Tutela degli animali e giardini zoologici: le contraddizioni di associazioni e istituzioni

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Foto di repertorio

Tutela degli animali e giardini zoologici: le contraddizioni di istituzioni e associazioni che scelgono di svolgere attività nei luoghi in cui gli animali sono sfruttati. Una situazione eticamente paradossale, che crea imbarazzo nel fronte di quanti a vario titolo si occupano di tutelare i diritti degli animali. Le notizie di stampa riportano con grande risalto un’iniziativa promossa da Zoomarine -il giardino zoologico con annesso delfinario e molte altre aree tematiche- che promuove la campagna “Se Cupido ci mette lo zampino” con collaborazioni insospettabili. Non soltanto di un’associazione che dichiara di occuparsi di vigilare sul benessere animale ma anche con la partecipazione dell’Assessorato Ambiente di Roma Capitale.

Scopo dell’iniziativa sarebbe quello di trovare famiglia e casa per i cani e gatti ospiti del Rifugio Muratella e dell’Oasi Felina Porta Portese. Sotto l’occhio vigile delle Guardie Zoofile di Agriambiente Lazio che avranno il compito di istruire le famiglie sul rispetto delle necessità degli animali domestici. Questa iniziativa viene portata avanti in una struttura che usa gli animali per fare spettacolo, attività del tutto legale ma che indubbiamente costringe gli animali in cattività per scopi commerciali. In tutto il mondo occidentale si chiede la chiusura di circhi, delfinari e anche di questo tipo di parchi tematici che, fra le altre cose, consentono interazioni con lemuri, pinguini, pappagalli e petauri.

In questo periodo le strutture di cattività per gli animali sono oggetto di critiche, da quelle più aspre nei confronti dei circhi con animali a quelle che riguardano delfinari e luoghi in cui si fa spettacolo. Lo sfruttamento degli animali per divertimento non è ritenuto eticamente accettabile, anche se i parchi tematici continuano, purtroppo, a essere molto attrattivi per il pubblico. Grazie al fatto che l’attenzione nei confronti degli animali e dei loro diritti ha diverse intensità, che variano non soltanto a seconda della specie ma anche del contesto in cui gli animali vengono tenuti.

Tutela animali e giardini zoologici sono realtà incompatibili, specie quando si fa spettacolo

I gestori di giardini zoologici come Zoomarine o Zoom sono stati molto attenti alle coreografie e alla narrazione delle loro attività. Raccontando di bioparchi immersivi o di giardini zoologici utili se non indispensabili a difendere ambiente e biodiversità. Ricreando ambientazioni che impediscono al visitatore poco informato di comprendere le reali condizioni degli animali, prigionieri in piccolissimi territori. Nella realtà i messaggi educativi e l’attenzione verso la biodiversità annegano in un contesto che diventa una macchina per fare soldi. Legittima, legale, criticabile sempre ma non denunciabile, non arrestabile sino a quando la normativa non cambierà radicalmente.

Nell’attesa di norme nuove bisogna cercare di aumentare la divulgazione su quanto queste strutture siano inutili, per far conoscere il comportamento degli animali o per contribuire alla loro conservazione. Questi parchi tematici rappresentano un vantaggio soltanto per le società che li possiedono, con ricadute davvero minime se non inesistenti sulla conservazione. Servono purtroppo, questo si, a riempire gli enormi buchi lasciati dallo Stato per quanto concerne il soccorso di determinate specie e la custodia degli animali in sequestro.

La difficoltà di collocare anche temporaneamente gli animali selvatici e esotici sequestrati rende spesso questi parchi una componente necessaria, ma soltanto a causa delle decennali carenze dell’ente pubblico. Le strutture per il ricovero e la cura degli animali pericolosi, esotici e selvatici dovrebbero essere attività separate da quella di società che utilizzano gli animali per intrattenimento. Per non consentire alibi alla cattività e per non diventare un traino, più o meno consapevole, di realtà quasi esclusivamente commerciali. Aziende capaci di utilizzare al meglio il marketing, veicolando azioni di greenwashing, che generano nei visitatori l’idea di contribuire ad aiutare il pianeta.

Associazioni e amministrazioni pubbliche devono mantenere comportamenti in linea con il loro ruolo

Se stupisce vedere il Comune di Roma coinvolto in attività che in qualche modo regalano visibilità a Zoomarine, altrettanto stupisce quando le associazioni utilizzano queste situazioni per promuoversi. Dovrebbe esistere una linea etica di separazione fra mondi che possono talvolta interagire per necessità ma che non devono sovrapporsi. Un esempio di questa confusione di ruoli sta nelle situazioni alle quali capita di assistere con maggior frequenza: le raccolta di cibo o di fondi che alcune associazioni fanno in negozi dove vengono venduti animali.

Se è vero che il pubblico che li frequenta si identifica quasi sempre con quanti credono di essere sensibili ai diritti degli animali è altrettanto vero che la presenza delle associazioni nei negozi diventa una giustificazione al commercio degli animali vivi.

Con le conoscenze raggiunte sull’etologia degli animali la cattività degli animali selvatici, anche se definiti da compagnia, è una scelta eticamente inaccettabile. Ricordando che devono essere considerati selvatici tutti gli animali non domestici, anche se riprodotti in modo controllato e non catturati in natura. Pappagalli, petauri dello zucchero, criceti, gerbilli e rettili di ogni specie non sono e non saranno mai animali domestici anche se milioni di questi animali sono costretti a vivere nelle nostre case.

Il commercio degli animali nasconde grandi aree grigie e poco indagate di maltrattamento ed è un fenomeno contro il quale viene fatta poca educazione. Proprio a causa di quella zona intermedia che collega commercio con gli amanti degli animali e con chi li difende. Una zona grigia che bisogna cominciare a infrangere, raccontando in modo molto chiaro che avere in casa animali selvatici non significa amarli e che non può esistere amore quando non si rispettano esigenze e caratteristiche etologiche. Se non cerchiamo di far vedere davvero questi prigionieri per quello che sono, vittime del nostro modo distorto di considerarli. le cose non cambieranno mai.

Uno zoo in Germania minaccia di uccidere gli animali a seguito del lockdown per il Covid19

Zoo e circhi minacciano di uccidere gli animali

Le notizie che uno zoo in Germania minacci di uccidere gli animali a causa del lockdown stanno rimbalzando sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. L’industria del divertimento basata sull’esibizione degli animali in cattività è in difficoltà a seguito delle chiusure imposte dalla pandemia. Ma nella realtà la pratica di uccidere gli animali in surplus è un comportamento che viene condotto abitualmente in molti zoo del mondo.

Zoo e parchi faunistici, al contrario dei circhi, giustificano la loro esistenza con le esigenze della conservazione delle specie in via di estinzione. Una motivazione che non trova dimostrazione rispetto al gran numero di animali detenuti in cattività per ragioni che nulla hanno a che vedere con la conservazione. E ancor meno con la didattica in quanto un animale mostrato in cattività non è in grado di insegnare nulla, rispetto a un buon documentario.

Sicuramente la crisi economica è un problema che riguarda tutti i settori, senza distinzione. Non c’è quindi da scandalizzarsi se le enormi difficoltà del periodo creino problemi anche a circhi e zoo, ma la questione è altra. Ogni azienda di una certa dimensione, sapendo che per molti motivi si possano creare problemi economici, dovrebbe avere un piano di contingenza, specie quando ha a che fare con esseri viventi.

Se gli zoo minacciano di uccidere gli animali è giunto il tempo di rivedere la normativa

Le attività relative alla conservazione sono importanti, ma non ci si può nascondere dietro la necessità di difendere la biodiversità per fare affari. Lo prova il fatto che quasi tutti gli zoo abbiano fondazioni che si occupano di difendere la natura, che sono più o meno serie a seconda di quanto lo siano i gestori degli zoo. E alcune sono davvero poco credibili. Come incredibili sono le difese dei circensi, che si trincerano dietro il loro amore per gli animali per giustificare gli animali detenuti nei carrozzoni.

Bisogna imporre regole ferree a chi detiene animali negli zoo, sul benessere e sulle necessità che giustificano la loro cattività, togliendo come motivazione la componente didattica. Obbligandoli a non sopprimere gli animali, a non cederli ai circhi (questo avviene anche per zoo apparentemente ineccepibili). A utilizzare le loro strutture come centro di detenzione e recupero per animali in difficoltà e per la fauna esotica sequestrata.

I primi che dovrebbero essere chiusi sono gli zoo safari, dove vengono fatte entrare auto nei recinti

Gli zoo safari sono una falsa rappresentazione della libertà: gli animali sono liberi all’interno di spazi che vengono costantemente invasi da estranei. Senza che possano scegliere di allontanarsi o nascondersi, come potrebbe avvenire in un grande parco come il Kruger in Sudafrica. Con l’aggiunta che i veicoli che entrano emettono gas di combustione generati dai motori, che sono più pesanti dell’aria. Restando sospesi a poca distanza dal suolo, ma perfettamente all’altezza delle narici degli animali, costretti a inspirare cancerogeni.

Se ci fossero delle smentite, da parte delle associazioni degli zoo, sarebbe una buona cosa che venissero corroborate dai dati relativi al numero delle specie a rischio di estinzione. Naturalmente questo dato dovrebbe essere messo in rapporto con il numero di animali detenuti senza utilità per la conservazione, per la tutela della biodiversità.

C’è bisogno di certezze, non di difese basate su presupposti obiettivi che non corrispondano alla realtà dei fatti. Fornendo anche l’indicazione di quanti animali siano soppressi ogni anno negli zoo, per motivi diversi da una compassionevole eutanasia in caso di malattia incurabile.

Per non parlare dei parchi tematici dove si può fare il bagno con gli animali, festeggiare compleanni, fare feste e eventi e interagire con animali selvatici. Utilizzati come se fossero dei lavoratori delle strutture. Che risultano essere, in molti casi, membri dell’EAZA, l’Associazione Europea di Zoo e Acquari che ha fra i suoi soci anche il Parco Faunistico Zoom di Torino. Che propone ai suoi visitatori, in tempi di apertura ovviamente e non ora, incontri come quelli che si possono vedere nel video.

Per correttezza è giusto segnalare che il Parco Zoom non ha mai minacciato di sopprimere i suoi animali a seguito della crisi. Promuove l’acquisto di biglietti open, in attesa della riapertura.

Muore lo zoo e rinasce bioparco

Muore lo zoo

Muore lo zoo e rinasce bioparco, come se bastasse cambiare la denominazione per trasformare un’esposizione di animali in un’oasi di benessere, ricerca e conservazione. Purtroppo non è così pero.

Oramai tutte le strutture italiane, con la sola eccezione degli zoo safari perché la contraddizione sarebbe stata davvero evidente, hanno modificato la loro denominazione, cercando di scrollarsi quella patina di vecchia esposizione, dove gli animali erano in cattività per far divertire il pubblico.

Gli zoo in effetti vanno in controtendenza rispetto ai circhi, dove la cattività e la sofferenza appare decisamente molto più evidente,meno sottile, esibita proprio come lo sono gli animali sotto lo chapiteaux. Il circo è costretto a far vedere le strette gabbie e la segregazione, non potendo avere strutture diverse proprio per la sua natura di attrazione itinerante. Un serraglio in perenne movimento con i suoi prigionieri al seguito.

Gli zoo, anzi i moderni bioparchi, possono invece in parte rifarsi il maquillage, dando ai visitatori l’illusione che gli animali siano nel loro ambiente naturale, sfruttando l’immaginazione che molti hanno guardando spazi che, seppur ristretti, cercano di replicare la savana o la jungla. Riuscendoci spesso per i visitatori, ma fallendo miseramente, quasi sempre, con gli animali.

Gli zoo non sono tutti uguali, ma sono in effetti imprese non santuari

Gli zoo, continuiamo a chiamarli per quello che in realtà fanno, sono imprese commerciali e si comportano come tali, seguendo le stesse logiche di qualsiasi altra attività imprenditoriale. Alcuni lo fanno in modo più esasperato, altri sono più attenti al benessere degli animali, pur con i limiti che derivano dalla cattività e con l’impossibilità di riprodurre realmente ambienti che consentano una vita simile a quella condotta in natura.

Si potrebbe fare un parallelo con la prigione per gli umani e con le strutture carcerarie, mettendo a confronto quelle del nord Europa con quelle italiane, che sono un disastro per sovraffollamento e condizioni di vita. Certo qualunque detenuto italiano vorrebbe essere mandato a scontare la pena in un carcere svedese o norvegese, dove i detenuti dispongono di ampie celle individuali, palestre, sale informatiche, possibilità di lavoro, biblioteche e quant’altro.

Ma pur nell’evidente miglioria sempre un carcere resterebbe, sempre di privazione della libertà si tratta, anche se il grado di sofferenza che è implicito nel concetto stesso di prigionia sarebbe decisamente attenuato. Ma non scomparso, lontano dal diventare impercettibile.

Dovrebbero essere vietati gli zoosafari con ingresso del pubblico in auto

La stesso pensiero, apparentemente inverso, si potrebbe adattare agli animali ospiti delle strutture espositive, dove quelli degli zoo safari stanno molto peggio di quelli dei bioparchi, nonostante abbiano grandi spazi a loro disposizione. Infatti quella che per i visitatori sembra la riproduzione di un pezzo di savana, dove vivono liberi i leoni, nella realtà è tale soltanto guardata con gli occhi umani. Non è lo spazio o non solo quello che determina la qualità della vita.

Gli animali ospiti dei recinti degli zoo safari hanno giornalmente il loro territorio invaso, senza possibilità di fuga e spesso nemmeno di nascondiglio, assediati da visitatori vocianti e dai gas di scarico delle auto, che essendo pesanti, stazionano proprio all’altezza del naso di tigri e leoni. Tutte le sere poi devono far ritorno in gabbia, dove trascorrono la notte al chiuso, per ragioni di sicurezza. Nulla di naturale insomma nella loro vita.

Non va meglio agli ospiti degli zoo tradizionali, che hanno sostituito molte gabbie con recinti per non dare l’impressione della segregazione. Certo sono spazi allestiti con cura, dove gli animali sembrano parte di un documentario, ma questo è solo quanto vogliono percepire gli occhi dei visitatori, con la suggestione creata da chi segue la comunicazione per queste strutture.

Per questo prima di entrare in uno zoo un visitatore dovrebbe chiedersi se quell’impresa alla quale si accinge a versare dei soldi sia davvero rispettosa del benessere animale, con buona pace di quanto fin troppo spesso scrivono i giornali in festose notizie che raccontano di nuovi arrivi e di nuove nascite, di specie salvate e di animali felici. Proprio come doveva sembrare Alex, il leone del fortunato cartoon Madagascar.

In conclusione lo zoo non è l’ultimo baluardo per la conservazione delle specie in pericolo, ma è soltanto un’impresa che destina una parte variabile dei propri utili, generalmente molto piccola, a progetti più o meno reali che si occupano di conservazione. Ma non bisogna dimenticare che l’apice della conservazione è la difesa in situ di animali e ambiente, non una collezione vivente di DNA, conservata nel chiuso degli zoo.

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