L’orso M49 e Vasco Rossi: una situazione che pare incompatibile a molti trentini, preoccupati per il frastuono causato dall’evento. Che avverrà a pochi passi da dove l’orso è recluso. Se per Maurizio Fugatti l’iniziativa di ospitare il concerto del Blasco nazionale, in un’arena costata 2,5 milioni di euro, sembra fantastica dello stesso parere non sono gli ambientalisti. Preoccupati che i rumori prodotti dal concerto possano terrorizzare l’ultimo orso ancora recluso nella prigione di Casteller. Una preoccupazione che pare legittima.
Se non fosse per il concerto di un artista molto amato dal pubblico, che sembra essere molto seccato dalle polemiche, in molti si sarebbero dimenticati dell’orso Papillon. Dopo essere stato per mesi sotto i riflettori, grazie alle molte proteste delle associazioni e a infinite battaglie legali, sulla sorte di M49 era quasi sceso l’oblio. Un fenomeno comune a molte situazioni drammatiche, considerando quello che sta succedendo anche con la guerra in Ucraina. Il livello di attenzione piano piano scende, creando un’abituazione anche di fronte alle più grandi tragedie.
L’orso M49 e Vasco Rossi: due mondi che non dovrebbero mai potersi incontrare a distanza così ravvicinata
Animali selvatici e persone dovrebbero poter stare a debita distanza, essendo mondi che devono convivere ma che non dovrebbero avere interazioni strette. In particolare quando, come in questo caso, all’orso viene negata ogni possibilità di fuga, di potersi liberamente sottrarre a situazioni che generano stress. La storia di M49 rappresenta il triste epilogo di una convivenza che sarebbe stato meglio, alla luce dei fatti, non far neanche iniziare. Bisogna prendere atto che in Trentino non ci sarà, probabilmente mai, una convivenza serena con gli animali selvatici, in particolare con orsi e lupi. Almeno fino a che ci sarà questo stato di cose.
Ma se i lupi sono arrivati nel corso di una riconquista naturale del territorio lo stesso non si può dire per quanto riguarda gli orsi. Anni di proteste e di proposte, di scontri legali non hanno portato a nulla. Tutti gli orsi catturati sono rimasti in cattività e per gli orsi abbattuti c’è stata una giustizia solo parziale. Inutile illudersi che qualcosa possa cambiare a breve: i cambiamenti avvengono quando l’atteggiamento delle persone cambia, quando si fa strada l’idea che non ci possa essere un dominio assoluto dell’uomo sull’ambiente.
Se indigna il frastuono di un concerto messo in scena a poca distanza dalla gabbia dell’orso M49 bisogna anche chiedersi come lavorare per ottenere un cambiamento. Talvolta l’impressione è che vengano spese molte energie nelle proteste, ma non altrettanto nelle proposte, nella parte di azioni utili a generare una crescita culturale. Inutile cercare di gestire la coda velenosa e avvelenata del problema, se prima non si lavora per modificare le condizioni che generano il conflitto.
Orsi e lupi non diventano confidenti o problematici per una caratteristica comportamentale, ma solo per deviazioni indotte dall’uomo
Dopo anni di conflitti fra uomini e predatori, dopo aver fatto approfondite analisi sulle motivazioni che generano lo scontro sarebbe tempo di abbandonare le semplificazioni. La convivenza fra uomini e predatori è non solo possibile ma utile e necessaria, a patto che vengano rispettate le regole che potrebbero garantirla. Continuare a pensare che la soluzione per ridurre i conflitti possa passare dagli abbattimenti è una dimostrazione di miopia, come il solo protestare per gli atteggiamenti ostili. Occorre lavorare in via preventiva per cambiare le cose.
Pessima gestione dei rifiuti, invasioni di campo eccessive, gestione degli animali d’allevamento lasciati al pascolo, educazione dei residenti e dei turisti sono gli aspetti più importanti da affrontare. Su questo residenti e associazioni devono fare la loro parte con azioni di cittadinanza attiva e di confronto stringente con le amministrazioni. La strategia deve essere quella di non lasciare più alibi alla politica, che troppo spesso liquida le azioni di chi vorrebbe una diversa convivenza come atti emotivi o peggio irrazionali.
Per mettere la cattiva politica, quella che guarda solo ai risultati delle urne, all’angolo bisogna costringerla a doversi confrontare. Sulle proposte, sulle carenze dell’azione amministrativa e sulle inadempienze che poi generano incidenti con i selvatici. Un percorso certamente non breve, ma probabilmente anche l’unica direzione su cui lavorare, per garantirsi dei successi. Per non dover vedere più orsi rinchiusi in spazi angusti, destinati a impazzire in una gabbia.
Orsi maltrattati in Trentino, una questione che dura da troppi anni, senza trovare soluzione. Questo è valso per gli orsi che sono stati imprigionati nella struttura di Casteller, ma molte altre sono le questioni immutate che riguardano gli orsi liberi. Una convivenza, quella fra uomini e orsi, che è stata minata sin dall’inizio da una serie di inadempienze. Rispetto a quanto era previsto nel progetto sulla reintroduzione, ma anche alle condizioni di ordinaria gestione della loro presenza. Creando situazioni che si sono accumulate, senza essere mai risolte.
La trasmissione “Mi manda Rai Tre”, condotta da Federico Ruffo, ha recentemente mandato in onda una sintesi della vicenda. Una cronistoria esaustiva, su quanto è stato fatto in decenni. Comprese le mancanze consolidate nel tempo, come la cattiva gestione dei rifiuti che porta gli orsi a guardare ai cassonetti come a comode mangiatoie. Luoghi stracolmi di cibo a costo energetico zero, che inevitabilmente attirano gli animali selvatici. Ma se in città arrivano piccioni, cornacchie in Trentino il richiamo funziona anche con gli orsi. Dando luogo a diverse problematiche.
Orsi maltrattati in Trentino, senza che siano stati messi in atto interventi concreti per risolvere i problemi
In un’oretta di trasmissione, che per necessità ha dovuto fare sintesi, sono emerse una serie di contraddizioni che hanno connotato l’operato delle istituzioni. Purtroppo senza troppe eccezioni, ma con un danno patito dagli orsi, che in fondo era facilmente prevedibile. Con un’ostilità della politica trentina che prima li ha voluti e poi ha dimenticato i suoi doveri. Attizzando l’intolleranza piuttosto che lavorare sulla necessità della convivenza. Un uso strumentale che ha portato all’uccisione di diversi animali e alla carcerazione di altri. Difficile dire quali siano stati gli animali più fortunati.
Fra le istituzioni quello che forse più sconcerta è il comportamento della Procura di Trento. Che non ha mai voluto considerare come un maltrattamento le condizioni di detenzione degli orsi. Imprigionati a Casteller in condizioni davvero vergognose. Un fatto che è stato testimoniato da veterinari e dai Carabinieri Forestali, in un rapporto che non ha prodotto risultati. Lasciando aperte, se non spalancate, le porte a una serie di comportamenti inaccettabili. Creando un precedente tanto brutto quanto pericoloso.
Eppure il centro di detenzione di Casteller era stato progettato proprio per custodire gli orsi problematici. Con l’approvazione di ISPRA, che se molte volte è stata esclusa dalle decisioni in molte altre è stata protagonista. Mentre in altre ha deciso di comportarsi come il convitato di pietra. Così la struttura ha dimostrato per ben due volte di essere anche vulnerabile, consentendo la fuga di M49. L’orso diventato un simbolo e ribattezzato Papillon dal ministro Costa. Per la sua capacità di evadere ripetutamente dal carcere.
Il futuro degli orsi trentini rischia di essere a tinte fosche, considerando i comportamenti di amministratori e inquirenti
La Procura di Trento ha richiesto da poco l’archiviazione delle denunce presentate dalle associazioni di tutela degli animali. Con un provvedimento che farà discutere e che sarà impugnato dalle associazioni la pubblica accusa ha messo nero su bianco che tutto è stato fatto rispettando le norme. Secondo gli inquirenti la cattura e la detenzione degli orsi è stata ordinata nel rispetto del PACOBACE, mentre è da escludere il maltrattamento. Questa decisione sembra motivata dal fatto che gli orsi fossero sotto costante sorveglianza dei veterinari.
Una decisione difficile da comprendere e da giustificare, in quanto non è la presenza dei veterinari che fa escludere il maltrattamento di animali. Al massimo questa potrebbe essere un’aggravante nella valutazione del quadro generale. Il centro è inadatto per gli spazi a disposizione e i tre plantigradi che vi erano detenuti sono stati segregati per lungo tempo in spazi piccolissimi. Del tutto inadeguati al fabbisogno di un orso di cattura, come peraltro era stato rilevato dai Carabinieri Forestali durante il loro sopralluogo.
Il maltrattamento di animali non può essere slegato dal benessere psicofisico di chi lo subisce
Secondo quanto emergerebbe dalla richiesta di archiviazione sono i presupposti e non le conseguenze a rendere “invisibile” il maltrattamento. Una decisione basata sulla legittimità della detenzione, che evidentemente non è stata assunta dopo attenta lettura di diverse sentenze della giustizia amministrativa. Un passaggio che anche se venisse dato per corretto non avrebbe dovuto omettere di tenere conto delle modalità e delle conseguenze. Aggiungendo che se anche non ci fossero responsabilità accertabili sarebbe stato comunque necessario mettere fine alla permanenza del reato, come stabilisce il codice. Un passaggio non secondario questo, ma completamente ignorato.
Un animale destinato al macello può essere abbattuto in un mattatoio, purché siano seguite le prescrizioni della normativa in materia di tutela degli animali. Se questo non avviene il responsabile, come stabiliscono diverse sentenze di Cassazione, può comunque essere perseguito. Identico discorso dovrebbe valere per la detenzione degli orsi in Trentino: anche se la cattura fosse stata legittima, segregarli in bunker, tenerli sotto psicofarmaci, obbligarli in spazi angusti dovrebbe essere considerato un maltrattamento a tutto tondo.
Forse la richiesta di archiviazione fatta dalla Procura di Trento ha un rapporto temporale con il trasferimento di due dei tre orsi? Oggi la struttura che ospita M49 è stata “decongestionata”, mandando Dj3 e M57 in due strutture estere, senza che questo possa comunque farla considerare come una struttura in cui il benessere di un orso selvatico possa essere garantito. Riaprendo anche su questo tema, come peraltro emerso nell’inchiesta televisiva, un altro quesito: meglio una buona morte o una pessima vita? Domande a cui certo è sempre difficile rispondere con certezza.
Orsi imprigionati a Casteller, un video realizzato dagli attivisti del Centro Sociale Bruno mostra le condizioni di detenzione. Le riprese sono state effettuate in modo illegale da attivisti che si sono introdotti nel centro, un gesto per il quale rischiano serie conseguenze. Ma quanto viene mostrato nel video, che si ritiene sia solo una parte del materiale girato, smentisce tutte le assicurazioni date sinora dall’amministrazione, che ha sempre dichiarato come idoneo il luogo di detenzione degli orsi.
Nulla a che vedere con quanto affermano invece gli amministratori pubblici, ma nemmeno con quanto hanno sempre dichiarato i veterinari. Sicuramente ci sarà un’inchiesta, per identificare i responsabili dell’accesso illegale al centro che sono stati denunciati alla Procura della Repubblica. Ora però le indagini non potranno riguardare solo l’accesso illegale, ma anche le motivazioni che hanno indotto a farlo. Senza poter scordare la relazione dei carabinieri Forestali.
Per gli orsi imprigionati a Casteller nessun letargo, contrariamente a quanto affermato dai politici
In cattività gli orsi difficilmente vanno in letargo, avendo sempre a disposizione cibo e non avendo potuto mettere in atto i comportamenti etologici tipici. Con l’aggiunta del disagio e della sofferenza causata dalla cattività in spazi ristretti, che comporta inevitabili alterazioni del comportamento. Una questione, quella degli orsi, che ha fatto oramai il giro del mondo. Compromettendo l’immagine del Trentino, senza scalfire minimamente gli intenti dell’amministrazione.
Una realtà davvero incredibile, considerando che l’assessore Zanotelli e il presidente Fugatti restano granitici sulle loro posizioni. Interpretando a loro piacimento i pareri di ISPRA, le relazioni dei Carabinieri Forestali e gli appelli che arrivano da ogni parte. Per ottenere almeno condizioni di cattività che siano accettabili e non costituiscano una fonte di maltrattamenti.
Fugatti e Zanotelli non hanno fatto nulla per mitigare il problema della convivenza fra uomini e orsi
Le uniche proposte che l’attuale amministrazione valuta come opzioni reali sono rappresentate dalle richieste di abbattimenti selettivi degli orsi. Come se tutto il problema potesse essere risolto con un colpo di fucile. In Slovenia convivono con mille orsi e ne abbattono circa il 10% ogni anno. Non hanno problemi di convivenza perché gli orsi stanno quasi sempre fuori dagli abitati. Grazie a una gestione oculata di cibo, rifiuti e di cani da guardiania.
La Slovenia ha un’estensione territoriale che è meno del doppio del Trentino, ma ha una popolazione ursina dieci volte maggiore. Eppure si parla di circa 50 anni senza episodi di aggressione verso gli umani e sono 150 che non ne avvengono in Italia. Tranne quattro episodi tutti concentrati in Trentino. Non bisogna essere etologi per comprendere che la gestione degli orsi in Trentino è stata condotta in modo pessimo.
Rifiuti e risorse trofiche sono il problema che la PAT sembra non voler capire, mettendo un’ipoteca sulla capacità di risolvere
La gestione Slovena è discutibile, ma indubbiamente non crea problemi sul territorio la presenza di un numero di orsi dieci volte superiore. La creazione di una doppia economia basata su principi opposti gestione: venatorio e turistico. Che nulla toglie al fatto che pur abbattendo 115 orsi all’anno gli sloveni convivano, nel doppio del territorio con una popolazione di orsi cinque volte superiore a quella trentina. Senza incidenti!
Per questo motivo il Re è nudo, non esistendo giustificazioni per una gestione che dopo vent’anni non è stata ancora capace di mettere in sicurezza i rifiuti. Creando le occasioni per far avvicinare gli orsi, come è successo per il giovane M57, che aveva trovato nei cassonetti il fast food capace di soddisfare i suoi bisogni. Quelli che lo hanno portato a scontrarsi con un carabiniere in vacanza, intorno alla zona di raccolta dei rifiuti. Per poi essere immediatamente catturato e recluso a Casteller.
L’amministrazione trentina non è stata capace di trasformare gli orsi né in risorse turistiche, come avviene ovunque, né, per fortuna, in trofei. In compenso questi amministratori sono diventati gli ambasciatori del Trentino nel mondo, raccontando del poco rispetto per la tutela del capitale naturale. Un esempio d’alta scuola di come avere un tesoro e riuscire a trasformarlo in una montagna di… critiche.
L’orso M49 rimane rinchiuso, secondo la sentenza del Consiglio di Stato, pur rimanendo ingiustificabili le condizioni di detenzione a Casteller. Lo ha stabilito una sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Franco Frattini. Il dispositivo della sentenza, pubblicato oggi, è molto articolato e tiene presente tutte le situazioni di questa incredibile vicenda, evidenziando anche diverse criticità, nel ricorso. Non solo ascrivibili alla Provincia Autonoma di Trento per la verità.
La sentenza ripercorre tutta la vicenda dell’orso M49 e il susseguirsi dei provvedimenti amministrativi che lo hanno visto protagonista. Dalle ordinanze emesse dal presidente Fugatti, che vengono giudicate giuridicamente legittime, alle sentenze del TAR e ai ricorsi. Riconoscendo la possibilità di agire in base a presupposti che non riguardano direttamente la gestione degli orsi, ma la sicurezza pubblica. Per meglio comprenderne la portata è bene sottolineare che la giustizia amministrativa non può entrare in meriti diversi, seppur evidenziando gli aspetti di criticità, dalla corretta applicazione delle norme.
Il presidente Frattini, già ricusato dalla Provincia di Trento in quanto ritenuto troppo vicino ai diritti degli animali, e i giudici della terza sezione non hanno quindi potuto fare altro che applicare la legge. Che poi, anche in caso di sentenza sfavorevole alla vita e al benessere di M49, è quello che ci si attende da un tribunale. Nell’interesse del rispetto delle regole, delle sue prerogative e di una corretta difesa dei principi giuridici. Che in buona sostanza significa nell’interesse dei cittadini.
In proposito, anche a seguito della relazione ispettiva dei Carabinieri Forestali, inviata sul posto dal Ministero dell’Ambiente, e conclusa con l’indicazione della assoluta inadeguatezza della struttura e delle condizioni di stress degli orsi captivati, il Collegio può solo ribadire che ad altre Autorità spetta assicurare che le condizioni di inadeguatezza di recente accertate – e fonte di responsabilità che in altre sedi potranno essere valutate – siano eliminate, adottando tutte le misure necessarie, prima fra tutte la tempestiva realizzazione di una nuova area di custodia idonea su cui la stessa Provincia di Trento ha dato precise, ma ancora non attuate, pubbliche assicurazioni.
Tratto dalla sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato pubblicata in data 19/01/2021
Ora si parla di fare ricorso alla Corte di Giustizia Europea, che potrebbe dire la sua sulle procedure e sulle motivazioni che hanno portato a catturare M49. Ma i tempi si prospettano talmente lunghi da rendere davvero improbabile la liberazione di M49. Che arriverebbe dopo un tempo lungo di cattività con tutte le conseguenze del caso. Questo però impone che, almeno, a questi orsi siano garantite condizioni di vita rispettose delle loro necessità e dei bisogni etologici della specie. Impossibili da assicurare dove gli orsi sono ora rinchiusi, anche dopo un eventuale ampliamento della struttura.
Se la legge fosse davvero uguale per tutti sarebbe legittimo voler vedere alla sbarra i responsabili dei maltrattamenti fatti subire agli orsi
L’incapacità forse non è un reato, anche se quando riguarda l’esercizio di funzioni pubbliche potrebbe diventarlo, ma la storia dell’orso M49, scappato per ben due volte dalla prigione di Casteller potrebbe essere un buon punto di partenza. Mentre il sottoporre gli orsi a dei maltrattamenti ambientali viola le disposizioni di legge. Considerando che le esigenze dei plantigradi erano note agli amministratori prima di disporne la cattura. Senza che questo abbia fatto compiere tutte le necessarie attività per realizzare una struttura idonea. In grado di garantire almeno quel minimo che la legge prevede in termini di benessere animale.
Ora tutto tornerà a essere immoto, salvo una nuova fuga dell’orso M49 che rimescolerebbe le carte in gioco, come indicato anche dal Consiglio di Stato. Fuga che oggi pare però altamente improbabile. L’ultima speranza resta quindi la Procura della Repubblica di Trento, che avrebbe dovuto già attivarsi per porre fine alla sofferenza degli orsi. Mentre è rimasta apparentemente immobile sino ad ora. Forse pensando che venissero trovate soluzioni diverse per risolvere il problema. Come, per ipotesi, la liberazione degli orsi.
La priorità ora è quella di trasferire gli orsi da Casteller
Ora occorre trovare nel minor tempo possibile strutture in Italia o in Europa che possano garantire condizioni di vita almeno accettabili agli animali che si trovano imprigionati a Casteller. Su questo vogliamo credere che ci sarà anche l’attivazione del ministro Costa e del suo ministero sul quale moltissimi cittadini avevano riposto grandi speranze.
Occorre però, in un territorio come quello trentino, fortemente antropizzato, compiere una serie di azioni che evitino ai plantigradi di diventare confidenti. Dalla gestione dei rifiuti alla creazione di aree di foraggiamento. Con zone interdette all’accesso delle persone e prevedendo la creazione di efficaci corridoi ecologici, che consentano agli animali di spostarsi senza pericolo. Appare infatti evidente che il perseverare in una gestione della popolazione ursina con metodi che si sono rivelati fallimentari, rischi di aprire la strada a un elevato numero di captivazioni. Che danneggerebbero gli orsi ma anche i contribuenti e l’immagine del Trentino.
Rendering gentilmente messo a disposizione da Alessandro Ghezzer
I tre orsi imprigionati a Casteller, detenuti senza apparente possibilità di revisione della sentenza, sembrano vivere fuori dal tempo. Come i prigionieri politici nei regimi dittatoriali, dove i diritti civili sono sospesi. Forse con la sottaciuta speranza che i tempi burrascosi e altri eventi li facciano dimenticare da chi si batte per loro. Relegandoli per sempre in una struttura che non è idonea alla detenzione di orsi selvatici. Condannandoli a una vita di privazioni e sofferenza che molti uomini neanche possono (forse) immaginare.
Per molti la sofferenza degli animali non contempla quella derivante dalla perdita della libertà, dall’impossibilità di condurre un’esistenza che gli permetta di poter mettere in atto i comportamenti naturali. Per secoli abbiamo pensato che gli animali avessero necessità solo di mangiare e bere per restare vivi, di sufficiente spazio per sgranchirsi e di poco altro. Esseri viventi, è vero, ma primitivi e senza pensieri, senza necessità diverse da quelle pratiche. L’assolvimento di quei bisogni che consentono non di vivere, ma solo di restare vivi. Una differenza non da poco, anche per un essere umano.
Copernico li assimilava a macchine incapaci di provare dolore, sia fisico che ancor più interiore. Poi nel secolo scorso, grazie a Konrad Lorenz, si è affacciata l’etologia, lo studio del comportamento, la conoscenza non solo della morfologia ma dell’essenza interiore che possiedono anche gli animali non umani. Una presa di coscienza che ci ha portato poi a definirli in Europa come “esseri senzienti”. Un riconoscimento arrivato molto dopo l’affermazione delle “5 libertà” identificate da Brambell, quali diritti minimi inalienabili per gli animali allevati.
Ma agli orsi imprigionati a Casteller non riconosciamo diritti, violando forse anche quei pochi stabiliti per legge
In effetti non solo siamo lontani dal poter dire che questi orsi siano trattati e custoditi con rispetto, ma possiamo anzi affermare l’esatto opposto. Negando loro la possibilità di esercitare un comportamento naturale, ma anche andando in direzione contraria ai diritti minimi e alla loro tutela dal maltrattamento. Riconosciuto dalla legge dello Stato come un reato perseguibile d’ufficio. Con l’obbligo per le forze di polizia di interromperlo, mettendo in atto quanto possibile per migliorare la condizione dell’animale maltrattato: sia un cane piuttosto che un gatto o un orso.
Questa storia racconta una brutta parabola, in senso laico, nella quale sembrano convivere tutto e il contrario di tutto, compresa la sospensione delle leggi e dei valori (pochi) che contengono a tutela degli animali. Eppure per condizioni di detenzione anche meno afflittive di quelle a cui sono costretti gli orsi di Casteller ci sono state sentenze di condanna. Mentre per gli orsi in questione non si arriva nemmeno, per il momento, a ipotizzare un reato. Diversamente scatterebbe quantomeno un sequestro e la nomina di un custode giudiziario. Questo nonostante una dettagliata relazione dei Carabinieri CITES inviati dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
Eppure se quegli orsi non fossero orsi, non si trovassero in Trentino, non fossero stati incarcerati per ordine di Maurizio Fugatti, il governatore della Provincia Autonoma di Trento, qualcuno avrebbe già fatto probabilmente molte cose. Ma la legge non può essere elastica e modellabile come la plastilina, anche se, in questo caso, sono tante le perplessità che restano senza risposta. Infatti se anche fosse stato davvero indispensabile catturare e tenere in cattività questi orsi, le modalità in cui sono detenuti non trovano giustificazione. La Procura ha aperto quattro fascicoli, allo stato tutti, per quanto si sa, privi di indagati. Nel frattempo la situazione resta congelata.
Discutere ora sull’idoneità di Casteller alla detenzione dimostra l’inadeguatezza di chi doveva aver già previsto tutte le ipotesi
Quando questo progetto di reintroduzione è partito, occorre sempre ricordare solo grazie ai soldi dei contribuenti europei, era stata già prevista la possibilità che ci fosse necessità di catturare e tenere in cattività, oppure abbattere, gli orsi definiti problematici. Sarebbe stato quindi necessario individuare e attrezzare per tempo un’area apposita, con strutture e spazi sufficienti per non diventare una prigionia insopportabile. Cosa che non è accaduta, tanto che sono in corso lavori di adeguamento della struttura che detiene solo tre animali. In condizioni incompatibili con la loro natura.
Rendering gentilmente messo a disposizione da Alessandro Ghezzer
Gli orsi rinchiusi a Casteller sono diventati per molti un simbolo di libertà e diritti negati, di uno strapotere della politica che ha fatto degli orsi il nemico numero uno. Di una gestione dell’ambiente che ci vede padroni di decidere, ma incapaci davvero di convivere. E sempre più voci indicano come sbagliata la scelta di reintrodurre degli orsi in un territorio tanto antropizzato, pieno di coltivazioni e impianti di risalita, diviso da strade e autostrade. Privo di corridoi che consentano il libero spostamento in sicurezza degli animali selvatici. Ma oramai è davvero troppo tardi.
Casteller ha delle piccole strutture in cemento, le cosiddette tane, dove gli orsi trascorrono gran parte del giorno e probabilmente la notte
Che qualcosa non funzioni al centro lo si capisce dal tentativo di tenere fuori tutti da quella struttura. Non hanno avuto successo le richieste di visitare il luogo di detenzione fatte dalle associazioni e da alcuni consiglieri provinciali. Un comportamento non trasparente che limita fortemente il normale potere di verifica degli amministratori e dei rappresentanti del terzo settore. Inammissibile visto che non si sta parlando di un’area militare o comunque soggetta a vincoli di sicurezza da giustificare la restrizione.
La situazione al momento è in stallo, le proteste proseguono ma nulla è dato di sapere dal fronte istituzionale, soprattutto dal Ministero dell’Ambiente. Che pur avendo competenze limitate sulla fauna trentina, resta sempre il baluardo che deve garantire un corretto trattamento degli animali. In particolar modo quelli particolarmente protetti dalla legge che sono comunque un patrimonio della collettività.
Usiamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere ad informazioni sul dispositivo. Lo facciamo per migliorare l'esperienza di navigazione e mostrare annunci personalizzati. Fornire il consenso a queste tecnologie ci consente di elaborare dati quali il comportamento durante la navigazione o ID univoche su questo sito. Non fornire o ritirare il consenso potrebbe influire negativamente su alcune funzionalità e funzioni.
Funzionale Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.