Trasferito orso M57 in Ungheria: una vergogna inaccettabile decisa con grande indifferenza

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Foto di repertorio

Trasferito l’orso M57 in Ungheria, in uno zoo che fa spettacoli con lupi addestrati, in uno spazio davvero piccolo nel quale non è dato sapere quanti orsi siano ospitati. Una sistemazione inadatta a un orso selvatico di recente cattura, costretto a subire la convivenza con altri orsi e la pressione del pubblico. Lo zoo di Medveotthon, in Ungheria si presenta sul suo sito come una fattoria degli orsi, con lupi addomesticati, procioni e coati.

Nulla a che vedere con un santuario, né con un centro di custodia di animali in difficoltà. Soltanto una dei tanti parchi tematici con animali, che organizza spettacoli con il branco di lupi addomesticati a beneficio dei visitatori. Uno zoo che non risulta essere iscritto all’associazione europea dei giardini zoologici (EAZA), probabilmente in quanto non rispetta i parametri minimi per poter appartenere al sodalizio. Una soluzione che ha consentito alla Provincia di Trento di liberarsi di un altro orso, dopo aver trasferito l’orsa DJ3 in Germania.

Una storia completamente diversa quella di M57, sia sotto il profilo giudiziario che del benessere degli animali. Questo giovane maschio infatti è stato catturato recentemente e rinchiuso nel centro di Casteller, dopo una scaramuccia con un carabiniere in vacanza ad Andalo. Un plantigrado selvatico, che per poter subire la cattività è stato trattato con farmaci e castrato. Un orso, infatti, ha grandi difficoltà nell’adattarsi a piccoli spazi, da dividere con altri coospecifici. Un animale che non doveva essere catturato, ma semplicemente munito di radiocollare e trasferito in un luogo più idoneo. Ipotesi recentemente ribadita dal Consiglio di Stato.

E’ stato trasferito l’orso M57, in Ungheria in uno zoo non adatto a custodirlo in condizioni di benessere accettabili

Il Consiglio di Stato aveva infatti stabilito che l’orso potesse essere liberato, qualora ISPRA avesse dato parere favorevole. Smontando pezzo a pezzo la decisione dell’amministrazione trentina di catturarlo. Però oramai l’orso aveva conosciuto la sofferenza della gabbia, era stato sterilizzato e gli enti che avrebbero potuto stabilire diversamente, assumendosene il rischio, hanno deciso che non fosse liberabile. Fine della strada di M57 verso la libertà e inizio di un nuovo calvario. Forse sarebbe stato più coraggioso e pietoso praticargli l’eutanasia, che non condannarlo all’ergastolo.

Ma si sa che il coraggio è merce rara, che la politica ne ha sempre di meno. Specie quando le scelte possono influire negativamente sull’immagine di chi le adotta. Ma in questa vicenda, oltre alla sofferenza di M57, si è rotto l’equilibrio. Nella storia degli orsi trentini si sono mescolate troppe volte le carte, talvolta truccandole, talvolta facendo leva sulla paura. Senza che né la magistratura né altri organi si impegnassero per ottenere il rispetto della legge.

Qui non si parla più di animalismo, di difesa a oltranza di un orso. Questa storia parla di diritti calpestati, di leggi non applicate, di silenzi assordanti. Per concludersi, poi, con scelte inaccettabili sul destino di un orso. Una vicenda che ha reso il maltrattamento di un animale selvatico, particolarmente protetto, una situazione legale, non perseguita. Sia per M49 che per M57, costretti a vivere in un centro inadatto, sottoposti a condizioni afflittive, rivelate anche dai Carabinieri Forestali. Il rapporto è rimasto in un cassetto della Procura di Trento, al momento sembra senza né indagini né indagati. Nonostante le proteste, i ricorsi delle associazioni e le pronunce della magistratura amministrativa.

Non dovrebbero esistere zone franche, nemmeno quando si parla di animali, e la legge dovrebbe essere sempre applicata

Così non è stato, sino dall’inizio di questa storia della reintroduzione degli orsi in Trentino. Un’idea scientificamente fantastica che si è rivelata una trappola per gli orsi. Che si sono trovati, loro malgrado, in un’area fortemente antropizzata, priva di corridoi faunistici che consentissero lo il loro spostamento. Senza aver considerato, evidentemente, la filopatria delle femmine, che rende molto difficili i loro spostamenti. Le orse difficilmente si allontanano dal territorio dove nascono. E i maschi non si disperdono in modo efficace se non trovano femmine sull’arco alpino. Un progetto finanziato dall’Europa che molto probabilmente era sbagliato nei presupposti, sicuramente nei risultati.

Questo però non giustifica prendere un animale e rinchiuderlo in condizioni di maltrattamento, a causa degli errori umani. Non dovrebbe consentire agli amministratori di passare attraverso le maglie della legge, perché il maltrattamento di animali è un reato. Non spiega perché un rapporto stilato dai Carabinieri, dal quale si evince il maltrattamento, resti lettera morta. Così come sono rimasti lettera morta gli interventi, seppur illegali, dei ragazzi del Centro Sociale Bruno di Trento e le inchieste delle Iene. Per arrivare a questo tristissimo epilogo, dove l’orso, di notte per evitare contestazioni, viene portato in Ungheria, in un centro che di fatto è un luna park degli animali.

Dare il permesso al trasferimento di M57 nella fattoria degli orsi ungherese è un atto incomprensibile

La sensazione che si ricava da questa scellerata operazione è duplice: che le leggi sono uguali per tutti ma che, come diceva Orwell, non tutti sono uguali davanti alla legge. La seconda idea è che le amministrazioni, quando si tratta di difendersi a vicenda ci sono sempre, anche andando incontro a comportamenti che stridono con quanto indicato dalla magistratura amministrativa.

Questa storia, a ben pensarci, non ha soltanto mandato all’ergastolo un orso senza colpe, perché semmai bisognava rimuovere chi aveva lasciato i cassonetti dei rifiuti senza protezione. Contribuendo in modo determinante all’avvicinamento del plantigrado, che solo per questa ragione si era scontrato con un carabiniere imprudente. La decisione di deportare M57 in Ungheria è stato l’epilogo di una storia che ha mandato in frantumi il concetto di legalità e di correttezza. Sotto il profilo morale sarebbe stato discutibile, ma sarebbe stato molto più coraggioso se Maurizio Fugatti, l’attuale doge del Trentino, avesse ordinato, a suo tempo di sparare all’orso.

Si sarebbe risparmiata tanta sofferenza, qualcuno si sarebbe assunto responsabilità reali in questa orrenda tattica, che in campo calcistico verrebbe definita come una spregevole melina. L’orso avrebbe sofferto molto meno, qualcuno sarebbe magari finito sotto processo, si sarebbero chiariti molti aspetti e ci sarebbe stata un’utilità nel sacrificio dell’ignaroM57. In questo modo invece abbiamo perso proprio tutti e questo è davvero inaccettabile in uno stato di diritto.


ARTICOLO MODIFICATO IN DATA 23/12/2021

L’articolo è stato modificato nella parte relativa al parere della commissione CITES italiana, che non risultava essere obbligatorio per l’esportazione dell’orso M57. Quindi è stato rilasciato un certificato, essendo l’orso bruno in Appendice II della Convenzione CITES, ma il parere sull’idoneità del luogo di destinazione viene rilasciato dall’ente di gestione ungherese della CITES. Quindi il tipo di valutazione sull’idoneità viene assunto per quanto riguarda l’Italia solo dall’amministrazione provinciale del Trentino. Mi scuso dell’errore con i lettori e con gli interessati.

Pessima gestione degli orsi in Trentino e la PAT incassa un’altra sconfitta di fronte al Consiglio di Stato

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Per la pessima gestione degli orsi in Trentino la Provincia Autonoma di Trento incassa una nuova bocciatura dal Consiglio di Stato. In un’articolata sentenza il massimo organo amministrativo accoglie il ricorso delle associazioni protezionistiche ENPA e OIPA, con analoghe motivazioni di altre pronunce. Alla fine, senza entrare troppo nelle pieghe normative, la realtà è che l’ennesima bacchettata arriva a causa di decisioni arbitrarie, carenze istruttorie e decisioni sproporzionate.

Una decisione che sbatte la porta in faccia a Maurizio Fugatti e ai suoi deliri di onnipotenza. La gestione degli orsi in Trentino deve seguire le normative e non possono esistere scorciatoie, messe in atto a danno degli orsi. L’unica parte della sentenza che personalmente giudico molto discutibile è che le spese siano state compensate fra le parti. Mentre sarebbe stato giusto che la PAT fosse condannata a risarcirle. Per eccesso di arroganza, per dar corpo al danno erariale. Ma questo resta solo un parere che non sminuisce la portata della decisione.

Quindi l’orso M57, l’oggetto della contesa giudiziaria non è colpevole di aver aggredito una persona ma forse viceversa. Il comportamento del carabiniere che si è scontrato con l’orso è stato imprudente. Mentre l’atteggiamento dell’orso è stato inizialmente dettato da mera curiosità. Sino a quando la persona non ha deciso di mettere in atto comportamenti scorretti. Forse anche un poco da bullo, visto che di notte dopo aver visto l’orso cerca di spaventarlo. Mentre avrebbe dovuto arretrare con tranquillità. Peraltro una persona che, per mestiere, dovrebbe sapere come evitare inutili situazioni di pericolo.

La pessima gestione degli orsi in Trentino porterà alla liberazione dell’orso M57, imprigionato senza motivazioni?

Solo nelle prossime settimane si vedrà quale sarà il destino dell’orso M57. Dopo che il Consiglio di Stato ha sancito che la sua captivazione è stata un abuso. Dopo che è stato nuovamente scritto che le condizioni di detenzione a Casteller, il luogo di prigionia di M49 e M57, possono essere viste come un maltrattamento. Qualcosa dovrebbe quindi succedere e l’ipotesi, che scaturisce dalla sentenza è che in linea di principio nulla osta a un’eventuale liberazione. Condizionata però a una valutazione di pericolosità, ma anche legata al tempo autunnale e ai danni subiti. Il letargo, fra l’altro, incombe.

Senza poter dimenticare che M57, al pari del suo compagno di prigionia, è stato sottoposto a castrazione. Una situazione complessiva che seppur in mera teoria pare favorevole a un’ipotesi di liberazione temo che si scontrerà con altra realtà. I lunghi mesi di prigionia, le sofferenze patite, la castrazione, la somministrazione di sedativi e la vicinanza con l’uomo potrebbero aver prodotto danni. Un’ipotesi tutt’altro che remota. Gli animali selvatici sono delicati, anche quando sono grossi quanto un orso.

Qualcuno si prenderà la responsabilità di decidere per la liberazione dell’orso? Certo sarebbe giusto, un piccolo ma grande risarcimento per il male subito. Il giudizio è stato lasciato però alla Provincia di Trento, sentito il parere dell’ISPRA e questo, salvo sviluppi davvero clamorosi, fa pensare a un prolungamento della detenzione. Ingiustificata quando è stata disposta, forse difficile da revocare oggi. Dimostrando che i tempi della natura e quelli della giustizia sono incompatibili. Il rischio di questa vicenda è che si trasformi in una vittoria di Pirro. Inutile per M57.

Gli animali avrebbero diritto a un risarcimento per ingiusta detenzione e i responsabili meriterebbero una condanna

La vicenda di M57 non è una questione che riguarda un orso. Rappresenta la dimostrazione dei danni che possono essere prodotti da una cattiva politica. Dall’arroganza di chi pensa di poter fare quello che vuole, con lo scopo di mantenere il consenso elettorale. Passando via attraverso le maglie troppo larghe di una giustizia che arriva, ma quasi sempre con tempi inaccettabili. Almeno per poter essere applicata in un caso come quello dell’orso M57.

La speranza, che temo vana, è che questo ennesimo precedente porti a dei cambiamenti. Che si arrivi a individuare le responsabilità di chi ha ristretto gli orsi in condizioni di maltrattamento. L’attivazione seppur tardiva della magistratura penale, che in tutta questa vicenda è stata la grande assente. Il convitato di pietra che è passato sopra ai maltrattamenti inferti agli orsi e messi nero su bianco dai Carabinieri Forestali. Sarebbe giusto che chi ha fatto il danno sia portato a risponderne, senza che questo possa togliere la sofferenza inutilmente patita da un orso che poteva restare libero.

Orsi e ricorsi in Trentino per una contesa insensata che la PAT non vuole far cessare

orsi ricorsi Trentino

Orsi e ricorsi in Trentino sono diventati la normalità: la giunta provinciale emette provvedimenti prepotenti e le associazioni fanno ricorso. L’amministrazione quasi sempre perde davanti ai tribunali amministrativi e riceve sonori schiaffoni dalle sentenze del Consiglio di Stato. Ma non molla la presa. Una guerra santa per dimostrare ai trentini chi comanda, per cercare di non perdere consenso in una provincia dove il problema principale non sono gli orsi, ma i pesticidi. Come ogni volta dimostrano le inchieste televisive.

Cani falchi tigri e trafficanti

Questa volta al centro della contesa sono le linee guide sulla gestione degli orsi, che la provincia ha ben pensato di poter stravolgere. Scordando che tecnicamente l’autonomia concessa non può essere intesa come extraterritorialità. Gli orsi, e non solo loro, sono inseriti in un patrimonio faunistico collettivo che appartiene all’intero paese. Per questo regioni e province possono gestirlo, ma rispettando la normativa di riferimento nazionale. Senza possibilità per Fugatti e la giunta di adottare provvedimenti che gli possano consentire di abbattere un orso alla prima occasione.

Quello che sconforta è questo costante scontro fra i poteri dello Stato. Sollecitati dalle associazioni che non possono tollerare i ripetuti abusi, fatti a spese dei cittadini, e in questo caso anche degli orsi. Quando le norme sono chiare, e quelle che regolano la gestione degli orsi anche in Trentino lo sono, non è tollerabile che l’amministrazione provinciale prenda sempre scorciatoie. Anche quando appare da subito palese che i provvedimenti adottati vadano oltre il lecito. Come ritenere che la Provincia di Trento possa emettere senza contraddittorio ordinanze di abbattimento di orsi senza seguire il percorso previsto dai piani di gestione.

Orsi e ricorsi in Trentino: scelte che sembrano costruite a tavolino per mantenere alto il conflitto senza affrontare il problema

Arriva la sconfitta presso il TAR di Trento che annulla la possibilità che sia l’amministrazione trentina, in autonomia, a decidere se abbattere un orso giudicato dalla stessa problematico? Fugatti non demorde, dando mandato all’ufficio legale di ricorrere al Consiglio di Stato contro la sentenza. Con la consapevolezza che in punto diritto la sentenza non potrà essere ribaltata. Questo gesto, l’ennesimo, serve a mostrare i muscoli a favore degli elettori, cercando di minimizzare le sconfitte e di distogliere dagli errori.

Il miglior modo per evitare scontri fra orsi e persone è quello di evitare incontri ravvicinati, come è stato detto più volte. Per ottenere questo risultato occorre un’idea di gestione intelligente e il rispetto di alcune regole. Uno dei problemi tardivamente affrontati e ben lungi dall’essere risolti è la gestione della frazione umida dei rifiuti. Quelli che noi vediamo come scarti alimentari per gli orsi sono invece risorse a basso costo energetico. Quindi se il Trentino non si dota, in tutti i Comuni interessati dalla presenza degli orsi, di contenitori di rifiuti appositamente realizzati sarà impossibile evitare che gli orsi si avvicinino agli insediamenti umani.

Occorre informare i turisti, ma anche i locali, dei corretti comportamenti da tenere e imporre che nelle zone frequentate da orsi, specie in primavera, i cani siano tenuti al guinzaglio. In particolari periodi, come avviene in Abruzzo, potrà essere necessario chiudere dei sentieri per evitare invasioni di campo da parte degli umani. Diffondendo il concetto che il territorio debba essere condiviso rispettando le diverse necessità. Mettendo in campo informazioni, sanzioni e controlli per evitare che i turisti inseguano gli orsi per fare riprese video e selfie per dimostrare il loro coraggio, che più banalmente è semplice stupidità.

I conflitti con gli allevatori vanno limitati grazie a capillari sistemi di dissuasione e protezione

Oltre alla gestione dei rifiuti, che è il principale motivo di avvicinamento dei selvatici ai centri urbani, come avviene per i cinghiali, occorre proteggere e gestire gli animali al pascolo. Se i malgari si sono abituati a essere da decenni senza predatori devono rendersi conto che, per fortuna, molti predatori sono tornati, o perché reimmessi come gli orsi o in quanto arrivati spontaneamente come i lupi. Quindi se non vogliono avere perdite devono comportarsi come i loro bisnonni, che non lasciavano gli animali al pascolo senza sorveglianza.

Allevare animali in natura non può essere fatto da dilettanti drogati dai fondi europei, dati a pioggia anche a chi svolge questa attività come secondo lavoro. Una situazione che non può più essere tollerata. Contro la quale devono battersi anche le amministrazioni, senza essere conniventi con comportamenti spesso ai limiti del lecito. Difendere le comunità locali non può e non deve prescindere dal dovere di far comprendere l’importanza dell’ambiente e del patrimonio faunistico, nell’interesse anche di chi in Trentino ci vive.

Nel frattempo fra orsi e ricorsi non bisogna dimenticarsi dei due orsi che restano prigionieri in condizioni inaccettabili a Casteller. Un fatto su cui in tantissimi si aspettavano un intervento mai arrivato della magistratura.

Scegliere di convivere con gli animali selvatici non è una scelta, ma una necessità

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Scegliere di convivere con gli animali selvatici non rappresenta soltanto un’opzione, ma una necessità per il mantenimento degli equilibri. Un comportamento che deve essere attuato per tutelare la fauna, ma certamente non solo per questo motivo. La creazione di un rapporto armonico con la natura è inevitabilmente la via maestra per tutelare la nostra sopravvivenza. Se non arriviamo a comprendere l’importanza della convivenza rischiamo di non avere un futuro, sicuramente di non averlo sereno. Un errore che sconteranno le nuove generazioni.

Cani falchi tigri e trafficanti

Orsi, e lupi, rappresentano un banco di prova per una rivoluzione culturale, che non può più anteporre gli interessi umani a ogni altra considerazione. Rappresentano una sfida, quanto lo è sempre stato il rapporto in generale con i predatori. Per questo il cambiamento di passo può prendere avvio proprio da questo rapporto conflittuale da molto, troppo tempo. Iniziare con le situazioni più problematiche rappresenta un buon viatico per una risoluzione molto più ampia dei problemi ambientali. Per evitare che i cambiamenti siano ancora una volta di facciata e non contemplino soluzioni che mirino al cuore delle questioni sul tavolo.

Quando si parla di convivenza occorre ricordare la biunivocità del termine: convivere significa dividere spazi e diritti, creando situazioni armoniche. L’idea che questa situazione possa essere basata sul predominio degli interessi umani rappresenterebbe un errore irrimediabile. Abbiamo bisogno di reinventare un mondo nel quale la nostra specie non pensi di poter risolvere costantemente i problemi creando conflitti. Lo abbiamo fatto con gli uomini, quasi mai riuscendo a raggiungere gli scopi prefissati, lo facciamo da sempre con il regno animale.

Scegliere di convivere con gli animali selvatici significa avere la volontà di restituire territori

Con il piano di #GenerationRestoration è stato chiesto a livello mondiale di restituire alla natura circa un terzo delle terre emerse e degli oceani. Per quanto riguarda le terre non possiamo pensare di restituire e rigenerare solo quelle improduttive, ma dobbiamo fare valutazioni più ampie. Che devono comprendere soluzioni intelligenti, prive di pregiudizi, sulla condivisione dei territori. Fino a poco prima dell’inizio della sesta estinzione di massa l’uomo era abituato a difendere le sue proprietà dagli altri animali, con recinti, vigilando sugli animali al pascolo. Poi dalla difesa l’uomo è passato all’attacco e con ogni sistema possibile ha provato a sterminare i predatori.

Abbandono delle campagne, diversificazione dello sfruttamento della montagna, intensificazione degli allevamenti intensivi e delle popolazioni di prede hanno consentito nuove ricolonizzazioni del territorio. Unitamente alla messa in atto di progetti di ripopolamento, come quello avvenuto per gli orsi in Tentino. Mentre il ritorno del lupo è stato graduale e del tutto spontaneo. Ma dal tempo della riconquista dei territori con lupi e orsi sembra essersi aperto un conflitto permanente che non ha né vinti, né vincitori.

Il bracconaggio, gli investimenti stradali e le altre azioni che minano la convivenza con i carnivori non riescono, per fortuna, a mettere seriamente in pericolo le popolazioni. Questi animali godono di un livello di protezione, che seppur minimo, non consente più le stragi di un tempo. Quando tutti i predatori erano considerati nocivi e potevano essere uccisi con ogni mezzo e in ogni tempo. Ora però servono strategie nuove e diverse, non basate su abbattimenti e catture ma sulla restituzione di territori e sulla difesa delle aree sfruttate dall’uomo. Ma anche sulla diffusione delle attività di prevenzione, per evitare che i nostri errori nella gestione delle risorse alimentari, diventino una causa di conflitti.

Il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha delegato la problematica all’ISPRA

Secondo un recente articolo comparso sull’Adige il ministro Cingolani ha lasciato la questione degli orsi trentini, ma non solo, in mano ai tecnici dell’ISPRA. Gli stessi che avevano già contribuito in modo rilevante alla gestione dei carnivori, ottenendo risultati non sempre lusinghieri, specie per quanto concerne le questioni degli orsi trentini. Dando, ad esempio, una valutazione positiva alla struttura del centro di Casteller, dove sono stati rinchiusi tutti gli orsi sopravvissuti alle catture. Una realtà oggetto di forti critiche non solo delle associazioni di protezione degli animali ma anche da parte dei Carabinieri della CITES, mandati a fare un’ispezione dall’allora ministro Sergio Costa.

Secondo quanto riportato dall’organo di stampa il ministro Cingolani ha proposto all’amministrazione del Trentino la creazione di una grande area recintata per la custodia degli orsi problematici. Dichiarando che l’idea degli abbattimenti degli orsi lo faccia inorridire. Mentre saperli in questo momento rinchiusi, senza reali motivi, nel centro di Casteller in condizioni di maltrattamento non pare suscitare le stesse emozioni rispetto agli eventuali abbattimenti. Senza considerare che per un orso di cattura la prigionia possa essere anche peggiore della morte.

Io ho un background un po’ diverso anche per origine professionale. A casa ho gatti, pappagalli, cani. A me gli animali piacciono moltissimo, ma mi rendo conto che in questi casi trovare un equilibrio fra la salvaguardia dell’animale, che ha diritto alla sua libertà, e la sicurezza delle persone è molto complesso. Mi dicevano al mio Dipartimento che la soluzione che è stata trovata è buona, quindi spero che sia buona. Io penso che la prima cosa è garantire che non ci siano rischi per le persone. Dall’altra, però, anche agli animali va creato un habitat più ampio dove siano liberi di muoversi, ma con la sicurezza per noi bipedi che ci viviamo intorno.

Dichiarazioni attribuite al ministro Roberto Cingolani pubblicate sull’Adige nell’articolo linkato.

Prima di progettare nuovi centri di detenzione sarebbe molto meglio investire in prevenzione

Se si vogliono trovare dei rimedi efficaci occorre modificare le politiche, considerando che quelle attuali hanno dato cattivi risultati. Senza essere riuscite a incidere sul problema. Sarebbe quindi necessario creare una to do list, basata sulle priorità reali e non su quelle elettorali. La prima delle quali è la messa in sicurezza dei rifiuti su tutto il territorio frequentato dagli orsi, con una zona di rispetto di almeno una decina di chilometri. Il secondo punto da attuare è la creazione di corridoi faunistici sicuri, per consentire alla fauna di potersi spostare. Il terzo e non meno importante sono le campagne di informazione, che devono essere efficaci e capillari.

Tutti sanno che nel progetto originario gli orsi liberati in Trentino avrebbero dovuto ripopolare l’intero arco alpino. Un’ipotesi che è restata tale anche per l’assenza dei corridoi faunistici. Un progetto dovrebbe prima attuare le necessità preliminari e, solo dopo averlo fatto, dovrebbe essere avviato. Per evitare che tutte le attività non portate a termine rappresentino un ostacolo insormontabile all’effettiva realizzazione, nonostante i molti fondi impegnati dalla Comunità Europea e, dunque, dalla collettività. Ma così non è stato.

Gli errori di percorso costituiscono una mina difficile da disinnescare, capace di far saltare in aria tutti i progetti di tutela ambientale e faunistica. Se riusciremo a comprendere gli errori del passato, chiamandoli con il loro nome, avremo migliori possibilità di non ripeterli in futuro. Gestendo i progetti di convivenza secondo modalità realistiche e possibili.

Abbattimento lupi al via in Trentino Alto Adige: la nuova strada delle province autonome per la gestione dei carnivori

Abbattimento lupi Trentino Alto Adige

Abbattimento lupi al via in Trentino Alto Adige, già partita la richiesta di parere a ISPRA. Le due province autonome ritornano all’attacco di lupi e orsi, che in caso creino problemi alla popolazione, potranno essere uccisi. Almeno secondo i piani delle due amministrazioni, forti di un’autonomia che su alcuni temi dovrebbe essere rivista. Una strada non nuova quella che cercano di attuare le due amministrazioni, che era stata già tentata nel 2018.

Cani falchi tigri e trafficanti

Trento e Bolzano invocano le misure previste dalla Direttiva Habitat, che prevede l’abbattimento di singoli animali “problematici”, qualora non sussistano alternative valide. Come la rimozione che è stata attuata per imprigionare gli orsi a Casteller. Su questo argomento le due amministrazioni, che si sostengono a vicenda su questi temi, suonano come un disco rotto. Riproponendo sempre la stessa musica, senza varianti.

Inutile ripercorrere le tappe delle precedenti decisioni o il dramma della cattività infame degli orsi a Casteller. Non sembrano possibili spiragli di ragionamento, aperture a una diversa modalità di gestione. Da questa strada, tracciata da tempo, le amministrazioni non si spostano, ampiamente sostenute da cacciatori e agricoltori. A costo di essere condannate, osteggiate e di finire sui giornali di mezzo mondo. Granitiche, immobili e sorde.

Abbattimento lupi al via in Trentino Alto Adige: l’ennesima provocazione o la sensazione che si sia aperta una breccia?

Difficile non pensare alle motivazioni temporali di questa decisione, illustrata nei dettagli in un comunicato stampa congiunto che il giornale L’Adige ha ripreso senza troppe modifiche. Le nuove linee guida sulla gestione dei grandi carnivori, pensate e approvate d’intesa fra Trento e Bolzano, probabilmente erano già pronte? Tenute in un cassetto in attesa che mutassero le condizioni politiche? Non lo si può dire con certezza, ma è certo che il ministro Costa non abbia nemmeno fatto a tempo a chiudere la porta, a causa dell’avvicendamento del governo, che già le richieste di parere a ISPRA sul piano di gestione erano pronte per essere inoltrate.

Eppure si continua a sostenere che devono essere riviste le politiche di gestione della fauna, il nostro rapporto con il mondo selvatico. Rimodulando completamente il modo di fare agricoltura, allevamento e l’utilizzo degli ambienti naturali, secondo un principio di condivisione, ben diverso da quello di occupazione. Ma siamo sicuri che la politica abbia davvero compreso il messaggio che gli ha trasmesso la scienza? Che davvero voglia attuare scelte diverse dal passato, più rispettose e compatibili?

La risposta, nel migliore dei casi, è incerta ma questa attesa sicuramente preoccupa. In un paese che ha scelto, con un colpo di spugna, di cancellare il Ministero dell’Ambiente. Apparentemente per avere la possibilità di fare di più e meglio, unendo gli sforzi in un’unica direzione con il Ministero per la Transizione Ecologica. Un ministero monstre che accorpa molte competenze, dando potere di indirizzo a un manager con grandi capacità sul fronte tecnologico, ma con scarse conoscenze su quello ambientale. Con particolare riferimento alla tutela dell’ambiente non solo sotto il profilo del cambiamento climatico, ma anche della difesa della biodiversità e della tutela degli animali.

La squadra che all’Ambiente aveva lavorato con il ministro Costa è stata (pare) integralmente cambiata

Una scelta che va chiaramente in una direzione di discontinuità, tanto che risulterebbe che ai vertici dei settori siano stati rimessi gli uomini del ministro precedente: Gian Luca Galletti. Un nome la cui rievocazione fa accapponare ancora la pelle a chi si occupa da tempo di ambiente e di diritti degli animali. Un politico giudicato da moltissimi come il peggior ministro dell’Ambiente dalla data della sua istituzione, nel lontano 1986. Un giudizio soggettivo, ma motivato da una serie di posizioni, come quella di consentire il nuoto con i delfini nei delfinari.

Se l’ipotesi che le scelte fatte dal Trentino Alto Adige fossero motivate da questo cambiamento di passo ci sarebbe molto di cui preoccuparsi. Questa certezza forse non l’avremo mai, ma il fatto che questo nuovo ministero non convinca molti è di dominio pubblico. Saremo ovviamente tutti pronti a ricrederci quando sentiremo il ministro Roberto Cingolani prendere posizioni nette anche su questi argomenti, ma per il momento restano molte perplessità.

Il momento è importante e le scelte fatte ora andranno a impattare in modo molto forte sul futuro del nostro paese, che già è in una situazione di grosso stress ambientale. Se è vero infatti che abbiamo molte aree protette è altrettanto vero che la nostra gestione del capitale naturale non può essere un grande esempio di lungimiranza. Avendo sempre scelto di abdicare alla tutela dell’ambiente rispetto a scelte più vantaggiose, seppur molto miopi, per l’economia e la finanza. La vicenda dell’ILVA di Taranto, solo per fare un esempio, avrebbe dovuto insegnarci da tempo qualcosa.

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