La rivoluzione verde sarà realtà in un prossimo futuro o resterà l’ennesima promessa non mantenuta? Se questo interrogativo è nei pensieri di moltissimi abitanti del pianeta, resta inciso nella pietra in un paese come il nostro. Dove la politica sembra essere sempre più distante dai bisogni e dalle richieste dei cittadini. Difficile non chiedersi come verranno spesi i quasi 70 miliardi di euro stanziati per la rivoluzione verde. Difficile, pur leggendolo attentamente, capire nella bozza del Recovery Plan cosa succederà davvero.
Non basterà il passaggio alle energie rinnovabili a risolvere. Sarà un tassello fondamentale del cambiamento, ma da solo non potrà cambiare certo l’intero quadro. Se continuiamo a distruggere l’ambiente e a perdere biodiversità non riusciremo a aumentare la tanto declamata resilienza del pianeta. La vita sulla Terra esiste grazie a un fitto reticolo di esseri viventi, che operano in sinergia. Ma noi, se lo volessimo paragonare a una fabbrica, continuiamo a ampliare lo stabilimento, ma uccidiamo gli operai. Un comportamento suicida.
Se la rivoluzione verde sarà realtà dovranno esserci molti e drastici cambiamenti, impossibili governare a forza di compromessi
Meno insetti significa minor impollinazione, ma anche una drastica riduzione delle fonti alimentari per gli uccelli insettivori. Con conseguente diminuzione del loro numero. Dobbiamo abituarci a pensare la vita sul pianeta come un filo di perle, di rara bellezza ma molto delicato. Se il filo si rompe si spezza l’equilibrio, si alterano gli ecosistemi, si modifica il pianeta.
La biodiversità è indivisibile e anche il comportamento degli Stati mondiali deve quindi andare in un’unica direzione
Le politiche ambientali dovrebbero avere un’identità planetaria, che coinvolga tutti i paesi per poter arrivare a un risultato. Inutile parlare di economia circolare in Europa, se poi invadiamo l’Africa di rifiuti elettronici che non riusciamo a smaltire. La circolarità non prevede certo di andare a buttare la spazzatura a casa d’altri, in paesi poveri di mezzi, per mille motivi fra i quali una corruzione dilagante, ma ricchi di biodiversità. Che avremmo il dovere di tutelare dopo averli per secoli resi oggetto di un’economia di rapina.
Tornando al nostro paese fa tremare le vene dei polsi pensare che questa classe politica, guardandola a 360°, abbia in mano così tante risorse, ma così poca lungimiranza. Accompagnata da una scarsa propensione a perseguire gli interessi dei cittadini, a comprendere che in momenti come questi in una famiglia sana ci si stringe fianco a fianco, non si litiga su ogni argomento. Cercando di realizzare progetti che siano davvero capaci di cambiare e di difendere uno dei paesi più belli del mondo, devastato nei decenni da un impoverimento non solo economico ma culturale.
Un’Italia distrutta da quell’assenza di visione che ci ha portato, ancora una volta, ai confini di un baratro che in tempi di pandemia non avremmo voluto raggiungere. Per rispetto dei morti, per i sacrifici dei vivi, per le difficoltà di chi non sa più come mantenere la famiglia e per il dovere di trasmettere un mondo diverso alle generazioni future. Alle quali stiamo chiedendo enormi sacrifici, senza essere capaci di creare almeno uguali vantaggi per il loro domani. Una cosa che ogni tanto fa vergognare, purtroppo, di essere italiani. E spiace davvero dirlo!
La lotta al randagismo in tempi di pandemia è difficile prevedere che possa dare risultati migliori di quelli di questi anni. Dove la battaglia è stata persa per mancanza di visione e di fondi. Credendo che tutto potesse passare dal meccanismo dei canili, piuttosto che da massicce campagne di sterilizzazione, anche dei cani di proprietà. Se le risorse economiche erano scarse prima, difficile pensare che possano aumentare ora. In un paese che non ha ancora cominciato a “pesare” realmente le macerie del terremoto economico causato dal Covid19.
Il lockdown di primavera potrebbe portare a un baby boom, e non solo per gli umani, ma anche per i randagi. Con le sterilizzazioni dei servizi veterinari pubblici che sono andate avanti a singhiozzo, a buona volontà. Con associazioni e privati che hanno avuto un sacco di limitazioni negli spostamenti e con le oggettive difficoltà delle strutture veterinarie. Senza dimenticare che durante questo periodo certo qualcuno avrà approfittato per scaricare sul territorio qualche cucciolata.
Il futuro del randagismo non sarà roseo perché anche il terzo settore, il volontariato, dovrà fare i conti con una crisi che diminuirà le risorse. Difficile donare in un paese che si trovava in crisi economica già prima della pandemia. E che ora non ha certezza di futuro, stretto fra epidemia e economia fatta a brandelli.Questa situazione, che era stata ampiamente prevista, tanto da richiedere un mai attuato piano di emergenza per contrastare le pandemie, rischia di avere grandi ripercussioni. Non solo sul randagismo ma sulla tutela dell’ambiente.
La lotta al randagismo in tempi di pandemia non sarà facile, ma nemmeno la tutela dell’ambiente
La pubblicità sembra comunicare che sia arrivato il tempo per fare grandi cose, ma poco di concreto si vede all’orizzonte per tutelare l’ambiente. Difficile anche scorgere segni di una maggior consapevolezza da parte dell’opinione pubblica su questi argomenti. Se la valutazione dovesse passare dal senso di responsabilità che fotografano alcune immagini, sullo smaltimento di mascherine e guanti, si potrebbe tranquillamente dire che il futuro sarà plastico. Nel senso di pieno zeppo di altri rifiuti plastici abbandonati in giro.
Il rischio che pandemia e economia diventino le priorità di questo immediato futuro, dove per ottenere una ripartenza tutto potrebbe passare in secondo piano, è più che concreto. Un possibilità che bisogna impedire a ogni costo: fare un salto all’indietro nella tutela di animali e ambente sarebbe un grande problema: non abbiamo più tempo per rimandare scelte e comportamenti virtuosi.
Occorre che l’economia riparta con una direzione ecosostenibile, che vengano messe in cantiere operazioni che vadano in una direzione nuova, virtuosa e sepre più attenta. Devono essere previsti piani di efficientamento energetico, di riduzione drastica delle energie fossili e di incremento di quelle rinnovabili, di tutela ambientale e valorizzazione delle risorse naturali. Di un paese meraviglioso che potrebbe vivere solo delle sue bellezze ambientali e della sua storia.
In questo tempo le risorse economiche vanno misurate e utilizzate con responsabilità, senza concedere nulla al malaffare
Pensando alla lotta al randagismo e ai soldi spesi e in buona parte buttati, dove si potrebbero fare stime per qualche miliardo di euro. Denaro che spesso è andato a ingrassare il malaffare e le mafie, con fiumi di soldi che hanno arricchito molti, senza ottenere un risultato reale per gli animali. In un tempo come questo il primo risparmio dovrebbe essere compiuto grazie a una gestione oculata delle risorse. Per evitare che questa crisi di dimensioni spaventose ci costringa al suolo per sempre, in un paese che ha ancora a terra le macerie di terremoti di decenni.
Per cambiare occorre impegno collettivo, smettere di demandare tutto alla politica, ragionare con il proprio cervello. Cercando di separare la verità dalle mille bugie e falsità, smettendo di trovare scuse per una scarsa propensione a svolgere azioni utili per la comunità nel suo senso più ampio. Questa dovrebbe essere la chiave che apre il lucchetto che da decenni ha chiuso la catena che imbriglia la società italiana. Fatta di pigrizia verso il sociale, disillusione ma anche da molto di più di un solo pizzico di egoismo.
L’Antartide si sta letteralmente liquefacendo e questo è uno dei grandi rischi per gli esseri umani, molto più delle pandemie. Che per quanto pericolose e causa di un ingente numero di morti, sono destinate a passare. Mentre l’Antartide ha raggiunto temperature mai segnate prima.
Se oggi siamo terrorizzati di quanto sta avvenendo, peraltro ampiamente previsto dagli scienziati da più di un decennio, lo dovremmo essere a maggior ragione per l’emergenza climatica. Mentre questo problema epocale viene sempre annunciato ma scarsamente combattuto. Con il rischio che situazioni pandemiche come queste possano ripetersi, magari in contemporanea con catastrofi naturali. Con conseguenze disatrose.
Pur nell’immane tragedia attuale non dobbiamo permettere che la pandemia causata dal coronavirus offuschi le altre emergenze. Siamo in un momento cruciale, di svolta epocale. Non possiamo continuare a comportarci come se ogni problema fosse in realtà staccato dagli altri, perché non è così.
Il più grande rischio per gli esseri umani è che le ragioni dell’economia sovrastino le esigenze di ricreare un equilibrio
Bisogna che l’uomo impari a considerare il pianeta con una visione olistica, senza separare gli argomenti come se potessero essere considerati e risolti uno ad uno. Nulla è slegato e questa pandemia dovrebbe averlo dimostrato in tutta la sua tragica crudezza. Non possiamo continuare a fare finta che il problema non esista oppure che sia circoscrivibile.
I mega allevamenti di maiali realizzati in Cina a ridosso delle foreste sono una delle cause della diffusione del coronavirus, ma anche dei cambiamenti climatici. Deforestando, alterando gli ecosistemi, immettendo quantità enormi di liquami e di gas serra. Non esistono anelli della catena delle azioni umane che possano essere separati dalla catena a cui appartengono.
Sarà importante che alla fine di questa pandemia, che lascerà un modello economico in ginocchio, vengano fatte scelte oculate per fare ripartire l’economia. Bisogna approfittare dell’insegnamento e vedere la tragedia come una opportunità di cambiamento. Ignorarla potrebbe essere una delle ultime scelte. Gli altri comportamenti potrebbero essere obbligati dal succedersi degli eventi.
I virus non hanno le gambe, ma gli uomini han messo le ali e grazie al trasporto aereo hanno reso il mondo davvero piccolo. Dimenticando spesso che in questo modo tutto diventa connesso in tempo reale, anche il trasferimento dei virus da un continente all’altro. L’enorme mondo di qualche secolo fa si è ridotto di dimensioni, e noi siamo aumentati incredibilmente di numero.
La globalizzazione ha trasformato le distanze, il nostro modo di vivere. Ma già prima del suo avvento avevamo iniziato a mettere in atto comportamenti sconsiderati. Violentando l’ambiente, riducendo lo spazio a disposizione degli animali con i quali abbiamo iniziato ad avere rapporti sempre più stretti. Senza preoccuparci di valutare le conseguenze, senza capire che il mondo che una volta era quasi infinito, stava diventando così piccolo da dover cambiare modello di sviluppo.
La pandemia di coronavirus ha dimostrato in tutta la sua tragica evidenza quanto la Terra si sia, metaforicamente, ristretta. Quello che una volta poteva avere un senso, in raffronto alle nostre capacità di spostamento, ora sembra averlo perduto. Il coronavirus è passato dalla Cina all’Europa con una velocità tanto prevedibile quanto del tutto imprevista. Sembra un concetto paradossale, ma non è così: certo che era prevedibile, addirittura inevitabile ma nonostante questo non è successo. Un errore di valutazione planetario.
Conviviamo con i virus da quando il nostro rapporto con gli animali si è fatto più stretto
Addomesticare vacche e buoi, nella notte dei tempi, ci ha messo in contatto con una malattia molto pericolosa: la peste bovina, causata da un virus che nelle sue mutazioni successive è diventato il morbillivirus. Con tutte le conseguenze che questo nuovo ospite ha causato alla nostra specie e non solo. Decisamente altri tempi, altre problematiche, ma anche altra mobilità dei virus, che non hanno mai avuto gambe se non le nostre e quelle degli animali. Oppure le ali degli uccelli.
Mentre lavoravamo per far diventare il mondo sempre più piccolo, rendendolo di fatto un grande condominio, nel quale gli stati potrebbero essere paragonabili alle scale di un complesso residenziale. Cambiando radicalmente il nostro rapporto con animali e ambiente. Passando dall’allevamento operato con metodi da agricoltori agli allevamenti intensivi. Creando così ambienti malsani, pieni di patologie che abbiamo tentato di controllare con uso dissennato di antibiotici. Usando farmaci e sistemi che hanno aumentato le rese al prezzo di grandi sofferenze per gli animali e di enormi danni ambientali.
Abbiamo invaso senza criterio l’ambiente naturale, e in particolare le foreste, distruggendo il polmone verde del pianeta ma anche accorciando le distanze fra uomo e fauna. Che da sempre conviveva con alcuni virus, come nel caso del coronavirus, senza averne un grande pregiudizio. Ma se dovessimo paragonare un virus a un animale potremmo dire che si tratta di una specie opportunista. Capace di fare molto velocemente quello che da sempre cercano di fare, con alterni successi, tutti gli esseri viventi: riprodursi e adattarsi ai cambiamenti.
L’uomo ha la conoscenza, ma la natura ha la potenza di creare sinergie incredibili che gli umani sottovalutano
E così, attraverso l’invasione delle foreste, il più grande bacino di biodiversità del nostro pianeta, l’uomo è entrato in competizione, ma anche in coabitazione, con molte specie selvatiche. Con tutto il loro corredo di virus e di patogeni di vario genere. Realtà che non è solo degli animali non umani, ma rappresenta la replica di quanto accaduto nel Nuovo Mondo all’arrivo dei conquistadores. Che portarono malattie nuove, annientando intere popolazioni, con la trasmissione da uomo a uomo.
Il coronavirus probabilmente deriva dai pipistrelli, che possono essere stati gli involontari vettori del contagio. Così il virus, si è adattato, facendo il salto di specie e trasformandosi in un patogeno dagli effetti devastanti per l’uomo. Questa potrebbe essere la sintesi, che inevitabilmente passa anche dal bushmeat, l’abitudine di mangiare animali selvatici senza controllo e dai wet markets. Luoghi di smercio di carni senza alcun controllo sanitario.
Fatta la sintesi, seppur in modo molto semplificato, quello che resta è una lezione per il futuro, che non deve essere visto come lontano, ma che dovrebbe partire da domani. Cambiando il nostro modo di rapportarci con il pianeta. Comprendendo che quanto sembrava essere un problema solo per gli ambientalisti si è trasformato prima in epidemia e poi in pandemia. Mettendoci in ginocchio con un banale schiocco di dita.
Se vogliamo avere un futuro dobbiamo costruirlo in un modo diverso e, per farlo occorre ripensare, riflettere e rispettare il pianeta
Questa situazione può trasformarsi in un’opportunità, se la sapremo cogliere, oppure può rappresentare l’ultima chiamata, l’ultimo avviso per un cambiamento. Il pianeta senza esseri umani vivrà ugualmente, gli esseri umani se continueranno su questa strada rischieranno di non avere un futuro, sicuramente di non averne uno sereno.
Dobbiamo capire che il pianeta deve essere rispettato e che probabilmente non è più tempo di lasciare la gestione delle risorse naturali in mano ai singoli governi. Serve un governo globale, almeno sotto il profilo ambientale, messo in atto nell’interesse non di questo o quello Stato ma dell’umanità e della biodiversità. Senza ripensare, riflettere e rispettare rischiamo di perdere la scommessa più grande per la nostra specie. Non serve infatti salvare il pianeta, occorre cambiare sistema per salvare il futuro degli uomini.
Ripensare, rispettare, riflettere: l’economia circolare post coronavirus deve basarsi su nuovi presupposti. Per non essere causa di nuovi disastri, ampiamente previsti ma non valutati in modo adeguato. Bisogna ripercorrere la storia umana, tornare al momento in cui abbiamo invertito l’ordine dei valori: quando denaro e economia hanno preso il posto di equità e solidarietà.
Il primo obiettivo dell’uomo non è stato più quello d trovare la miglior strategia per sopravvivere, per garantire l’esistenza del branco. Non ne avevamo più bisogno per sopravvivere perché il passaggio da cacciatori/raccoglitori a agricoltori ci aveva regalato nuove opportunità. Che non abbiamo avuto la capacità di saper condividere, di utilizzare per il bene comune ma solo per far crescere il potere dell’individuo.
Ma per quanto grandi non siamo i padroni del pianeta e il coronavirus ci deve insegnare ad avere rispetto
Questa situazione, inconsueta e terribile, non deve evocare solo scenari apocalittici, ma deve essere vista anche come un’opportunità, per cambiare il nostro modello di sviluppo. Ragionando sul fatto che siamo tutti tasselli dello stesso mosaico. Legati, senza possibilità alcuna di sottrarci alla catena azione/reazione, che coinvolge sul pianeta ogni essere umano.
Questo virus è portatore di due concetti: siamo esseri viventi come tutti gli altri e non siamo onnipotenti, abbiamo bisogno di garantire maggiore equità, rispetto e tutele verso uomini e animali. Verso un pianeta che abbiamo portato allo stremo, lasciando che la ricchezza diventasse più importante della biodiversità e dei diritti. Facendo prendere il comando all’economia, sopprimendo la voce dell’etica con lo stesso comportamento che Pinocchio ebbe con il Grillo Parlante.
Questo virus, nonostante le voci dei complottisti, non viene da un laboratorio umano, ma da quel grande laboratorio che è il nostro pianeta. Un laboratorio che produce molto più di quanto noi immaginiamo, in continua evoluzione e in continuo movimento. Possiamo usare molti dei prodotti che derivano da questa attività incessante, ma non possiamo illuderci di poter controllare tutto quanto accade.
Il corona virus è frutto di un’economia circolare alterata, non armonica, non rispettosa
Sono davvero molti anni che la scienza sostiene che gli allevamenti intensivi, l’allevamento di specie selvatiche in condizioni pessime per scopi alimentari e il consumo di carne senza controlli rappresenti un pericolo. Avvisi inascoltati e spesso derisi, che ora però ci dicono che il coronavirus che sta attaccando la nostra specie è transitato, probabilmente, attraverso pangolini e pipistrelli.
“Gli umani si ammalano mangiando o essendo esposti alla fauna selvatica in questi mercati; le popolazioni di animali selvatici si stanno esaurendo mentre vengono cacciate in camicia e cacciate per questi mercati; e le economie e i poveri sono danneggiati mentre l’abbattimento di massa degli animali in risposta a questi focolai aumenta il costo delle proteine animali di base (animali da allevamento domestici come polli e maiali) che colpiscono i poveri più duramente. ”
Il futuro della specie uomo è nelle nostre mani, dipende dalle nostre scelte
Come è rimasto inascoltato il pericolo derivante da un uso eccessivo degli antibiotici nell’allevamento degli animali. Creando problematiche di antibiotico resistenza negli umani, con conseguente strascico di morti sottovalutate. Una densità eccessiva di animali, costretti a vivere in condizioni igieniche precarie e sotto costante stress non è stata vista come un problema da risolvere, cambiando metodiche di allevamento. Si è preferito riempire gli animali di sostanze che minimizzassero gli effetti, consentendo di rendere la carne un prodotto a basso costo.
Quante altre occasioni i sapiens potranno avere prima di un disastro ancora più drammatico di questa pandemia? Non siamo in grado di poter dire cosa succederà quando le emergenze si sommeranno, né di sapere quando questo accadrà. Però siamo certi, purtroppo, che tutto questo succederà se non proveremo a cambiare il nostro modello di sviluppo. Pagando in fondo un prezzo molto più basso di quello che ci sarà messo di fronte se anche questa esperienza ci scivolerà addosso, come l’acqua sulle penne delle anatre.
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