Se gli orsi diventano confidenti la colpa è dell’uomo e questo comportamento è in gran parte causato dalle risorse alimentari. Gli animali selvatici, istintivamente, sono portati a buona ragione a diffidare della nostra specie, sino a quando non rappresentiamo un’opportunità piuttosto che un pericolo. Nel preciso momento in cui noi mettiamo a disposizione cibo per gli animali selvatici iniziamo a posare il primo mattoncino del condizionamento. Che causa con il tempo una crescente minor diffidenza nei confronti dell’uomo e dei suoi insediamenti.
L’alterazione del comportamento può portare i selvatici ad avvicinarsi sempre di più, fino a ritenere fattorie e paesi come luoghi frequentabili, dove poter trovare risorse alimentari. In questo modo gli errori di gestione dei rifiuti, l’abbandono degli animali morti nei pressi degli allevamenti e il pascolo libero senza controllo diventano le prime fonti di guai. Attirando i predatori, come orsi e lupi, salvo poi lamentarsi per i problemi generati da questa indesiderata vicinanza. Ma non è soltanto il cibo a creare occasioni di scontri con gli umani, ma anche l’invasione dei territori dei selvatici.
Un esempio di scuola di questo percorso di abituazione è la storia degli orsi del Trentino. Reintrodotti nel 1996 dalla Slovenia grazie al famoso progetto LIFE Ursus, finanziato dall’Europa, sono stati liberati i primi orsi. In un territorio fortemente antropizzato, sfruttato per agricoltura e infrastrutture turistiche, parcellizzato dalle infrastrutture umane che non hanno agevolato gli spostamenti. Un progetto di sicuro interesse, che mirava al ripopolamento degli orsi in tutto l’arco alpino. Divenendo in breve uno dei problemi locali più spinosi nel conflitti quotidiani fra popolazione locale e grandi carnivori.
Quando gli orsi diventano confidenti colpa degli uomini bisognerebbe analizzare e risolvere le cause
Con il senno di poi il progetto è stato probabilmente basato su diversi errori di percorso, come quelle sulla dispersione degli orsi che non si è mai realizzata. Con le comunità locali che dapprima hanno approvato la loro reintroduzione e poi hanno in parte cambiato parere. Soprattutto in tutte quelle categorie costrette a cambiare dei comportamenti per poter convivere in modo sereno: allevatori, agricoltori, cacciatori e in parte anche gli escursionisti. Che dopo anni di assenza o di ridotta presenza dei grandi carnivori, faticano a adattarsi. Anzi sarebbe più giusto dire che nel 90% dei casi non vogliono proprio modificare comportamenti e usi.
Le difese passive per proteggere gli animali al pascolo da orsi e lupi sono state viste come una spiacevole seccatura, le attenzioni nello smaltimento dei rifiuti commestibili della zootecnia sono state scarse e questo ha fatto da esca. Un problema che in Abruzzo, dove gli orsi sono presenti da sempre insieme ai lupi, è stato affrontato da tempo con maggior attenzione e sensibilità. Portando a risultati di convivenza decisamente positivi, anche se non sono mancati nel tempo incontri e scontri. Senza mai registrare l’asprezza dei rapporti e negli scontri tipica del Nord del paese.
Gli scontri più discussi fra uomini e orsi sono tutti avvenuti in Trentino, mai in Abruzzo e zone circostanti
Come abbattimento o captivazione permanente degli orsi, che dapprima erano giudicati confidenti e poi problematici. In Abruzzo agli orsi, da sempre, viene dato un nome, in Trentino sono indicati con una sigla, come scienza vuole. Un piccolo ma significativo segnale.
Mentre nel territorio del PNALM amministrazione del Parco e sindaci dispongono la chiusura di intere zone, per tutelare le orse con i cuccioli, in Trentino le scelte sono differenti. Lasciando all’intelligenza di escursionisti e operatori i comportamenti da adottare in caso di incontri ravvicinati. Che sono quasi sempre accaduti con orse accompagnate dai piccoli oppure provocate da cani non tenuti al guinzaglio.
La cattura di M57 è dipesa dalla mancanza di cassonetti dei rifiuti anti orso
Altri episodi hanno riguardato, come nel caso del celebre orso M49, animali da reddito incustoditi o malghe vuote dove erano presenti possibili fonti di cibo. Ci sono stati anche incontri ravvicinati avuti con i turisti proprio a ridosso dei cassonetti di rifiuti dove prima dell’aggressione erano stati già notati orsi in cerca di cibo. Senza che fossero adottati provvedimenti da parte delle autorità, a dimostrazione di come gli orsi diventano confidenti per colpa dell’uomo.
Questa è proprio la vicenda di M57, catturato perché ritenuto un orso confidente, Una storia che ha visto il suo epilogo proprio vicino a un cassonetto per i rifiuti, cosa che ha provocato una scaramuccia con un turista. Uomo e orso si sono trovati, per motivi opposti, vicino all’identico obiettivo. Un deposito di rifiuti inadatto che rappresentava una fonte di cibo a basso dispendio energetico. Si trattava di un contenitore sprovvisto dei necessari accorgimenti che potevano renderlo inaccessibile e quindi privo di attrattiva.
Questa “non gestione” dei problemi ha portato nel ad abbattimenti e catture, scatenando le ire delle associazioni che difendono i diritti degli animali e, naturalmente, il plauso di allevatori e cacciatori. Che rappresentano lo zoccolo duro del serbatoio elettorale della Lega, che attualmente amministra il Trentino. La politica è più sensibile ai voti, al di là dello schieramento, che alla lungimiranza delle scelte.
Il problema non sono gli orsi ma l’amministrazione che usa i grandi carnivori come leva per ottenere consenso politico
La polarizzazione dello scontro voluta dall’amministrazione del Trentino, che risulta essere sorda a ogni mediazione, ha portato addirittura alla concessione della scorta al presidente Fugatti. Sulla base di presunte o reali minacce che sembrerebbero essergli state rivolte da alcune frange dell’animalismo. Dichiarazioni che ovviamente hanno fatto infuriare i difensori degli orsi, che hanno trovato questo provvedimento eccessivo e fuori luogo, facendolo rientrare fra i tanti motivi di attacco all’amministrazione.
Non si riesce a intravedere un epilogo per una serena convivenza fra grandi carnivori e trentini, mentre alcuni orsi restano prigionieri
Al momento è davvero difficile poter fare previsioni su quanto potrà accadere in futuro in Trentino. Unica certezza è che due dei tre orsi catturati, M49 e M57, sono ancora al centro di Casteller, detenuti in condizioni inaccettabili. L’orsa Dj3 invece è stata recentemente trasferita in un’altra struttura in Germania, con modalità tali da acuire ancora una volta lo scontro fra amministrazione e associazioni. Nel delicato argomento degli orsi prigionieri si delineano due diverse linee di pensiero fra chi vorrebbe liberare nuovamente in Trentino gli orsi prigionieri e chi, invece, vorrebbe trovare per loro realtà protette diverse, lontane dall’essere assimilabili a zoo.
Un orso catturato e tenuto in cattività molto difficilmente potrà essere liberato nuovamente in natura: l’abituazione all’uomo secondo gli esperti non consente questa ipotesi. Quando gli orsi diventano confidenti la colpa è dell’uomo, ma non è possibile riuscire a fargli fare un percorso inverso, specie in una realtà così antropizzata come il Trentino. Unica certezza in questo restano le pessime condizioni di detenzione dei due orsi a Casteller e l’altrettanto pessima gestione del progetto di reintroduzione dei plantigradi.
Il futuro per gli orsi trentini si presenta incerto e con molte nubi che si stanno addensando all’orizzonte. E non promettono nulla di buono, specie se il gestore di questo patrimonio faunistico, un bene collettivo dell’intero paese, è più attento ai voti che alla difesa del capitale naturale.
Jj4 può restare libera per il momento, a seguito della decisione del tribunale amministrativo, mentre è completamente opposta la decisione per l’orso M7. Che resta al momento imprigionato nel centro di Casteller, nonostante tutto. Se da un lato il tribunale amministrativo non entra nel merito, ma valuta solo le procedure seguite, è oramai evidente che nessuno voglia prendersi la responsabilità di liberarlo. Un orso captivato non è destinato a ritornare in ambiente, perché questo comporterebbe l’assunzione di responsabilità.
La cattura per la detenzione in una struttura di cattività di fatto equivale all’uccisione: sono entrambe strade che non prevedono un ritorno, nonostante l’impegno di molti. La libertà sembra oramai essere un miraggio per gli orsi. Per tutti gli orsi che sono detenuti in Trentino. In direzione ostinata e contraria continuano a muoversi associazioni e collettivi che chiedono a gran voce la liberazione dei plantigradi. Le continue pronunce giudiziarie dimostrano però che, mentre vengono cassate le ordinanze di cattura, nulla di positivo succedere per gli animali già detenuti.
In questo momento particolare, senza dimenticare le indecenti condizioni di detenzione degli orsi a Casteller, bisognerebbe lavorare per modificare il piano di gestione degli orsi. Nel tentativo di evitare che l’elenco degli orsi catturati o abbattuti si allunghi in modo pretestuoso, a causa di errori umani nella gestione dei rifiuti e delle risorse. Che non sono mai oggetto di valutazione nell’esaminare i comportamenti degli orsi giudicati problematici.
Jj4 può restare libera: la provincia aveva deciso di catturarla ma non ha seguito correttamente le procedure amministrative
Sono tante e restano sempre aperte le molte questioni che riguardano la gestione degli orsi in Trentino.Che da una parte passano in secondo piano rispetto alle sofferenze degli orsi detenuti a Casteller. Eppure gli argomenti da dover mettere sul tavolo sono davvero molti, dall’assenza di corridoi ecologici alla cattiva gestione dei rifiuti, dall’eliminazione delle attività di pasturazione da parte dei cacciatori alla formazione di residenti e escursionisti. Solo questi quattro punti si può ritenere che rappresentino circa il 90% delle problematiche legate alla presenza dei plantigradi.
La politica, e in particolare l’amministrazione presieduta da Maurizio Fugatti, sembra del tutto indisponibile a fare un passo indietro. Dimostrando come la volontà di intervenire sulle motivazioni che hanno causato gli “incontri” giudicati pericolosi fra umani e orsi non sia prioritaria. In questo modo il rischio di arrivare a nuove catture è molto elevato: se non cambiano i comportamenti non possono, ovviamente, diminuire le problematiche. E se anche quest’anno la montagna, a causa della pandemia, sarà scelta da un grande numero di persone la possibilità di nuovi incidenti è dietro l’angolo.
Per questo potrebbe essere utile aprire una discussione pubblica non solo sulle condizioni di detenzione degli orsi imprigionati, ma anche sulla attività prioritarie da mettere in atto per mitigare i conflitti. Per non rischiare che la politica del muro contro muro danneggi il progetto di conservazione degli orsi. Alcune volte non è disonorevole cambiare strategia, ma dimostra intelligenza e capacità di perseguire gli obiettivi primari. Che non deve significare l’accettazione degli abusi e dei soprusi commessi a danno degli orsi imprigionati.
Il maltrattamento degli orsi a Casteller deve cessare: lo prevede la legge, lo richiede il buon senso
Se si ritiene che ogni giorno che passa diminuiscano in modo concreto le possibilità di liberazione degli orsi di Casteller è ancora più indispensabile ottenere dei cambiamenti. Che non possono essere il trasferimento degli orsi in spazi poco differenti da quelli, insufficienti, che hanno già a disposizione. L’importante è riuscire a lavorare su più piani per minimizzare i rischi per gli animali. Anche nell’ipotesi che ci possa essere una possibilità residua sul ritorno degli orsi captivati in libertà.
Il valore etico delle battaglie per la libertà degli orsi non passerà in secondo piano. Ma concretezza impone di cercare anche altre vie che possano portare a risultati concreti su fronti altrettanto importanti. Diversamente il rischio è quello di restare imprigionati in un campo di battaglia paludoso, che rischia di far cessare risorse e energie prima di accorgersi della mancanza di risultati concreti. Una strategia che farà storcere il naso a qualcuno ma che rappresenta, purtroppo, un’ipotesi realistica.
Orsi imprigionati a Casteller, un video realizzato dagli attivisti del Centro Sociale Bruno mostra le condizioni di detenzione. Le riprese sono state effettuate in modo illegale da attivisti che si sono introdotti nel centro, un gesto per il quale rischiano serie conseguenze. Ma quanto viene mostrato nel video, che si ritiene sia solo una parte del materiale girato, smentisce tutte le assicurazioni date sinora dall’amministrazione, che ha sempre dichiarato come idoneo il luogo di detenzione degli orsi.
Nulla a che vedere con quanto affermano invece gli amministratori pubblici, ma nemmeno con quanto hanno sempre dichiarato i veterinari. Sicuramente ci sarà un’inchiesta, per identificare i responsabili dell’accesso illegale al centro che sono stati denunciati alla Procura della Repubblica. Ora però le indagini non potranno riguardare solo l’accesso illegale, ma anche le motivazioni che hanno indotto a farlo. Senza poter scordare la relazione dei carabinieri Forestali.
Per gli orsi imprigionati a Casteller nessun letargo, contrariamente a quanto affermato dai politici
In cattività gli orsi difficilmente vanno in letargo, avendo sempre a disposizione cibo e non avendo potuto mettere in atto i comportamenti etologici tipici. Con l’aggiunta del disagio e della sofferenza causata dalla cattività in spazi ristretti, che comporta inevitabili alterazioni del comportamento. Una questione, quella degli orsi, che ha fatto oramai il giro del mondo. Compromettendo l’immagine del Trentino, senza scalfire minimamente gli intenti dell’amministrazione.
Una realtà davvero incredibile, considerando che l’assessore Zanotelli e il presidente Fugatti restano granitici sulle loro posizioni. Interpretando a loro piacimento i pareri di ISPRA, le relazioni dei Carabinieri Forestali e gli appelli che arrivano da ogni parte. Per ottenere almeno condizioni di cattività che siano accettabili e non costituiscano una fonte di maltrattamenti.
Fugatti e Zanotelli non hanno fatto nulla per mitigare il problema della convivenza fra uomini e orsi
Le uniche proposte che l’attuale amministrazione valuta come opzioni reali sono rappresentate dalle richieste di abbattimenti selettivi degli orsi. Come se tutto il problema potesse essere risolto con un colpo di fucile. In Slovenia convivono con mille orsi e ne abbattono circa il 10% ogni anno. Non hanno problemi di convivenza perché gli orsi stanno quasi sempre fuori dagli abitati. Grazie a una gestione oculata di cibo, rifiuti e di cani da guardiania.
La Slovenia ha un’estensione territoriale che è meno del doppio del Trentino, ma ha una popolazione ursina dieci volte maggiore. Eppure si parla di circa 50 anni senza episodi di aggressione verso gli umani e sono 150 che non ne avvengono in Italia. Tranne quattro episodi tutti concentrati in Trentino. Non bisogna essere etologi per comprendere che la gestione degli orsi in Trentino è stata condotta in modo pessimo.
Rifiuti e risorse trofiche sono il problema che la PAT sembra non voler capire, mettendo un’ipoteca sulla capacità di risolvere
La gestione Slovena è discutibile, ma indubbiamente non crea problemi sul territorio la presenza di un numero di orsi dieci volte superiore. La creazione di una doppia economia basata su principi opposti gestione: venatorio e turistico. Che nulla toglie al fatto che pur abbattendo 115 orsi all’anno gli sloveni convivano, nel doppio del territorio con una popolazione di orsi cinque volte superiore a quella trentina. Senza incidenti!
Per questo motivo il Re è nudo, non esistendo giustificazioni per una gestione che dopo vent’anni non è stata ancora capace di mettere in sicurezza i rifiuti. Creando le occasioni per far avvicinare gli orsi, come è successo per il giovane M57, che aveva trovato nei cassonetti il fast food capace di soddisfare i suoi bisogni. Quelli che lo hanno portato a scontrarsi con un carabiniere in vacanza, intorno alla zona di raccolta dei rifiuti. Per poi essere immediatamente catturato e recluso a Casteller.
L’amministrazione trentina non è stata capace di trasformare gli orsi né in risorse turistiche, come avviene ovunque, né, per fortuna, in trofei. In compenso questi amministratori sono diventati gli ambasciatori del Trentino nel mondo, raccontando del poco rispetto per la tutela del capitale naturale. Un esempio d’alta scuola di come avere un tesoro e riuscire a trasformarlo in una montagna di… critiche.
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