Vi racconto perché non aderirò al movimento animalista

Vi racconto perché non aderirò al movimento animalista e anche i motivi per cui credo che non sia da questo che possa passare la strada su cui basare un rapporto più etico con gli animali.

Opinioni personali, che possono divergere da quelle di tanti altri che come me gravitano nell’arcipelago, molto variegato, costituito da quanti si occupano dei diritti degli animali.

Questo movimento, di fatto un partito politico forse atipico ma con ambizioni da partito, vorrebbe essere la replica politica della precedente iniziativa di Michela Vittoria Brambilla di riunire sotto il suo vessillo le associazioni del settore. La Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente (vedi qui) nacque nel 2012, raccogliendo i consensi delle organizzazioni più grandi e ramificate (ENPA, LAV, LnDC, OIPA) e di molte minori.

Questa adesione alla federazione non fu gradita da molti dirigenti locali e periferici delle associazioni, forse timorosi di essere fagocitati dalla federazione presieduta da Maria Vittoria Brambilla, nominata per acclamazione ma non scelta in una fase di discussione congressuale, come forse un mondo come quello delle associazioni avrebbe richiesto.

A sorpresa ma non troppo, dopo l’esperienza della federazione, LAV questa volta ha deciso di rimanere fuori dal Movimento Animalista con una dichiarazione precisa (leggi qui), non imitata da altre associazioni. L’arcipelago delle assciazioni, quando non schierato direttamente, lo ha fatto appoggiare a titolo personale da molti dirigenti nazionali e periferici, riversando nel Movimento animalista molti militanti di spicco.

Appare chiaro da subito che il movimento-partito voglia parlare soprattutto alla pancia degli elettori animalisti, convincendoli della validità di un programma che porta avanti cause importanti certo seppur monotematiche. Credo che la politica, invece, debba riuscire a governare un paese in tutti i suoi aspetti, con buon senso e ampiezza di sguardo, senza diventare una palude costituita da singole istanze, che seppur condivisibili, rischiano di non poter contribuire davvero a una crescita culturale e legislativa. La sconfitta dei Verdi in Italia, rimasti fuori dal parlamento, dovrebbe servire da monito a quanti si vogliano lanciare a testa bassa nell’agone delle prossime elezioni.

In Spagna il PACMA è si ancora fuori dal parlamento ma costituisce la prima forza extraparlamentare, con un programma molto vasto su temi che spaziano dai diritti umani, alla tutela dell’ambiente e degli animali. Un partito verde alla tedesca, senza i confini così stretti che sembra avere questo movimento che, valutando le immagini dell’ultima manifestazione romana, non pare in grado di coagulare grandi numeri. Diversa appare la capacità di coinvolgimento di cui è capace il PACMA , davvero eccezionale (leggi qui), riuscendo a portare in piazza 100.000 persone e non poche centinaia come avviene di solito in Italia.

Un partito che si ponga obiettivi tanto settoriali come quello animalista e che per giunta risulti politicamente schierato, in modo chiaro seppur ufficialmente trasversale, credo non abbia grandi possibilità di affermarsi, con il rischio di trascinare le organizzazioni animaliste in una politica che potrebbe rivelarsi suicida. Grandi e piccole organizzazioni segnate da scelte partitiche, ben differenti da quelle politiche.

Decisamente più opportuno sarebbe stato cercare di prendere il meglio del capitale umano delle associazioni provando a farlo inserire nei vari partiti come candidature indipendenti, consentendo così una disseminazione importante pur senza avere una connotazione partitica precisa che potrebbe rivelarsi dannosa.

In un periodo in cui la politica dei vecchi partiti ansima e affanna, non essendo più riconosciuta dai cittadini, e dove anche i nuovi partiti perdono pezzi di elettorato come un vascello alla deriva,schierarsi politicamente, per un’associazione, rischia di rappresentare un danno e non un vantaggio. Senza voler essere la Cassandra di turno per questo vi racconto perché non aderirò al movimento animalista.

Oggi come oggi, con un probabile sbarramento al 4%, è molto concreta, se non certa, la possibilità di restare fuori dal parlamento e, se così fosse, con il rischio di fare la figura degli utili idioti che si sono buttati a sostegno di una parte politica, senza però ottenere alcun vantaggio per la causa dei diritti degli animali. Una strada in salita, percorsa apparentemente nel nome della tutela degli animali che rischia invece di confinarli in un recinto, fatto di partiti e non di diritti.

Un’avventura che non ritengo giusto sostenere. Le associazioni devono restare apartitiche per poter svolgere il loro ruolo, fondato anche sull’equidistanza dalle varie forze politiche, per non rischiare di essere ritenute schierate. Un’associazione deve potersi sedere al tavolo con tutti, senza che l’appartenenza politica debba costituire un intralcio che potrebbe rendere molto più complicate le trattative su qualsiasi argomento.

Per amore di verità bisogna dare atto che molte delle iniziative politiche realizzate a favore degli animali, dal Regno d’Italia in avanti, sono state in gran parte portate avanti dalla destra, con l’unica sicura eccezione della caccia dove il disastro è purtroppo condiviso fra tutte le forze parlamentari e regionali, a seconda delle stagioni della politica. Forse questo dovrebbe e potrebbe essere un buono spunto di riflessione da cogliere per la sinistra e non solo. Anche in un momento come questo, molto liquido, dove gli schieramenti tradizionali sembrano svaniti e parlare di destra e sinistra può far sorridere.

La politica si impossessa dei diritti animali

la politica si impossessa dei diritti animali

La politica si impossessa dei diritti animali e li porta nel recinto di un partito, dando vita a un movimento animalista schierato, declinato all’interno di una forza politica, un po’ troppo costretto per essere portatore di valori trasversali.

I grandi valori etici non si possono ingabbiare e mai come in questo caso il termine è appropriato, visto che parliamo di animali. La diffusione dei valori all’interno della società civile non ha e non dovrebbe, secondo il mio pensiero, avere un colore politico. Non hanno colore i diritti delle categorie fragili e non devono avere un partito di riferimento, salvo che non si occupi eminentemente di quel tipo di argomenti. Posto che l’idea di un partito animalista possa davvero essere una buona idea e non lo credo, non ora in Italia.

Peraltro se ogni argomento, ogni istanza portatrice di valori etici dovesse essere utilizzata per dar vita a un soggetto politico si rischierebbe di dar corpo a un mostro, a un vaso di Pandora senza coperchio che certamente non porterebbe a migliorare la politica di questo paese e forse nemmeno la sua società. Sarebbe più opportuno che i soggetti che si occupano degli argomenti etici più importanti di questo periodo, come lo sono i diritti degli animali, certamente in buona compagnia dei troppi diritti umani promessi sulla carta ma negati nella realtà, cercassero di disseminarsi nelle istituzioni, senza necessità di schierarsi o di agglomerarsi in un partito o movimento politico ad hoc.

Certo guardando il neonato Movimento Animalista sembra di poter dire che la scelta operata sia stata davvero molto più sottile: non un partito autonomo basato sulla tutela dei diritti animali ma una lista di supporto, un satellite di un partito, attratto dalla sua gravità ma libero di ruotare intorno al corpo storico. Forse più un’operazione politica che una scelta di campo, anche se la presenza di Maria Vittoria Brambilla, a fianco di un rinnovato Silvio Berlusconi rincuora molti. Ma non convince chi scrive.

Avrei preferito vedere la creazione di una rete trasversale di politici vecchi e nuovi che, indipendentemente dai loro partiti, si impegnassero nel portare avanti iniziative concrete per la tutela dei diritti degli animali e dell’ambiente. Senza un tornaconto elettorale ma semplicemente convinti del fatto che la tutela dei deboli, umani e non umani, e del patrimonio ambientale debba essere un impegno non solo meritevole ma doveroso, obbligatorio, imprescindibile. Con associazioni che fungano da supporto per questi politici, fornendo loro materiale e impostazioni su come e perché combattere certe battaglie.

La storia dei Verdi in Italia penso avrebbe dovuto fornire spunti di riflessione a molti: movimento prima, partito poi nel quale avevo partecipato ai primi momenti spostandomi rapidamente. Una parabola ascendente con una caduta precipitosa anche a causa di qualche scandalo. Penso che la cosa più difficile nel fare politica, e anche la vita di un’associazione è fatta di politica, sia quella di mantenere sempre in primo piano l’obiettivo, di valorizzare le risorse e di contribuire alla crescita culturale della società. Diversamente, quando, e se, si diventa solo parte di un apparato l’elettore non ci crede più e condanna un partito, come successo ai Verdi più o meno arcobaleno, dall’essere una speranza a divenire uno dei tanti soggetti destinati a restare a guardare. Fuori dal parlamento.

Forse questa operazione messa in campo dal Movimento Animalista ha avuto un pregio: far capire agli altri partiti, a tutti gli altri partiti, che determinati temi devono restare sempre al centro dell’azione politica, proprio per la loro importanza, per il nostro futuro e perché la loro declinazione nelle scelte politiche contribuirebbe a rendere migliore la nostra società. Ma avrà anche l’inevitabile difetto di dividere le associazioni animaliste, il mondo del volontariato che tanto fa per animalismo e ambientalismo, composito e trasversale rispetto alla politica.

Questa è la vera occasione perduta: non sono gli animalisti a essere attrattivi per la buona politica ma bensì è l’animalismo a essere attraente per i partiti, che sfilano a chi si occupa di tutelare gli animali il primato della tutela dei loro diritti, dando un colore preciso al movimento animalista appena fondato. Ma bisogna essere realisti e non illudersi né abbassare la guardia: persone, movimenti, associazioni e partiti, vanno giudicati sui fatti concreti, sulle attività che si sono effettivamente realizzate, non sulle tante proposte destinate a restare, per un motivo o per l’altro, nel cassetto delle promesse non mantenute o in quello dei sogni non realizzati.

Specialmente in politica le persone tendono a confondere i progetti di legge presentati, anche in periodi dove per ragioni oggettive non hanno alcuna possibilità di essere discussi, con le leggi approvate Questo avviene anche grazie alla gran confusione creata dai social e non solo da loro.

Difficile piacere a tutti, però sempre meglio avere e prendere una posizione chiara piuttosto che spellarsi le mani per un progetto troppo partitico, come già qualcuno ha fatto. Il consiglio ai naviganti, e ai futuri elettori, è di formarsi e informarsi sempre, specie in un mondo dove molto di quello che appare è soltanto un’illusione mediatica. Intanto la politica si impossessa dei diritti animali.

 

La politica usa gli animali non li difende (leggi qui)

 

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