Impariamo a guardare il mondo con occhi diversi, per capire l’importanza di un meraviglioso equilibrio

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Impariamo a guardare il mondo con occhi diversi, per capire che la felicità non potrà mai essere raggiunta soddisfacendo solo i nostri bisogni. Mentre noi stiamo ancora valutando se sia giusto inserire i diritti degli animali in Costituzione, in altri paesi è stato già sancito proprio il diritto alla felicità. Una scelta che può sembrare un sogno, un’utopia irraggiungibile, perché in fondo la felicità spesso dura un battito d’ali e sembra un bene effimero. Eppure se noi dessimo un valore prioritario alla felicità, ne comprendessimo essenza ed importanza, saremmo in grado di giudicare l’insopportabile peso della sofferenza, dell’oppressione.

Cani falchi tigri e trafficanti

Abbiamo creato una società che ha barattato la felicità, patrimonio collettivo, con il benessere economico individuale, condizione che non passa necessariamente attraverso la condivisione. Questo cambiamento di focus ci ha portato a un mondo fatto di padroni e schiavi, dove qualcuno possiede davvero troppo e altri nulla. Dove gli animali, quelli che già diversi anni fa abbiamo definito come esseri senzienti, spesso non hanno diritto neppure a una sopravvivenza dignitosa. Al pari di molti uomini costretti a vite miserabili e privati della dignità.

Questo è il grande baratro che separa il benessere economico dalla felicità. Questo non significa voler vivere in un mondo ideale, privo di violenza o di sofferenza, considerando che la vita sul pianeta sarà sempre basata sull’equilibrio fra predatori e prede. Ma non è questo che determina l’iniquità, che promuove maltrattamenti e sofferenze. Siamo noi uomini che abbiamo alterato un equilibrio perfetto ed egualitario, dove ogni essere vivente svolge il ruolo che l’evoluzione gli ha assegnato. Da quando il denaro è divenuto il valore supremo, quello in grado di determinare potere e ruolo, la società si è trasformata, andando in una direzione sempre meno collettiva.

Se impariamo a guardare il mondo con occhi diversi riusciamo a comprendere la grande importanza del diritto alla felicità

Se accettassimo che la vita sul nostro pianeta è basata su cooperazione e coabitazione vedremmo le cose in modo molto diverso. Dove equilibrio non significa compromesso ma rispetto, consapevolezza dell’importanza di ogni essere vivente e comprensione del valore della sua esistenza. Ogni abitante del pianeta diviene importante per la nostra sopravvivenza e la comune soddisfazione dei bisogni diventa la garanzia per il futuro. Per poter avere un futuro come specie umana, quella che ha sovvertito in un tempo molto, troppo breve ogni regola, credendo di poter avere da questo molti vantaggi. Incapace però di vedere e valutare le conseguenze, quelle che potremmo comprendere attraverso la teoria dell’effetto farfalla.

Il termine effetto farfalla è stato introdotto dal matematico e meteorologo Edward Lorenz nel titolo di un suo articolo del 1972: “Predictability: does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas?”, nel quale il battito delle ali della farfalla in Brasile è rappresentativo di un qualsivoglia piccolo cambiamento nelle condizioni iniziali del sistema che conduce a conseguenze su scale più grandi.

Definizione tratta dall’Enciclopedia della Scienza e della Tecnica edita da Treccani

Questa scarsa considerazione dei rapporti e della necessità di mantenere equilibri ha fatto si che, nell’ultimo secolo, si andasse oltre il limite, creando le condizioni per devastazioni senza precedenti. Comportamenti e scelte che ci hanno portato verso la sesta estinzione di massa, dando vita a quell’era definita dagli scienziati Antropocene. Temporalmente soltanto un momento rispetto ai milioni di anni del pianeta, ma capace di imprimere un’energia distruttiva devastante. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi: cambiamenti climatici, consumo di suolo e deforestazione, inizio di fenomeni migratori imponenti e estinzione di molte specie.

Questo è il momento del cambiamento, il tempo delle attese è finito e servono azioni concrete e urgenti

Ognuno di noi può fare molto: le scelte individuali sono in grado di imprimere una forza collettiva che non deve essere trascurata. Non è tempo di demandare tutto solo ai governi e alla politica, occorrono anche le nostre azioni. Basate sulla comprensione della necessità di ridurre consumi, di condividere il pianeta e di lottare per una maggior equità climatica e delle condizioni di vita. Tassando i grandi patrimoni posseduti da un manipolo di persone, quelle che gestiscono le scelte economiche mondiali, per riuscire a garantire maggiore equità nella distribuzione delle risorse. Una realtà emersa in tutta la sua durezza durante questi tempi di pandemia.

Occorre arrivare a stabilire zone di protezione su almeno un terzo della superficie del pianeta, abbandonando per sempre le energie fossili, riducendo i consumi di proteine animali. Occorre chiudere gli allevamenti intensivi e recuperare forme di agricoltura più rispettose della biodiversità. Un impegno gravoso, probabilmente il più grande mai conosciuto nella storia dell’uomo, che però rappresenta l’unica via possibile. Da una decrescita dolce e dalla condivisione delle risorse dipende il nostro futuro. Prima che siano i cambiamenti climatici a scegliere per noi, perché questa sarebbe una condizione che ci allontanerebbe, probabilmente per sempre, dal diritto alla felicità.

La mancanza di azioni concrete porterà a un irreparabile scioglimento dei ghiacci e a un innalzamento dei mari. Una realtà che porterebbe milioni e milioni di persone a mettersi in movimento dalle zone costiere per poter sopravvivere. Uno scenario concreto e reale che dovrebbe essere visto come apocalittico. Se già oggi risulta complesso gestire fenomeni migratori a bassa intensità, come quelli attuali, non è difficile poter immaginare cosa accadrebbe se si muovessero, in contemporanea, le popolazioni che vivono vicino alle rive dei mari.

I valori del futuro dovranno essere rispetto e convivenza

Occorre cambiare le logiche, investendo molto sulla promozione della cultura della convivenza. Diffondendo la convinzione che non si possa continuare a gestire l’ambiente con l’idea illusoria che sia possibile piegarlo ai nostri bisogni. L’equilibrio si basa sulla presenza di orsi e lupi, di cervi e cinghiali e di milioni di altre creature grandi e piccole. Con poche basi scientifiche ma con infinita saggezza lo avevano già capito i nativi americani, che abbiamo sterminato con arrogante determinazione. Eppure già alla fine dell’ottocento agli indiani d’America erano chiari molti concetti che oggi sono alla base della moderna ecologia. Questo è stato possibile perché i pellerossa sapevano osservare la natura, senza considerarla una proprietà esclusiva.

Un futuro a colori per i giovani passa da un diverso rapporto con gli animali e l’ambiente

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Un futuro a colori per i giovani passa da un diverso rapporto con gli animali e l’ambiente, dalla consapevolezza di dover trovare un punto di equilibrio. Occorre la volontà, politica e sociale, di affrontare un cambiamento radicale, che porti a una nuova visione dove il centro si la sostenibilità. Esiste un solo perno ragionevole sul quale può girare il futuro delle nuove generazioni e questo significa cambiare radicalmente il modello di sviluppo. Considerando che il modello attuale ha dimostrato, e non solo durante la pandemia, il suo completo fallimento.

Quando gli uomini sono passati da cacciatori/raccoglitori a agricoltori hanno avuto più tempo a disposizione, non dovendo passare la vita nella costante ricerca del cibo. Così si sono create le aggregazioni umane e il maggior tempo si è però spesso tradotto in una maggior ricerca di potere e ricchezza. Questa temporalmente breve trasformazione della società umana ha portato a dare sempre più valore al potere economico e sempre meno al tempo e alle esigenze degli esseri viventi.

In questo modo la società umana si è fatta avviluppare dal potere economico. Dovendolo semplificare in una visualizzazione l’economia è come un grasso ragno e la maggioranza degli uomini sono le mosche. Ma il ragno è come il cavallo di Troia: al suo interno nasconde un infinitesimo della popolazione mondiale, che detiene le ricchezze del nostro pianeta, cibandosi di uomini e ambiente per produrre denaro e potere. Impedendo o rallentando ogni trasformazione che non sia utile al progetto della sua sopravvivenza.

Il diritto alla felicità delle giovani generazioni non è garantito dall’attuale rapporto con animali e ambiente

Per produrre ricchezza stiamo divorando l’ambiente come se fosse un hamburger, mangiando diritti, risorse e futuro senza porci troppe domande. Senza pretendere che la politica ribalti questo paradosso, rimettendo al centro le persone, i diritti degli esseri viventi e uno sfruttamento delle risorse funzionale e sostenibile. Una costruzione certo molto diversa, sicuramente non impossibile, quasi a portata di mano.

Le scelte energetiche saranno una delle prime basi di una rivoluzione verde, un pilastro della sostenibilità. Allontanandoci dal carbone e dal petrolio e avvicinandoci sempre più a quelle fonti che ci derivano dalla natura: sole, vento, acqua e biomasse. Un modello di sviluppo possibile, già oggetto di studi avanzati e di dimostrazioni concrete. Come ha illustrato un servizio della trasmissione Report.

Gli allevamenti intensivi devono essere visti come realtà che producono sofferenza, inquinamento e che sottraggono risorse alimentari alla popolazione umana. Dobbiamo capire che la salute e la difesa dell’equilibrio ambientale deve portare a mutamenti radicali, anche nei consumi alimentari. Per essere in grado di garantire cibo a tutti senza dover continuare a divorare natura, ambiente e biodiversità. Arrestando il consumo di suolo.

La mancata visione della politica, le continue divisioni, la presenza di troppi politicanti e di pochi statisti è un ostacolo alla green economy

Ritornando al ragno, che in realtà è un cavallo di Troia, non deve trovare nella classe politica l’arma per portare avanti le sue strategie. E i cittadini, se vogliono essere protagonisti del cambiamento, devono capire che le continue divisioni, le troppe improvvisazioni e le molte convenienze sono come un virus. Pericolose e mortali quanto la peggior pandemia. Che hanno avvelenato il mondo, rischiando di farlo implodere per eccesso di dipendenza dall’economia e poca attenzione ai bisogni della collettività.

Per essere ottimisti sul futuro abbiamo bisogno di vedere più impegno, più attivismo. Vogliamo una rivoluzione, pacifica e colorata, capace di scardinare dalle fondamenta un modello sociale in cui sempre di più le persone non si riconoscono. Bisogna impedire di essere tenuti sotto scacco dalla paura della disfatta: l’economia sostenibile distribuisce ricchezze, riconosce diritti, arricchisce le anime e le persone.

Certo non garantirebbe lunga vita a quel cavallo di Troia del ragno.

A dieci anni dall’inizio della crisi finanziaria i miliardari sono più ricchi che mai e la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani. L’anno scorso soltanto 26 individui possedevano la ricchezza di 3,8 miliardi di persone, la metà più povera della popolazione mondiale. Nel 2017 queste fortune erano concentrate nelle mani di 46 individui e nel 2016 nelle tasche di 61 miliardari. Il trend è netto e sembra inarrestabile. Una situazione che tocca soltanto i paesi in via di sviluppo? No, perché anche in Italia la tendenza all’aumento della concentrazione delle ricchezze è chiara.

Da un articolo del Sole24ore del 21/01/2019 di Angelo Mincuzzi

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