti sospette ha assunto da tempo contorni preoccupanti, per numero di orsi rinvenuti cadaveri. Sono ben sette i plantigradi trovati morti nel solo 2023, un numero molto elevato che alimenta non pochi dubbi. Corroborati da poche certezze, anche a causa dello stato di conservazione dei cadaveri rinvenuti che non sempre forniscono dati precisi sulle cause di morte Da più parti si adombra l’ipotesi di atti di bracconaggio, che considerando il clima creato dalla giunta di Maurizio Fugatti risulta più che probabile.

Secondo l’opinione di una parte di tecnici la responsabilità di queste attività illegali “fai da te” sarebbe causata dalla mancata gestione degli orsi. Senza la quale i residenti sarebbero portati a mettere in atto azioni illecite di uccisione degli orsi, quasi fosse una sorta di bracconaggio di necessità. Un’idea incondivisibile in una provincia che nulla ha fatto per cercare di creare un diverso clima, stimolando la coesistenza. Mentre è indiscutibile che sia stata fatta una campagna d’odio, associando la presenza di orsi a un pericolo amplificato per la popolazione. Un comportamento irresponsabile, ma di facile presa, utile soprattutto in vicinanza delle scadenze elettorali.

Un’amministrazione pubblica che stimola con continue comunicazioni irresponsabili la commissione di reati è davvero un pessimo esempio educativo. Non si tratta infatti di mettere in campo azioni di tutela, ma soltanto il voler trovare giustificazioni verso un’inerzia inaccettabile nelle campagne informative. Raccontando che gli orsi presenti sul territorio sono “troppi”, misurati secondo un termometro che ha come scala il gradimento degli elettori. Un leit motiv molto seguito anche dall’attuale governo.

Orsi del Trentino, la selezione “innaturale” stimolata dalla PAT e lo studio di ISPRA sulle rimozioni

Al di là di ogni questione etica sul diritto di contenere gli animali selvatici in modo cruento resta un punto non eludibile: la correttezza del ragionamento. Viene narrata come buona cosa, anzi come azione doverosa, il voler decidere di abbattere gli orsi perché ritenuti pericolosi, secondo un sentir comune stimolato ad arte, capace di originare azioni criminose. Se ogni anno si rimuoveranno un certo numero di animali questo farà si che i cittadini smettano di cercare scorciatoie illegali. Un ragionamento non solo è privo di significato, ma che non viene mai applicato per questioni più serie. Prevenire il crimine conviene solo se altre da noi sono le vittime.

Qualche esempio? Aprendo corridoi per agevolare l’immigrazione legale eviteremmo che si favorisse quella clandestina. Limitando concretamente la velocità dei veicoli potremmo ridurre il numero di morti fra pedoni e ciclisti e, conseguentemente, i reati connessi. Grazie a una più equa distribuzione della ricchezza si eviterebbero tantissimi crimini e pericoli per la società. Tutti principi di cautela giusti e ragionevoli ma inapplicati, specie quando la parte limitata/danneggiata dai provvedimenti rappresenta un elettore.

ISPRA ha appena pubblicato uno studio dal quale risulta che si possano abbattere sino a 8 orsi all’anno senza danni per la popolazione. Esattamente 6 maschi di varie età e 2 femmine in età fertile. Seguendo parametri di non semplice comprensione, ma del resto si sa che gli studi molte volte siano fatti per non essere comprensibili ai più. Concludendo poi che allo stato via sia solo un orso “rimovibilie” (MJ5) in quanto classificato come problematico, ai sensi del PACOBACE. Senza far menzione, almeno apparentemente, dell’incidenza della mortalità “innaturale” dovuta a incidenti e bracconaggio.

Fare scelte intelligenti, come la creazione dei corridoi ecologici, serve a migliorare la coesistenza

La verità è che gli orsi del Trentino non troveranno mai pace sino a quando non cambierà amministrazione, cultura, valorizzazione e informazione sul patrimonio naturale. Inutile illudersi che basti l’abbattimento di qualche orso per risolvere. Sarebbe come sostenere che l’uccisione del 10% della popolazione dei calabroni trentini ridurrebbe in modo significativo la probabilità di morti nella popolazione per shock anafilattico. Quindi a poco servono anche gli equilibrismi messi in atto da ISPRA, nel sottile meccanismo, molto politico e poco tecnico, del dire e del non dire.

Dall’analisi critica e dalla integrazione dei modelli e delle simulazioni condotte, è quindi possibile concludere che, al fine di non incidere in maniera negativa (i.e., non determinare un’inversione di trend) sulla traiettoria della popolazione, è possibile ipotizzare la rimozione di un
numero massimo di 2 femmine riproduttive all’anno, nell’ambito di un prelievo complessivo di massimo 8 capi (e.g., in totale, 4 subadulti equamente distribuiti tra maschi e femmine, 2 maschi adulti e 2 femmine riproduttive). (…)

L’eventuale scelta di operare prelievi sopra tale soglia, con l’obiettivo quindi di determinare un trend negativo della popolazione anche intervenendo su individui non problematici, richiede a parere di ISPRA valutazioni di carattere non strettamente biologico e onservazionistico che non si ritiene diaffrontare in questa sede.

ISPRA – LA POPOLAZIONE DI ORSI DEL TRENTINO: ANALISI DEMOGRAFICA A SUPPORTO DELLA VALUTAZIONE DELLE POSSIBILI OPZIONI GESTIONALI – MAGGIO 2023

In Trentino occorrono corridoi ecologici che consentano alla fauna di spostarsi, attraversando in sicurezza il reticolo delle infrastrutture che ostacolano la loro libera circolazione. Serve una politica di informazione dei residenti che sottragga al mito della pericolosità per gli uomini la categoria dei predatori. Che pubblicizzi tabelle sulle percentuali corrette di rischio morte per gli uomini, includendo anche quelle sostanze chimiche usate con tanta generosità sui meleti e nei vigneti del Trentino Alto Adige. Perché alla fine il vero pericolo per gli uomini non sono i predatori, ma soltanto quello di restare sudditi dell’ignoranza, grazie alla paura indotta dalla leggenda di avere sempre il nemico alle porte.

Investì l’orso Juan Carrito causandone la morte: prosciolto dall’Autorità Giudiziaria nonostante i social

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Una delle tante scorribande a Roccaraso di Juan Carrito

Investì l’orso Juan Carrito causandone la morte nello scorso mese di gennaio, un evento che parve subito accidentale non attribuibile al comportamento del guidatore del veicolo. Come risulta dalle attività dei Carabinieri e delle Guardie del parco intervenute sul posto: il conducente non avrebbe potuto evitare Carrito. L’orso infatti è saltato improvvisamente sulla carreggiata, da un muretto che costeggia la statale. Un tratto di strada più famigerato che famoso, visto che sono stati diverse le collisioni con altri orsi, due delle quali mortali.

Carrito è morto per un incidente stradale lungo un’arteria, la SS 17, che prima di lui, negli ultimi anni, aveva già ucciso altri 2 orsi nel tratto tra Castel Di Sangro e Roccaraso e aveva registrato l’investimento, per fortuna senza conseguenze di altri 2 individui. Nessuno di quegli orsi aveva il comportamento confidente di Carrito. A dimostrazione che Carrito non è morto perché era Carrito, ma perché, come tutti gli altri orsi era libero di muoversi sul territorio”.

Tratto dal sito del PNALM

L’investitore, Luciano Grossi, di Castel di Sangro, la tragica notte dell’investimento ha subito avvisato i Carabinieri, un comportamento purtroppo non così comune. Questo però non è bastato ad evitargli insulti sui social e denunce, da quanti non perdono occasione per cercare un momento di notorietà. Così la perdita dell’orso più famoso d’Italia ha dato il via a ogni sorta di polemica con attacchi a 360°, senza risparmiare alcuno. Dall’investitore al Parco d’Abruzzo, che secondo molti non aveva fatto a sufficienza per proteggere Juan Carrito in un crescendo di accuse decisamente senza senso. Questo non vuol dire che non possano esserci stati errori, è inevitabile, ma certo non per trascuratezza.

Investì l’orso Juan Carrito causandone la morte, ora che è stato prosciolto denuncia chi lo aveva accusato

Luciano Grossi, prosciolto dopo l’inchiesta dei Carabinieri intervenuti all’atto dell’incidente, ha dato mandato al suo avvocato di querelare quanti lo avevano insultato sui social. Ma anche contro chi, come l’associazione Stop Animals Crimes, lo aveva accusato di aver cambiato troppe volte versione dei fatti, ritenendolo responsabile della morte di Carrito. Un evento che ha addolorato tutti -oramai Carrito era diventato una sorta di “amico selvatico” per tanti di noi- colpiti ma purtroppo non stupiti dai suoi comportamenti. Causati dall’uomo per azioni, come lasciargli il cibo, o per omissioni, come non mettere in sicurezza i rifiuti. Una morte che non doveva essere usata per far partire il consueto circo mediatico di insulti basati spesso sulla più completa ignoranza sull’accaduto.

Ho scritto spesso su questo blog e sui giornali le azioni di Carrito, ho cercato di raccontare, come molti altri, come gestione dei rifiuti e comportamento delle persone fossero la causa delle sue azioni. Un orso può nascere curioso, più intraprendente di altri, può anche avere un’intelligenza particolare, come può accadere a un umano, ma se diventa confidente la colpa è solo della nostra specie, dei nostri comportamenti. Gli animali selvatici non vanno fatti diventare fenomeni da baraccone, devono avere paura dell’uomo se vogliono sopravvivere, e devono stare lontano dai nostri insediamenti. Chi dice il contrario giustifica comportamenti che possono soddisfare il proprio ego, potendo però anche condannare a morte un animale.

Fra le tante cose scritte e dette in quei giorni, pro e contro il Parco, responsabile secondo i detrattori di non aver fatto quanto era possibile e di aver alterato la verità dei fatti, una considerazione è mancata del tutto. Certo è sempre più facile accusare che difendere, anche perché le accuse, anche le più stupide, sono sempre più condivise dei pacati ragionamenti. Quello che non ho letto è legato al sostantivo “coraggio”, alla determinazione di far restare Carrito un orso libero. Di non far fare a questo giovane orso marsicano la fine di M49, l’orso trentino rinchiuso da anni, in pochi metri quadrati, nel centro di detenzione di Casteller.

Carrito è morto da orso libero, quello per cui ci siamo battuti strenuamente fin da quando aveva iniziato a manifestare i suoi comportamenti sopra le righe nella Valle del Giovenco poco dopo essersi separato dal suo nucleo familiare con mamma Amarena e i suoi 3 fratelli. Un piccolo ma importante inciso per tutti coloro che in queste ore si sono affannati a spargere notizie false. Amarena, la mamma di Carrito, è viva e vegeta. 

Tratto dal sito del PNALM nei giorni appena successivi alla morte di Juan Carrito

Se Juan Carrito è morto da orso libero questo lo si deve alle scelte fatte dal Parco d’Abruzzo

Può essere che il PNALM abbia fatto degli errori nella gestione del problema Carrito. Ma anche molte cose importanti come, per esempio, grazie alle sinergie con l’associazione Salviamo l’Orso la messa in sicurezza di molti tratti della SS17. La strada della morte, anche se fuori dai confini del parco, ora è un po’ più sicura per gli animali. Ma non è per questo che parlavo di coraggio. La scelta coraggiosa è stata quella di difendere ostinatamente e con ogni mezzo la libertà di Carrito. Rifiutando la scorciatoia più facile costituita dal rinchiudere quest’orso, dal sollevarsi dalla responsabilità che l’orso, confidente e problematico, potesse causare la morte di una persona.

Con tutte le inevitabili conseguenze di natura penale, amministrativa e erariale che sarebbero potute ricadere sulla testa di Giovanni Cannata, presidente del PNALM e del direttore del parco Luciano Sammarone. Se Carrito è morto da orso libero questo fatto deve essere riconosciuto come un merito loro, unitamente alla tolleranza che da sempre gli abitanti di quei luoghi hanno sempre avuto nei confronti della fauna. Ma ricordo di aver letto pochi apprezzamenti e riconoscimenti e molte critiche, senza meriti per aver operato scelte non facili per un amministratore pubblico.

Con i tempi che corrono per la difesa della fauna occorrono persone di coraggio e di principi, capaci di non svendere alla politica la conservazione del nostro patrimonio naturale. Per questo è importante fare informazione di qualità, senza tener conto di quanto questa possa piacere ai tuttologi dei social, agli odiatori di professione. Le opinioni possono divergere, ma il dibattito deve sempre restare civile, senza dimenticare l’obiettivo primario: la difesa del capitale naturale.

Animali a rischio investimento sulle strade: se ne parla tanto ma si fa troppo poco

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Animali a rischio investimento sulle strade: se ne parla tanto ma si fa troppo poco per mettere in sicurezza le nostre strade. Dopo la morte dell’orso Juan Carrito, investito e ucciso da un auto in Abruzzo, il tema torna prepotentemente alla ribalta. Ma l’esperienza insegna come su questo argomento i riflettori restino accesi per poco tempo, senza riuscire a far mettere in atto le azioni necessarie per prevenire queste collisioni, che hanno quasi sempre esito fatale per gli animali e spesso anche per le persone.

Il nostro paese è molto arretrato, rispetto a altre realtà europee, nell’adozione di provvedimenti concreti per tutelare gli animali selvatici. Costretti ad attraversare le nostre infrastrutture come strade, autostrade e binari ferroviari mettendo a repentaglio la sicurezza dei conducenti e la loro vita, per mancanza di adeguati corridoi ecologici. Una strage silenziosa sulla quale esistono pochi dati: se non si verificano collisioni importanti auto/animale i continui investimenti non fanno notizia. Specie quando riguardano animali di piccola taglia come volpi, tassi, ricci, faine o altri animali di taglia medio piccola.

Eppure queste collisioni sottraggono al nostro patrimonio naturalistico un numero consistente di animali, un’impressione non corroborata da dati certi, ma dai cadaveri di animali che si osservano percorrendo molte strade. Per evitare questi incidenti esistono soluzioni immediate, come una drastica riduzione della velocità quando si attraversano aree naturalistiche, specie nelle ore notturne, e la creazione di attraversamenti sicuri. La riduzione della velocità non può essere lasciata alla scelta del singolo automobilista, che spesso ignora i cartelli di pericolo, ma può essere ottenuta con controlli automatici della velocità. I proventi di queste sanzioni potrebbero essere destinati alla messa in sicurezza delle strade mediante la creazione di attraversamenti sicuri.

Animali a rischio investimento sulle strade: servono più controlli automatizzati

L’assenza di strutture per l’attraversamento sicuro delle strade da parte degli animali è un problema serio e non soltanto per garantire la sicurezza della circolazione. Le barriere, spesso invalicabili, costituite dalle nostre reti viarie rappresentano ostacoli fisici che impediscono il libero spostamento degli animali sul territorio. Con conseguenze che impattano anche sulla loro distribuzione e sulla tutela della biodiversità, così importante per mantenere l’ambiente in equilibrio.

La morte dell’orso Juan Carrito ha privato la popolazione degli orsi marsicani, che è di circa una settantina di esemplari, di un giovane maschio che non aveva ancora raggiunto la maturità sessuale. Un danno importante quando colpisce una popolazione così piccola, di una sottospecie unica che vive in un areale molto piccolo. Ma sulla stessa statale dove è stato investito Carrito negli anni precedenti erano stati investiti e uccisi già tre orsi, mentre altri due erano rimasti soltanto feriti e qualche giorno fa è stato investito un lupo.

Una situazione di pericolo che ha costretto il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con l’aiuto dell’associazione Salviamo l’orso, a fare interventi per la messa in sicurezza di quel tratto stradale. Pur non avendo una competenza diretta ma con il solo intento di evitare altre morti in un tratto di strada molto pericoloso. Purtroppo il giovane Juan Carrito, sempre in cerca di nuovi percorsi, ha superato le reti arrampicandosi per poi balzare sulla carreggiata, un comportamento con conseguenze fatali. Del resto gli animali sono imprevedibili e i mezzi di dissuasione, seppur indispensabili, non possono fornire certezze assolute. Mentre la riduzione della velocità resta sempre la miglior prevenzione contro gli incidenti.

Tutte le nuove infrastrutture devono prevedere corridoi per garantire attraversamenti sicuri agli animali selvatici

Occorre che sul tema delle collisioni con la fauna e sulla necessità di creare corridoi che consentano agli animali selvatici attraversamenti sicuri si passi dalla teorizzazione alla concretizzazione. Mettendo in campo normative e risorse che consentano di tradurre in realtà i mille impegni sempre annunciati e mai attuati. L’amministrazione pubblica deve concentrare i suoi sforzi futuri in massima parte sulle attività di tutela ambientale e per il contrasto al cambiamento climatico. Magari sottraendo risorse a quella gestione venatoria della fauna che ha portato zero risultati sotto il profilo pratico.

Sarebbe bello fra qualche tempo poter affermare che la morte di Juan Carrito, che tanto ha colpito l’opinione pubblica, abbia fatto da spartiacque, facendo diventare concreta l’attenzione sulla sicurezza degli animali selvatici. In questo un grande aiuto lo possono fornire i cittadini, rallentando la velocità quando si percorrono strade che attraversano ambienti naturali e evitando di fornire cibo, anche involontariamente, ai selvatici. Per evitare di condizionarli e renderli così confidenti, mettendoli in pericolo e facendo perder loro il timore nei nostri confronti, che è invece indispensabile per la loro salvezza.

Orsi detenuti a Casteller: arrivano Le Iene e realizzano un lungo servizio, ma succederà qualcosa?

Orsi detenuti a Casteller

Gli orsi detenuti a Casteller in condizioni di maltrattamento sono al centro di un servizio de Le Iene che racconta una realtà nota ma incredibile. Paragonandola con quanto avviene nel Parco d’Abruzzo Lazio e Molise, dove non sono stati registrati incidenti e non risultano catturati o abbattuti orsi. Sono tante, invece, le cose che non hanno funzionato nella realizzazione del progetto di reintroduzione. Che ha coinvolto amministratori di differenti colori politici nel corso di svariati anni. Pare che nessuno le voglia risolvere, sperando in un oblio che non scenderà mai. Grazie anche a servizi come quello realizzato dal noto programma televisivo e all’impegno di molti attivisti.

Cani falchi tigri e trafficanti

Dal punto di vista politico la gestione di questo progetto è stata un fallimento. Per non aver assolto agli impegni presi in materia di formazione e divulgazione e per non avere mai creato quei corridoi faunistici che avrebbero consentito la dispersione degli animali. In questo modo la popolazione trentina degli orsi, che doveva ripopolare l’intero arco alpino, secondo le previsioni del LIFE, è rimasta imprigionata. Un problema che in futuro potrà solo ingigantirsi, con le prevedibili conseguenze visto che già si parla di abbattimenti, come alternativa alla captivazione.

Ma guardate il video del servizio de Le Iene postato sulla pagina Facebook del gruppo “Convivere con orsi e lupi si può?”

L’amministrazione sta spendendo più soldi pubblici per tenere gli orsi detenuti a Casteller che per rifondere i danni causati

In questa situazione paradossale, in cui il costante maltrattamento subito dagli animali sembra non avere conseguenze. la PAT sta spendendo molti soldi per la Guantanamo degli orsi. Ben più di quelli impegnati per la rifusione dei danni agli allevatori che hanno subito qualche danneggiamento o predazione. Nonostante servizi sui giornali di tutta Europa, interventi di associazioni e inchieste televisive le certezze al momento sono solo due: la Provincia non arretra e la Procura non avanza.

Uniche notizie di rilievo sono le offerte di luoghi alternativi dove custodire gli orsi imprigionati a Casteller. Su questo fronte si è mossa anche l’associazione presieduta da Brigitte Bardot che ha dato la sua disponibilità a trasferire gli animali in un centro al di fuori dei confini nazionali. Proposte sulla quali l’amministrazione provinciale si è dimostrata possibilista, ma che non piacciono al fronte che vorrebbe vedere tornare liberi almeno gli orsi di più recente cattura.

La realtà è che la cattività per un orso è sempre una condizione afflittiva, in quanto questi animali sono abituati a occupare territori molto vasti. Arrivando a percorrere anche 40 chilometri in una sola notte. Per questo i centri, che potrebbero essere visti positivamente per orsi abituati alla cattività, provenendo magari da circhi e zoo, vengono invece osteggiati dalla maggioranza delle associazioni. Che non li ritengono idonei a garantire il benessere dei plantigradi.

Ci sono purtroppo poche possibilità che gli orsi possano tornare liberi e questa è una realtà da affrontare

Mai dire mai, sostiene qualcuno, ma liberazione di M49 e M57 pare, allo stato delle cose, decisamente improbabile. Salvo che non ci sia un imprevisto quanto improbabile intervento della magistratura, che renda improvvisamente percorribile questa strada. Ma le previsioni fosche purtroppo non si possono limitare soltanto ai tre prigionieri del centro di Casteller, perché con la primavera alle porte gli orsi riprenderanno il loro vagare. Terminato il letargo anche la loro vita riprende e le orse avranno con loro i nuovi cuccioli. Verso i quali si dimostrano molto protettive come tutte le femmine di orso, temendo aggressioni dai maschi.

Cosa succederà ancora e quale sarà questa volta la reazione della Provincia in caso di incontri troppo ravvicinati? Maurizio Fugatti e Giulia Zanotelli hanno già messo nero su bianco che gli orsi problematici potranno anche essere uccisi. Una scelta che potrebbe diventare prioritaria, considerando che l’attuale centro di detenzione non ha certamente posti liberi. Scelta che potrebbe essere adottata anche per calcolo politico: gli amministratori potrebbero decidere che la decisione di abbattere un orso possa causare minori danni, rispetto allo stillicidio di proteste che sta causando la loro prigionia.

Sarebbe necessario, invece, attuare le condizioni previste dal progetto LIFE e pensare a come realizzare rapidamente i corridoi faunistici, che consentirebbero la dispersione degli orsi su un territorio più vasto. Altra priorità non rinviabile è quella della collocazione ovunque dei cassonetti anti orso per i rifiuti. Per impedire che la loro cattiva gestione diventi un’attrattiva per gli animali e incrementi il rischio di incontri indesiderati con gli umani. Attività queste che la PAT non ha mai realizzato in precedenza, rendendosi non solo inadempiente rispetto al progetto, ma anche responsabile moralmente, e non solo, dei possibili eventi dannosi.

I corridoi faunistici sono indispensabili per consentire spostamenti sicuri di animali e uomini

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Immagine di Pro Natura CH

I corridoi faunistici sono indispensabili per garantire agli animali di spostarsi in sicurezza, senza rischiare di essere investiti. Nel contempo garantiscono di evitare incidenti durante la circolazione stradale, diminuendo drasticamente gli incidenti causati dalla fauna sulle strade. Che rappresentano per gli animali barriere insormontabili. Dividendo i territori per decine e anche per centinaia di chilometri. Impedendo di fatto il libero vagare e la dispersione degli animali.

cani falchi tigri e trafficanti

Un problema che in altri paesi è stato affrontato, ma anche spesso risolto, con un costo davvero irrisorio se paragonato a quello causato dagli incidenti. La mancanza di attraversamenti sicuri infatti è la principale causa di impatto con i veicoli. Con tutto il corollario di costi, in termini economici e di vite, che questi eventi causano. Senza dimenticare il grande danno in termine di biodiversità. In Italia si potrebbe dire che si è studiato molto, ma si è fatto ancora troppo poco. Questa purtroppo è una peculiarità del nostro paese che ha sempre investito troppo poco sui temi ambientali.

Nel 2008 ISPRA ha pubblicato un lungo studio sull’importanza di creare corridoi che consentano il libero vagare della fauna. Sono più 300 pagine ricche di dati, non ultimi anche se datati, quelli relativi al numero di incidenti. Indicati per difetto in quanto riguardano gli animali di grossa taglia. Quest’estate in Abruzzo un orsa con i cuccioli, solo per fare un esempio, si è infilata in una galleria stradale, non riuscendo a trovare un’uscita “naturale”.

Lo studio sui corridoi faunistici e la loro importanza è stato applicato poche volte in Italia

La realizzazione di questi corridoi dovrebbe essere ritenuta una priorità su ogni nuova infrastruttura messa in cantiere. Mentre, anche nell’ottica della creazione di nuovi posti di lavoro, risparmio in termini economici e di vite, bisognerebbe ammodernare senza ritardo l’esistente. Per evitare che gli animali restino imprigionati fra arterie stradali e ferroviarie, creando in questo modo anche conflitti con le comunità locali. Se gli animali non riescono a andare in dispersione rischiano di crescere numericamente, dovendo così dividersi territori e risorse limitate.

La dispersione degli animali sui territori è un fattore molto importante per la conservazione di una specie. Sia sotto il profilo della variabilità genetica che per evitare un’inutile perdita di biodiversità. Causata da un elevato numero di morti traumatiche. Strade, autostrade e ferrovia diventano fattori non solo limitanti ma rappresentano, secondo lo studio condotto da ISPRA, un problema serio che andrebbe affrontato e risolto.

Gli studi esistono ma è prioritario applicarli

Gli studi sulla mortalità stradale di fauna selvatica (“road mortality”) condotti in tutti i continenti hanno prodotto risultati allarmanti, mostrando perdite elevate per molte specie. In Europa vengono stimati dai 10 ai 100 milioni tra uccelli e mammiferi travolti ogni anno sulle strade. Secondo una nuova procedura di calcolo elaborata in Svezia, per ogni 10.000 km percorsi da un veicolo si produrrebbe l’uccisione di un uccello. Per un anfibio la probabilità di restare ucciso su una strada con un flusso di 500 veicoli/ora è del 18% e per un micromammifero del 10%. La mortalità stradale incide sull‟1-4% delle popolazioni di specie comuni, ma può arrivare al 40% nelle specie più sensibili.
In ciascuna provincia italiana si stimano oltre 15.000 animali travolti ogni anno, e la tendenza generale va verso l’aumento, alla luce dell’espansione della rete stradale e dell’incremento dei volumi di traffico.

Tratto dallo studio “Tutela della connettività ecologica del territorio e infrastrutture lineari” di ISPRA

La frammentazione del territorio crea delle isole, dalle quali gli animali possono uscire solo con grandi difficoltà

Le specie selvatiche ovviamente non sono in grado di capire i confini artificiali rappresentati dai tracciati viari. Strade, autostrade, ferrovie ma anche i canali artificiali per loro rappresentano solo barriere. Che devono essere aggirate o attraversate. Per un animale infatti l’obiettivo è quello di raggiungere nuovi territori che significano disponibilità alimentari. Ma anche luoghi che offrono possibilità di stabilirsi e riprodursi. Un fatto che può diventare un miraggio, a causa del reticolo di infrastrutture che il più delle volte rendono molto difficile il passaggio.

Le strade extraurbane sono costellate di cadaveri di animali: dalla microfauna come i rospi, che vengono schiacciati a migliaia nel periodo degli amori, alle specie più grandi. Come ricci, volpi, tassi per arrivare a cinghiali, lupi, cervi e anche orsi, Ma solo gli animali di grandi dimensioni, se investiti, entrano nelle statistiche. Considerando che le collisioni provocano danni materiali e spesso feriti.

Le morti dei piccoli animali non vengono rilevate, mentre diventano un richiamo alimentare per altre specie. Che a loro volta rischiano di rimanere uccise dai veicoli, specie nelle ore notturne. I cadaveri raramente vengono rimossi dal manto stradale con rapidità e possono restare sulle strade per giorni. Animali che rischiano di diventare pericolose esche per altri e che non saranno mai presenti nei censimenti. Pur rappresentando la stragrande maggioranza delle morti per collisione.

Una delle priorità per limitare la perdita di biodiversità causata da motivazione antropiche è quella quindi di mettere in sicurezza le infrastrutture. Un tema che dovrebbe stare a cuore sia chi si occupa di sicurezza della circolazione, sia a quanti tutelano il nostro capitale naturale.

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