Una, nessuna, centomila: le troppe ipotesi sul Covid19 allontanano la verità

troppe ipotesi sul Covid19

Troppe ipotesi sul Covid19, sulla sua origine, rischiano di spostare l’attenzione delle persone dall’emergenza ambientale verso ipotesi più o meno fantasiose. Come la possibilità che questo virus sia stato costruito in laboratorio e sia sfuggito dal controllo degli scienziati. Teorie da spy story che possono essere utili a chi non intende agevolare un cambiamento dell’attuale modello economico.

La situazione economica e sanitaria risulta essere davvero molto complessa, generando paure e ansie nei cittadini in tutto il mondo . Che non trovano una classe politica in grado di dare fiducia, nella quale poter riconoscere la capacità e la rassicurante determinazione di saper contrastare la pandemia. La politica ora sembra stia facendo calcoli elettorali più che scelte basate sulla realtà, senza avere il coraggio di indicare con chiarezza un percorso di periodo.

Come esempio succede al presidente Trump, che con le elezioni a novembre, si preoccupa di non indebolire la sua fragile posizione personale, piuttosto che contrastare con forza l’epidemia. Arrivando a minacciare di licenziare il virologo che non condivide i possibili scenari di ripresa delle attività ipotizzati dal presidente americano. Trump per difendere la sua politica economica ha sempre negato cambiamenti climatici, problematiche ambientali, sino a minimizzare anche i pericoli del Covid19.

Troppe ipotesi sul Covid19 disorientano l’opinione pubblica e questo pone un’ipoteca sul post pandemia

Questo momento può rappresentare un’opportunità oppure una catastrofe. Comprendendo che il problema sia stato causato da errati comportamenti umani questo tempo potrà trasformarsi un vantaggio. Se al rallentamento dei contagi la parola d’ordine sarà quella di far ripartire l’economia a tutti i costi questo, invece, potrebbe diventare un doppio flagello. Ignorando il messaggio e continuando nella devastazione ambientale.

Disorientare l’opinione pubblica può rendere un pessimo servizio alla collettività. Che deve premere per far partire una nuova economia di transizione basata su concetti di tutela dell’ambiente e della condivisione delle risorse. Coinvolgendo l’intero pianeta in un processo di cambiamento senza precedenti.

Con la consapevolezza che al di là della provenienza del Coronavirus il problema siamo noi. I nostri stili di vita, i nostri consumi eccessivi, la mancata condivisione delle ricchezze prodotte. Se è vero che il latifondo per allevare bestiame sta distruggendo le foreste è vero anche che, spesso, la devastazione viene prodotta dalla fame. Nei paesi più poveri i contadini danno fuoco alla foresta per ottenere, in modo veloce, la possibilità di coltivare. Per praticare l’agricoltura di sussistenza che serve per sfamare le loro famiglie.

Il problema ambientale deve essere considerato a tutto tondo, per poter essere affrontato in modo efficace

Occorre far ripartire l’economia con il preciso intento di scardinare un sistema che non ha funzionato. Per creare stabilità economica e un benessere diffuso e condiviso, per perseguire interessi comuni. La natura e l’ambiente hanno una capacità molto grande di rigenerazione, ma non devono essere portate oltre il limite. Bisogna ascoltare le richieste che gli ambientalisti di tutto il mondo portano avanti da decenni.

Il tempo per essere rassicurati sul futuro del pianeta non è ancora questo. Ma tutti insieme, se lo volessimo, potremmo realmente cambiare il mondo. Con costanza e determinazione, con impegno e solidarietà. Sarebbe davvero meraviglioso impegnarsi in un progetto che renda il pianeta una casa comune.

I virus non hanno le gambe, ma gli uomini han messo le ali

virus non hanno le gambe

I virus non hanno le gambe, ma gli uomini han messo le ali e grazie al trasporto aereo hanno reso il mondo davvero piccolo. Dimenticando spesso che in questo modo tutto diventa connesso in tempo reale, anche il trasferimento dei virus da un continente all’altro. L’enorme mondo di qualche secolo fa si è ridotto di dimensioni, e noi siamo aumentati incredibilmente di numero.

La globalizzazione ha trasformato le distanze, il nostro modo di vivere. Ma già prima del suo avvento avevamo iniziato a mettere in atto comportamenti sconsiderati. Violentando l’ambiente, riducendo lo spazio a disposizione degli animali con i quali abbiamo iniziato ad avere rapporti sempre più stretti. Senza preoccuparci di valutare le conseguenze, senza capire che il mondo che una volta era quasi infinito, stava diventando così piccolo da dover cambiare modello di sviluppo.

La pandemia di coronavirus ha dimostrato in tutta la sua tragica evidenza quanto la Terra si sia, metaforicamente, ristretta. Quello che una volta poteva avere un senso, in raffronto alle nostre capacità di spostamento, ora sembra averlo perduto. Il coronavirus è passato dalla Cina all’Europa con una velocità tanto prevedibile quanto del tutto imprevista. Sembra un concetto paradossale, ma non è così: certo che era prevedibile, addirittura inevitabile ma nonostante questo non è successo. Un errore di valutazione planetario.

Conviviamo con i virus da quando il nostro rapporto con gli animali si è fatto più stretto

Addomesticare vacche e buoi, nella notte dei tempi, ci ha messo in contatto con una malattia molto pericolosa: la peste bovina, causata da un virus che nelle sue mutazioni successive è diventato il morbillivirus. Con tutte le conseguenze che questo nuovo ospite ha causato alla nostra specie e non solo. Decisamente altri tempi, altre problematiche, ma anche altra mobilità dei virus, che non hanno mai avuto gambe se non le nostre e quelle degli animali. Oppure le ali degli uccelli.

Mentre lavoravamo per far diventare il mondo sempre più piccolo, rendendolo di fatto un grande condominio, nel quale gli stati potrebbero essere paragonabili alle scale di un complesso residenziale. Cambiando radicalmente il nostro rapporto con animali e ambiente. Passando dall’allevamento operato con metodi da agricoltori agli allevamenti intensivi. Creando così ambienti malsani, pieni di patologie che abbiamo tentato di controllare con uso dissennato di antibiotici. Usando farmaci e sistemi che hanno aumentato le rese al prezzo di grandi sofferenze per gli animali e di enormi danni ambientali.

Abbiamo invaso senza criterio l’ambiente naturale, e in particolare le foreste, distruggendo il polmone verde del pianeta ma anche accorciando le distanze fra uomo e fauna. Che da sempre conviveva con alcuni virus, come nel caso del coronavirus, senza averne un grande pregiudizio. Ma se dovessimo paragonare un virus a un animale potremmo dire che si tratta di una specie opportunista. Capace di fare molto velocemente quello che da sempre cercano di fare, con alterni successi, tutti gli esseri viventi: riprodursi e adattarsi ai cambiamenti.

L’uomo ha la conoscenza, ma la natura ha la potenza di creare sinergie incredibili che gli umani sottovalutano

E così, attraverso l’invasione delle foreste, il più grande bacino di biodiversità del nostro pianeta, l’uomo è entrato in competizione, ma anche in coabitazione, con molte specie selvatiche. Con tutto il loro corredo di virus e di patogeni di vario genere. Realtà che non è solo degli animali non umani, ma rappresenta la replica di quanto accaduto nel Nuovo Mondo all’arrivo dei conquistadores. Che portarono malattie nuove, annientando intere popolazioni, con la trasmissione da uomo a uomo.

Il coronavirus probabilmente deriva dai pipistrelli, che possono essere stati gli involontari vettori del contagio. Così il virus, si è adattato, facendo il salto di specie e trasformandosi in un patogeno dagli effetti devastanti per l’uomo. Questa potrebbe essere la sintesi, che inevitabilmente passa anche dal bushmeat, l’abitudine di mangiare animali selvatici senza controllo e dai wet markets. Luoghi di smercio di carni senza alcun controllo sanitario.

Fatta la sintesi, seppur in modo molto semplificato, quello che resta è una lezione per il futuro, che non deve essere visto come lontano, ma che dovrebbe partire da domani. Cambiando il nostro modo di rapportarci con il pianeta. Comprendendo che quanto sembrava essere un problema solo per gli ambientalisti si è trasformato prima in epidemia e poi in pandemia. Mettendoci in ginocchio con un banale schiocco di dita.

Se vogliamo avere un futuro dobbiamo costruirlo in un modo diverso e, per farlo occorre ripensare, riflettere e rispettare il pianeta

Questa situazione può trasformarsi in un’opportunità, se la sapremo cogliere, oppure può rappresentare l’ultima chiamata, l’ultimo avviso per un cambiamento. Il pianeta senza esseri umani vivrà ugualmente, gli esseri umani se continueranno su questa strada rischieranno di non avere un futuro, sicuramente di non averne uno sereno.

Dobbiamo capire che il pianeta deve essere rispettato e che probabilmente non è più tempo di lasciare la gestione delle risorse naturali in mano ai singoli governi. Serve un governo globale, almeno sotto il profilo ambientale, messo in atto nell’interesse non di questo o quello Stato ma dell’umanità e della biodiversità. Senza ripensare, riflettere e rispettare rischiamo di perdere la scommessa più grande per la nostra specie. Non serve infatti salvare il pianeta, occorre cambiare sistema per salvare il futuro degli uomini.

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