Caccia aperta a lupi e orsi: l’Europa sta per piegarsi alle richieste degli allevatori

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Caccia aperta a lupi e orsi: le destre ottengono all’Europarlamento una schiacciante maggioranza sulla risoluzione che apre la strada agli abbattimenti. Richiesti a gran voce dai cacciatori e sostenuti politicamente dalla parte più vicina a queste realtà, gli abbattimenti dei predatori stanno per essere sempre più vicini. I grandi predatori, come orsi e lupi, sono indicati, da anni, come un pericolo per gli allevamenti di animali al pascolo e non come componenti indispensabili per il mantenimento degli equilibri.

Una strada che parte da lontano, aperta iniziando a creare paura e ostilità nella popolazione. Che a forza di sentire descrivere i lupi come una minaccia per le attività umane, non si attiva contro le ipotesi di un provvedimento immotivato. La strategia era chiara da tempo e la si poteva leggere nei titoli delle cronache dei giornali. Dove i lupi vengono quasi sempre presentati come un pericolo per bambini e animali domestici, che devono essere difesi da questi predatori feroci. Una narrazione insensata, ma capace di fare facile breccia in chi poco conosce dei meccanismi naturali, dell’importanza di lupi e orsi.

Pochi giorni fa il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza (306 favorevoli, 225 contrari e 25 astenuti) la risoluzione che propone nuove strategie per la tutela degli allevamenti. Dichiarando, falsamente, l’inefficacia dei metodi di difesa attiva, come recinti elettrici e cani da guardiania, per tutelare gli animali domestici dai predatori. In Italia il pericolo maggiore di un cambiamento di status, necessario per renderlo cacciabile, riguarda il lupo, che ha una popolazione ben distribuita e diffusa sull’intera penisola. Minor pericolo corrono gli orsi del nostro paese, che sono ancora molto lontani dal poter essere considerati fuori pericolo di estinzione. In particolare per quanto riguarda la sottospecie marsicana.

Caccia aperta a lupi e orsi, assecondando le richieste di allevatori e cacciatori

Nonostante sia oramai riconosciuta la necessità di mantenere l’equilibrio ambientale, come condizione fondamentale per la salute del pianeta, la politica cerca sempre di esplorare nuove vie. Per accontentare quella componente granitica del suo elettorato che in un momento di grande volatilità dei consensi e di volubilità nel voto, rappresenta una garanzia. Solida come hanno sempre dimostrato di essere i rappresentanti di allevatori e cacciatori all’interno delle urne. Portatori di interessi pratici ed economici che sono disponibili a difendere ricompensando i politici che assecondano le loro richieste. Universalmente riconducibili agli schieramenti politici della destra, come avviene oramai da tempo in tutta Europa.

Che il lupo in Italia non sia attualmente in pericolo di estinzione è scientificamente un dato di fatto difficile da contestare. Nonostante i numerosi episodi d bracconaggio, occulti e palesi, investimenti e avvelenamenti. Il lupo ha dimostrato di essere una specie resiliente, capace in pochi decenni di riconquistare l’intero stivale, con una diffusione praticamente quasi ubiqua. Il focus sulla presenza e sull’importanza del lupo deve però andare oltre alla minaccia di estinzione. Diversamente si affronta il problema guardando solo una delle tante sfaccettature delle questione che riguarda i predatori.

Bisognerebbe fare valutazioni più complesse e di più ampio respiro, che portino a ragionare sull’importanza del lupo piuttosto che sui danni che provoca agli allevamenti. Le prede d’elezione del lupo sono gli ungulati selvatici per arrivare sino alle nutrie, mentre gli animali domestici diventano un obiettivo solo quando sono incustoditi e senza difesa. Un ragionamento fatto senza pregiudizi e senza che siano gli interessi economici di pochi a prevalere, dovrebbe far valutare ben altri fattori che non il pericolo di estinzione. Bisognerebbe partire da lontano, proprio dalla necessità di mantenere l’equilibrio ambientale.

La caccia ha fallito ogni obiettivo di equilibrio, ma piuttosto ha dato un grande contributo in direzione contraria

Dopo decenni di gestione faunistica lasciata nelle mani dei cacciatori è oramai possibile affermare con certezza che la caccia non abbia mai funzionato come fattore equilibrante. Fallita nell’operazione di contenimento delle popolazioni e falsa nella leggenda che descrive i cacciatori come i più attenti custodi della natura e del territorio. Affermazioni che hanno riempito per decenni giornali e libri ma che, alla verifica dei fatti, risultano indifendibili. L’uomo non è in grado di creare forme di equilibrio più efficaci di quelle che si creano in un ambiente sano. Come dimostra la pessima gestione dei cinghiali, dove appare chiaro che la caccia non abbia mai contribuito a risolvere alcunché. Creando invece con la sua miopia una diffusione di questi ungulati che è partita proprio dai ripopolamenti per scopi venatori.

Pensare, alla luce delle conoscenze sull’etologia del lupo, che azioni di contenimento tramite abbattimento possano risolvere il problema delle predazioni è, scientificamente, una follia. Priva di ogni base, anche solo empirica, che possa garantire il funzionamento di questa teoria. Con una struttura sociale molto articolata il risultato di operare abbattimenti potrebbe portare solo ad una minor efficacia nella caccia dei branchi, che sarebbero così costretti a rivolgere le loro attenzioni verso prede più facili: gli animali d’allevamento.

Una realtà con motivazioni diverse, ma con risultati fallimentari analoghi, è stata quella di usare i cacciatori per limitare i cinghiali. Facendo finta di dimenticarsi come anche questi animali abbiano delle logiche di branco e una struttura sociale complessa. Che porta come conseguenza degli abbattimenti fatti dai cacciatori un innalzamento del tasso riproduttivo. Che unito a una pessima gestione dei rifiuti ha reso i cinghiali un problema, di fatto causato e amplificato proprio da scelte umane inappropriate. Per tutte queste considerazioni le decisioni di proseguire su strade fallimentari dovrebbero essere contrastate a tutto tondo.

Non sono i numeri dei lupi il problema, ma le condizioni di allevamento che non possono proseguire immutate

Se riconosciamo l’importanza di tutelare l’ambiente, dobbiamo anche riconoscere l’importanza di ogni creatura che lo abita e l’inadeguatezza dell’uomo nel cercare di gestire meccanismi che, peraltro, nemmeno conosce compiutamente. Esistono ambienti naturali che restano in perfetto equilibrio senza intervento umano, non sono noti interventi umani che abbiano ricostruito, a 360 gradi, equilibri alterati. Salvo che questo passaggio non sia avvenuto attraverso una rinaturalizzazione degli ambienti, che si sono poi rigenerati in modo autonomo nel corso di decenni.

Occorre che su questi punti la buona informazione faccia il suo lavoro, perché negare il fatto che i lupi non siano attualmente in pericolo di estinzione non servirà. Non serviranno a tutelare l’equilibrio ambientale gli abbattimenti, ma nemmeno le operazioni in cui si raccolgono fondi e consensi per una imprecisata difesa dei lupi. Bisogna riuscire a smontare la leggenda del lupo cattivo, creando consapevolezza nell’opinione pubblica che, spesso, crede ancora alle leggende che raccontano di lupi lanciati dagli elicotteri per ripopolare l’Appennino. Stupidaggini? Certamente si, ma con una diffusione e un seguito che probabilmente una notizia vera sarebbe riuscita a ottenere. Credo che questo sia un buon punto di ripartenza, per non perdere la battaglia per un futuro dignitoso per uomini e animali.

Orsi e lupi sono sovrabbondanti: parola di ministro Lollobrigida

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Orsi e lupi sono sovrabbondanti nel nostro paese, secondo quanto ha affermato il neo ministro all’Agricoltura e alla Sovranità Alimentare durante un incontro in Alto Adige. Una dichiarazione, che oltre a far sorridere per il concetto espresso con un termine scientificamente improbabile, sicuramente non fa presagire tempi sereni per la fauna. Del resto questo era chiaro già prima delle elezioni, quindi chi ha votato la coalizione ha implicitamente approvato l’idea di un uomo sempre più padrone del territorio. Un antropocentrismo che da anni è contenuto nel lessico dei due maggiori partiti di questo inedito governo.

“Noi dobbiamo proteggere le specie in estinzione, ma non incrementare le specie che possono essere dannose per allevatori e produzione nazionali. È evidente che se 30 anni fa alcune specie erano in estinzione, oggi sono sovrabbondanti, quindi bisogna affrontare il problema con pragmatismo e senza ideologia, che hanno reso impossibile attività virtuose come allevamento e agricoltura”

Dichiarazione tratta dall’articolo della testata Alto Adige

Appare evidente che il ministro, probabilmente preso dalla foga oratoria o forse per una conoscenza superficiale del mondo naturale, sia scivolato in un commento da bar sport. Motivato anche dalla voglia di piacere a una platea fatta di agricoltori e allevatori, che volevano avere la certezza del significato di sovranità alimentare. Che sembra potersi riassumere nel concetto “prima agricoltori e allevatori, poi animali e ambiente“. Così al ministro sfugge che fra estinzione e sovrappopolazione, non ci sta la sovrabbondanza, ma l’equilibrio. Senza il quale l’uomo in un tempo breve rischia di estinguersi come i dinosauri per una politica incapace di comprendere la necessità di avere visione, basata sul futuro e non soltanto su domani.

Orsi e lupi sono sovrabbondanti solo nelle parole in libertà del neo ministro Lollobrigida

Solo pochi mesi fa si è concluso il monitoraggio sulla popolazione dei lupi nel nostro paese, che ha fornito il quadro sulla presenza del predatore su tutto il territorio dello stivale. Una popolazione che si è diffusa, grazie all’aumentato numero di ungulati selvatici che costituiscono le loro prede principali. Come hanno capito anche molti allevatori. Le predazioni fatte dai lupi sugli animali domestici sono quasi tutte dovute a una mancata vigilanza sugli animali al pascolo, al non uso dei sistemi di protezione come cani da guardiania e recinti elettrificati. Eventuali perdite subite dagli allevatori sono comunque indennizzate, anche quando questi non utilizzano nessuna attività di prevenzione.

Appare quindi grave che un ministro, che deve sempre mettere al centro della sua azione la collettività e non solo alcune categorie, pronunci concetti così sconnessi. Dalla realtà, dal suo ruolo ma, soprattutto dai criteri scientifici che affermano da tempo che la salute del pianeta è indissolubilmente legata con equilibrio e tutela ambientale. Senza poter dimenticare, nelle parole del ministro, quel riferimento alle attività virtuose come l’allevamento, che sono invece responsabili di buona parte dei problemi ambientali. Che si affacciano ogni giorno con sempre maggior prepotenza e che non saranno tenuti a bada con le chiacchiere.

La tutela ambientale non è prioritaria per il governo, come si capiva già prima della sua formazione e dalle prime attività messe in campo. Come la ripresa di nuove trivellazioni in Adriatico per sopperire alle problematiche venutesi a creare con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Un’idea scellerata, considerando che l’idea per un futuro in grado di limitare le emissioni non passa attraverso il gas. Che può essere un’energia di transizione, ma non una scelta per il futuro energetico italiano o planetario. Che senso ha, quindi, aprire nuovi pozzi che entrerebbero in funzione fra anni?

La tutela ambientale e l’aumento della sostenibilità delle attività umane rappresenta l’unica luce in fondo al tunnel

I cittadini dovrebbero pretendere che le priorità dell’esecutivo siano quelle che sono al centro delle preoccupazioni di tutta la comunità scientifica. Non è più tempo di demagogia, frasi a effetto e di facile ricerca del consenso, occorre agire con provvedimenti urgenti e di buon senso. Anziché preoccuparsi dei lupi o degli orsi, ministro Lollobrigida, si preoccupi di rendere l’agricoltura ecosostenibile e di puntare a una progressiva riduzione degli allevamenti di animali. Non si possono più sentire sempre le stesse argomentazioni, vuote e senza verità, perché chi governa in questi tempi burrascosi, ha il dovere di garantire il futuro alle prossime generazioni.

Il clima da costante campagna elettorale, le dichiarazioni prive di contenuto e i provvedimenti che non contengano, anche, criteri di sostenibilità ambientale sono fuori dal tempo. Non soltanto perché hanno mortificato in anni e anni, sotto governi di ogni colore, il nostro paese, ma anche perché il tempo delle scelte è finito. Ora c’è soltanto il coraggio delle decisioni, responsabili e prese in nome del bene comune, per l’intera comunità umana.

Abbattere i lupi non salva le pecore, mentre abbattere le notizie false migliorerebbe la società

abbattere lupi non salva pecore

Abbattere i lupi non salva le pecore, eppure ogni giorno ci sono notizie di attacchi ad allevamenti finalizzate a far approvare le uccisioni. I toni sono sempre gli stessi, allarmistici, con contenuti privi di buon senso e finalizzati a fomentare l’odio verso i predatori. L’ennesimo capolavoro di disinformazione porta questa volta la firma di Coldiretti Livorno che pubblica sul suo sito un articolo dai toni apocalittici. Predatori: il lupo nel gregge, nuova mattanza nella notte nel Golfo di Baratti è il titolo, giusto per far capire il tenore da subito. Due pecore sono state sgozzate, scrivono, dimenticando anche il significato del verbo sgozzare. Che indica l’uccisione di un uomo o di una persona a seguito del taglio della gola. Con un coltello, non con un morso.

Cani falchi tigri e trafficanti

Le pecore erano difese, secondo l’articolista, da una rete elettrosaldata alta due metri. Quelle reti che servono per fare le armature del calcestruzzo e che non sono una difesa reale. Se fossero stati più attenti e informati avrebbero saputo che quella rete, anche elettrificata, non aveva impedito la fuga di M49. Il povero orso trentino tutt’ora rinchiuso a Casteller, evaso proprio grazie a quel tipo di rete. Questi materiali vengono usati per fare economia, sperando che essendo di ferro siano robusti. Invece non sono servite a nulla, anzi hanno agevolato il lupo nella sua scalata alle pecore.

Il comunicato di Coldiretti non si ferma a questo, non si limita a difendere un allevatore che non aveva messo in atto sistemi d difesa idonei. Si spinge oltre, con delle vere perle di ignoranza, perché bisogna chiamare le cose con il loro nome. Perle che sono state riprese in modo del tutto acritico dai siti dei cacciatori come Cacciapassione.

Non ci sono solo lupi, ma anche ibridi e canidi nello stupefacente bestiario di Coldiretti

Lupi, ma sempre più spesso ibridi e canidi, entrano dentro greggi e mandrie, più di una volta al giorno.

Frase estrapolata dall’articolo pubblicato da Coldiretti Veneto il 5 ottobre 2021

Negli allevamenti entrano indisturbati i lupi, gli ibridi (che sono lupi a loro volta, seppur geneticamente contaminati) e anche i canidi che altro non sono che la famiglia dei mammiferi che comprende lupi e cani. Insomma non solo la verità e il buon senso ma anche la scienza viene maltrattata. Pur di creare scalpore, pur di fare notizia. Per alimentare la leggenda che il lupo sia pericoloso, per cercare di ottenere il via libera agli abbattimenti. Un provvedimento molto desiderato dai cacciatori, ma anche del tutto inutile per evitare le predazioni.

I lupi non hanno, al pari dei cinghiali e degli orsi ,problemi nel reperire cibo. Gli animali cercano soltanto di sfruttare delle opportunità, riducendo consumi energetici e rischi. Si avvicinano agli insediamenti urbani e alle attività umane perché trovano cibo. Facile, economico e disponibile in gran quantità senza far fatica. Colpa di chi non è capace di gestire i rifiuti, responsabilità di chi non mette in atto le protezioni necessarie per difendere i suoi animali.

Quindi anche se venisse aperta la caccia al lupo questo non ridurrebbe le predazioni negli allevamenti. Nemmeno consentirebbe di lasciare gli animali al pascolo senza vigilanza. I predatori continuerebbero a scegliere le prede più facili da attaccare, con minori difese e che presentano rischi bassi di restar feriti. Quindi invocare gli abbattimenti dei lupi perché sono troppi è davvero un’idiozia rispetto alla tutela degli allevamenti. Sono gli allevatori che devono cambiare modalità, investire risorse e intelligenza nella prevenzione.

Il concetto è facile da capire ma ci sono due motivazioni per travisare la realtà

La prima ragione sono i fondi pubblici, le sovvenzioni, che vengono riconosciute all’agricoltura e all’allevamento di animali. Fondi che permettono di far vivere realtà economiche che avrebbero da tempo chiuso i battenti senza questi quattrini. Allevatori che per anni hanno guadagnato non tanto sulla produzione ma dalla contribuzione pubblica, pensando e sperando che questa cosa potesse durare all’infinito. Sempre in perfetta sintonia con i cacciatori, quando si parla di abbattimenti. Per difendere le loro prede, per accreditarsi come gli unici in grado di gestire l’orda famelica dei predatori.

Con una politica che da entrambe le fazioni raccoglie importanti pacchetti di consensi elettorali. Come dimostrano le porcherie fatte con i calendari venatori per favorire, anche in barba alla legge, i cacciatori. Se l’informazione vera, non quella che pubblica le veline senza nemmeno leggerle, facesse il suo mestiere queste notizie sparirebbero dalle cronache. Sarebbe il primo grande vantaggio realizzato per difendere un patrimonio collettivo, la nostra biodiversità, che non è di cacciatori e allevatori.

Il secondo vantaggio, in termini di risparmio potrebbe essere la sospensione di contributi e indennizzi pubblici a chi non dimostri di aver difeso correttamente gli animali. Chi alleva deve mettere in atto tutte le cautele che tecnologia e madre natura ci hanno fornito. Recinti elettrificati, dissuasori elettronici e cani da guardiania. Se non lo fa deve diventare un suo esclusivo problema, senza far ricadere i costi sulle spalle di tutti, mentre i guadagni vanno nelle sue tasche.

Osso la lupa, allevatori e cultura: la prepotenza paga in un paese con poche conoscenze naturalistiche

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Osso la lupa, allevatori e cultura: quando vince la prepotenza perde sempre la cultura. In questi giorni una manifestazione organizzata dagli allevatori ha impedito a Antonio Matteo Rubino di presentare il suo libro, nel corso di un incontro organizzato per i ragazzi all’Alpe Devero, in Piemonte. Con una sgangherata protesta, il cui scopo era sintetizzato in uno striscione: “Via i lupi dai pascoli”. Gli allevatori, con giornalista al seguito hanno indotto l’autore di “Osso la lupa: uomini e lupi sulle Alpi” a rinunciare all’evento. Una minaccia indegna e arrogante come l’ignoranza di chi l’ha messa in atto.

Cani falchi tigri e trafficanti

Scrivere e fare divulgazione naturalistica sono attività che contribuiscono a diffondere cultura, illustrando, in questo caso, l’importanza della convivenza, della condivisione. Attività che in un paese libero devono essere garantite, come scritto nella Costituzione, che sancisce libertà di espressione. Questo non vuol dire che ci debba essere un pensiero unico, ma solo che nell’ambito dei limiti imposti dalle leggi sia sempre possibile esporre la propria opinione, senza subire intimidazioni.

Osso la lupa, allevatori e cultura devono poter convivere e se qualcuno pensa di intimidire ha sbagliato strada

L’atteggiamento degli allevatori contro i lupi puzza di stantio, di ignoranza e di pregiudizi. Ma parla anche di un’agricoltura drogata dai finanziamenti comunitari che in nome della produzione di cibo sovvenziona realtà economicamente insostenibili. La UE da una parte stimola il cambiamento per poi, dall’altra, finanziare allevamenti, compresi quelli intensivi e le campagne per incentivare il consumo di carne.

Sino a quando i lupi non hanno nuovamente colonizzato i loro territori ancestrali gli allevatori erano abituati ad avere reddito da animali lasciati liberi al pascolo. Quasi sempre senza custodi, senza difese, visto che il massimo rischio era un quello di un animale caduto in un dirupo oppure un furto. Poca cosa rispetto all’assenza di costi vivi, sino a quando non sono tornati i predatori e come una volta è tornata l’esigenza di difendere gli animali. Un cambiamento che gli allevatori non hanno mai accettare, nonostante le sovvenzioni, nonostante gli indennizzi per i capi predati e le sovvenzioni per i sistemi di difesa.

I tempi cambiano. non solo per gli agricoltori ma per tutti. Una realtà che troppo spesso non viene sottolineata in modo chiaro. Ogni attività economica ha registrato importanti modifiche nello svolgimento del lavoro dal dopoguerra a oggi. Basti pensare alle norme antinfortunistiche sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e a quelle di natura ambientale. Fra i pochi settori ai quali si è consentito decisamente troppo ci sono proprio tutti gli allevamenti di animali. In nome della produzione di alimenti abbiamo calpestato benessere e buon senso. Lasciando mani libere a chi pensava solo al guadagno.

Dietro le manifestazioni degli agricoltori ci sono confederazioni e partiti politici, che soffiano sul fuoco per avere adesioni e voti

La manifestazione inscenata all’Alpe Devero per impedire la presentazione del libro non può essere considerata legittima espressione di opinioni, quando vìola le libertà garantite dalla democrazia. Un libro non è mai solo un libro, ma è uno strumento che diffonde conoscenza. Un bene supremo in un paese che legge poco, si informa male e partecipa controvoglia alla vita sociale. Un libro può essere utile per raccontare l’importanza dei predatori, che non diminuisce solo perché qualche allevatore minaccia o strepita. I pascoli e l’ambiente non sono di chi li sfrutta, ma devono essere considerati un patrimonio collettivo.

I lupi in Italia, nonostante le leggende messe in circolazione da allevator e cacciatori, non sono mai stati oggetto di reintroduzione. Si sono ripresi gli ambienti nei quali hanno sempre vissuto, dando un grande esempio su resilienza e resistenza della natura. Una forza, quella dei lupi, che non si piega ai voleri dell’uomo, ai suoi abusi, al bracconaggio dilagante. I lupi sono animali intelligenti, adattabili, con branchi che per molti versi ricordano le famiglie umane, dimostrando grande capacità di adattamento.

L’importanza dei predatori è nota: collocandosi al vertice della catena alimentare rappresentano una presenza indispensabile per la ricostruzione degli equilibri spezzati dall’uomo. Eliminando i predatori sono aumentate le prede, spesso reintrodotte per potergli dare la caccia, senza preoccuparsi delle inevitabili alterazioni ambientali che ne sarebbero derivate.

Cambiamo le regole sugli allevamenti di animali, che non sono più sostenibili sotto il profilo ambientale e etico

Per far cessare le polemiche sui predatori sarebbe sufficiente stabilire che non possa essere soggetto destinatario di contributi pubblici chi alleva animali senza proteggerli in modo adeguato. Impedendo di dare sovvenzioni a chi lascia gli animali a pascolare senza sorveglianza e senza strumenti di protezione adeguati, come i recinti elettrici e i cani da guardiania. L’accesso agli indennizzi per le predazioni non dovrebbe essere concesso a chi non rispetta queste regole.

I soldi risparmiati potrebbero essere impiegati nella divulgazione delle buone pratiche, delle corrette informazioni scientifiche e per la formazione sulla necessità di convivenza con gli animali selvatici. Facendo cessare la propaganda che vede la gestione venatoria della come unico strumento per garantire gli equilibri faunistici. Una grande bugia, analizzando i fallimenti succedutisi in decenni di gestione dei selvatici lasciata nelle mani dei cacciatori. Bugie come quelle che raccontano di lupi reintrodotti dagli animalisti o lanciati nei boschi dagli elicotteri.

Nel frattempo speriamo che i Carabinieri abbiano identificato i responsabili della manifestazione all’Alpe Devero, che hanno di fatto impedito a Rubino di presentare il suo libro ai ragazzi. La vittoria della prepotenza, e dell’arroganza su cultura, sensibilità e divulgazione è stata l’arma sempre usata dalle dittature. Impedire alla conoscenza di circolare liberamente mette i presupposti per la creazione di una comunità di sudditi.

La morte di Daniza, colpa dei media?

morte Daniza colpa dei media

Morte Daniza colpa dei media? Due anni fa moriva Daniza, uccisa da un’overdose di narcotici come stabilirà la necroscopia fatta dal dottor Rosario Fico, responsabile del Centro di referenza nazionale per la medicina veterinaria forense. Una morte inutile, con qualche responsabilità nei giornali che han trasformato una banale situazione di gestione in un problema.

Nel nostro paese la stampa ha un’attitudine a creare mostri e specie quando tratta di animali, ha la caratteristica di mescolare vero con verosimile, verità con bugia, racconti immaginari in avventure vissute, come è accaduto per l’aggressione del famoso fungaiolo Daniele Maturi, in cui nulla di quanto dichiarato è stato mai provato, anzi quasi tutto è stato ampiamente smentito dalle indagini. Per non parlare degli strappi sui jeans fatti dalle unghie del plantigrado, in orizzontale invece che in verticale.

Morte Daniza colpa dei media ? Probabilmente si, perché nell’estate di due anni fa i giornali hanno montato la finta aggressione, le problematiche degli orsi e hanno colpevolmente soffiato sul fuoco della paura dei valligiani. Sanno che basta poco, gli argomenti sono virali e si comportano come le valanghe: mano mano che passa il tempo si ingrossano e con l’incedere dei giorni piccoli episodi riescono a creare grandi drammi, fasulli, di cartapesta come la credibilità dell’ex pugile aggredito da Daniza. Volete una prova? Dichiarò che Daniza l’aveva aggredito e che gli aveva morso un piede, esibendo uno scarpone trapassato da due canini: ma Daniza aveva un canino spezzato e non poteva aver lasciato quel segno e anche la distanza fra i denti non corrispondeva affatto alle misure rilevate sul corpo dell’orso.

Ma oramai il mostro era stato creato, l’orso aggressivo e pericoloso che predava gli armenti e aggrediva gli umani aveva preso il posto che meritava nell’immaginifico popolare, alimentato dai racconti dei cacciatori, da agricoltori vittime di mostri mitologici che avevan sembianze d’orso. Per questo è morta Daniza, per un caso agitato dai giornali, che han stimolato la politica, che si è fatta condizionare dalle paure, dalle convenienze dei rapporti con il mondo agricolo e quello venatorio fino a dire che Daniza andava catturata, ingabbiata, eliminata se fosse stato necessario.

Il treno era partito e era un treno che avrebbe alla fine decretato la morte di Daniza, secondo l’italica logica che un incidente può sempre capitare. E’ capitato a uomini come Sindona, in un carcere di massima sicurezza, vittima di un caffé corretto, forse è capitato a un Papa come Albino Luciani, poteva certo capitare a un’orsa, rea di aver messo in croce la politica, che prendeva i soldi dei progetti Life e poi negava di aver dato la disponibilità a trasformare un meleto in una terra anche per gli orsi. Che ricordiamolo stavano al Trentino come la nazione Sioux agli Stati Uniti: c’erano prima dei meleti e tornavano a occupare una piccola porzione del territorio.

Ma la storia del nostro paese è fatta di emozioni, troppo spesso, e poco assai di ragioni è così l’anno successivo gli orsi han quasi perso il palcoscenico, soppiantati dai lupi assassini, rei di assalire le greggi, di gettare le famiglie nel panico, di far nascere paure per l’incolumità dei bimbi, puranco se l’ultimo attacco di un lupo a un uomo si perde nei secoli.

Certo lo scenario è diverso, un lupo è pur sempre un canide, con logiche e comportamenti diversi da un orso, vive in branco: è più facile da colpire e da uccidere. Così nell’estate 2015 e nel 2016 il demone cambia fattezze, si fa lupo, grazie ai giornali, alle trasmissioni televisive come Le Iene, di cui questo blog si è ripetutamente occupato. Non c’è pace per la fauna quando i media non divulgano informazioni scientifiche ma danno corpo a mostri, fanno rivivere le paure, sbandierano il termine “predatori” come se noi uomini fossimo verginelle.

Per questo è morta Daniza, per questo in Italia i predatori sono vittime dei miti che certa stampa gli ha cucito addosso per vendere, copie o pubblicità, per fare audience e qualche centinaia di migliaia di click. L’informazione è talmente povera che nessuno sa che il veterinario che si occupò della telenarcosi di Daniza è stato rinviato a giudizio dalla GUP di Trento è che solo un’oblazione provvidenziale ha permesso di estinguere il reato senza conseguenze, con buona pace dell’Ordine dei Veterinari di Trento. Per arrivare a questo un valzer giudiziario che ha coinvolto la Procura di Trento, che voleva archiviare, il GIP Carlo Ancona che impose la riapertura dell’indagine e al fine un rinvio a giudizio per il reato punito dall’articolo 727 bis del Codice penale: una contravvenzione che si può estinguere con qualche migliaio di euro.

La tutela della nostra fauna, per il legislatore, vale molto ma molto meno dei soldi che l’Europa ha investito sui progetti LIFE per lupi e orsi.

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