Gli animali non sono peluche: impariamo a rispettare la loro diversità

animali non sono peluche

Gli animali non sono peluche: impariamo a rispettare la loro diversità se vogliamo davvero contribuire alla loro tutela. Scorrendo i post sui social ci si rende conto di come sia in atto, troppo spesso, un transfer emotivo nei confronti degli altri animali diversi da noi. Con una dilagante umanizzazione che sovrappone e confonde i piani, mescolando questioni e contribuendo a creare confusione. La loro e la nostra salvezza sta proprio nel riconoscimento della diversità e proprio questo serve a consentirci di difenderli in modo intelligente. Non creando quel rapporto emotivo che seppellisce conoscenza e rispetto sotto una coltre di improbabile quanto inappropriato affetto.

Ogni giorno si leggono vere dichiarazioni di amore verso lupi e orsi, che però,purtroppo, non sono supportate da una conoscenza delle necessità specie specifiche. In questo modo i nostri bisogni diventano i loro bisogni, le nostre ansie diventano le loro ansie. Ma questo porta a individuare forme d’aiuto che spesso peggiorano le loro condizioni di vita senza costituire un vantaggio. Questo comportamento viene attuato nei confronti di animali che sono molto distanti da noi, come i selvatici, ma anche verso gli animali di casa. Che vengono spesso soffocati sotto una coltre di affetto che impedisce loro di vivere da cani e porta a aberrazioni estetiche per farli assomigliare a bambini.

L’amore diventa così solo un fardello ingombrante per chi è costretto a subirlo, come gli animali con i quali dividiamo la vita. Costituendo anche un motivo di scherno, che spesso ridicolizza proprio quelle battaglie messe in atto per la tutela dei diritti degli animali.

Gli animali non sono peluche e per questo abbiamo il dovere di imparare a conoscere le loro esigenze

Un esempio per tutti è stata l’ondata emotiva venutasi a creare dopo la vile uccisione dell’orsa Amarena. Che ha lasciato, come tutti sanno oramai, due cuccioli orfani. Dopo questo terribile gesto è cresciuto il bisogno di umanizzazione dei piccoli. Orfani e senza madre, in mezzo a mille pericoli per colpa degli uomini. Unendo nel calderone sia chi ha sparato che quanti non li mettono al sicuro. Valutando nel cibo e nella protezione la soluzione contro ogni pericolo, senza riflettere che la loro cattura si potrebbe tradurre in una cattività senza fine. Un danno per gli orsetti che si vorrebbero difendere.

Gli animali selvatici non sono uomini e i loro cuccioli non sono bambini. Quello che sembra voler sottolineare una banalità è invece una realtà che corrisponde ai sentimenti di moltissime persone. Ma la natura ha regole diverse, sicuramente non temperate dell’emotività, ma asservite alle necessità della perpetuazione della vita. Un’esistenza completamente differente dalla nostra, costituita da grandi difficoltà nel vivere che stanno alla base, fra l’altro, dell’alto tasso di mortalità nei cuccioli di tutte le specie. Accorciando anche la vita anche degli animali adulti, che risulta essere ben più breve della longevita raggiungibile da soggetti della stessa specie se tenuti in cattività. Una vita lunga ma non paragonabile alla pienezza di quella in libertà, perdendo per un animale selvatico la ragione di essere vissuta.

Non serve mettere cibo per i cuccioli di Amarena e non bisogna mai alimentare gli animali selvatici

Il pericolo di una cattività permanente è una delle ragioni per le quali non si catturano i cuccioli di Amarena, cercando sempre di non creare inteferenze nelle vite degli animali selvatici. Per lo stesso motivo si cerca, con ogni mezzo, di far comprendere alle persone che non bisogna dare cibo agli animali selvatici, per non renderli condidenti nei nostri confronti. Provando a spezzare quella catena in cui si mescola si mescola scarsa conoscenza dei bisogni con la soddifazione della propria emotività. Cercando a tutti i costi un rapporto, che nella realtà è un condizionamento: la volpe a bordo strada non aspetta di giocare con l’uomo ma solo di ricevere cibo. Rischiando di diventare la stessa volpe che guarderemo con occhio triste, quando sarà uno dei tanti cadaveri di animali investiti sulle strade, dalle quali dovrebbero invece star lontani.

Un orso o un lupo non vogliono essere amati, vorrebbero solo essere rispettati per poter condurre, liberi, la loro esistenza

In questo sta l’importanza di fare divulgazione, di lavorare per ottenere una diffusione delle informazioni che permetta di ampliare la platea di quanti conoscono gli equilibri naturali. Comprendendo che per poter vivere in pace i nostri mondi, umani e non umani, devono restare il più possibile lontani, senza rapporti ravvicinati. per la loro salvezza e la nostra sicurezza. Quella conoscenza che porta a riconoscere come falsa la convinzione che sia la carenza di cibo a portare orsi e lupi a frequentare gli abitati. Quasi si trattasse di una sorta di comportamento disperato dettato dalla carenza di risorse alimentari che, invece, non mancano.

Lasciare cibo nei boschi per alimentare i cuccioli del’orsa Amarena, per esempio, potrebbe non solo essere inutile, ma diventare controproducente, contribuendo a attrarre altri animali che potrebbero mettere in pericolo le loro vite. Il vero modo intelligente di aiutare la natura e tutelare la biodiversità è sempre quello di intervenire il meno possibile per non incrinare gli equilbri. Un colpo di fucile ha spezzato la vita di Amarena e messo in pericolo i cuccioli, ma non esistono interventi umani in grado di riavvolgere il film all’attimo prima dello sparo. Non serve cibo, serve rispetto e attenzione, dove l’intervento umano deve sempre essere visto come l’ultima possibilità.

Per far aumentare nell’opinione pubblica la consapevolezza sull’importanza e l’urgenza di difendere gli animali e i loro diritti dobbiamo essere credibili. Per questo occorre evitare di riversare le nostre emozioni su animali incolpevoli, che ne farebbero spesso volentieri a meno. Gli animali selvatici e quelli che vivono con noi non possono leggere i commenti sui social pieni di cuoricini, mentre vorrebbero poter condurre in pace le loro pur complesse vite. Non cercano fan e like, ma soltanto l’opportunità di potersi comportare secondo le proprie esigenze etologiche. Un desiderio più che comprensibile, che troppe volte mettiamo in secondo piano.


Stiamo mandando in fumo la biodiversità, fingendo di voler cambiare modello di sviluppo

stiamo mandando fumo biodiversità

Stiamo mandando in fumo la biodiversità, fingendo di voler cambiare modello di sviluppo senza farlo realmente. Le azioni messe in campo da quella parte del mondo che inquina maggiormente e potrebbe permetterselo sono blande e inefficaci. Chi parla dell’inizio di una prevedibile Apocalisse viene tacciato di catastrofismo, senza però essere smentito dai fatti. Da una parte la lobby finanziaria non è disposta a allentare la morsa sul parco consumatori, facendo credere che tutto sia risolvibile senza troppa fretta, dall’altro la politica non vuole subire danni alle prime elezioni.

In mezzo al guado restano i cittadini, che hanno la grande colpa di non volersi informare, di volersi rifugiare nei messaggi rassicuranti. Confezionati con cura dai demagoghi del tutto va bene. Una fonte pericolosa alla quale dissetare la voglia di normalità, che non coincide con la realtà possibile. Nel frattempo gli eventi eccezionali raggungono una frequenza che dovrebbe farli qualificare come ordinari, anche se certo non normali. Dove il senso della normalità era che nel paleartico occidentale non potessero capitare fenomeni atmosferici tipici delle zone tropicali.

A ogni tempesta, a ogni incendio i media riportano i danni apparenti, certamente importanti, ma che non forniscono la dimensione reale del danno. Nelle tempeste di vento e grandine e negli incendi che hanno flagellato il nord della penisola in questi tempi si sono contati i danni materiali, gli alberi divelti. Senza fare mai cenno alla biomassa che andata perduta: le centinaia di migliaia di animali che, ragionevolmente, sono stati spazzati via dalle intemperie a ogni evento. Danni collaterali importantissimi dei cambiamenti climatici che non vogliamo davvero combattere.

Stiamo mandando in fumo la biodiversità, fra incendi e tempeste, ma pochi ne parlano

Il segretario generale delle Nazioni Unite ha usato toni apocalittici per definire questo momento e per inquadrare il futuro. Non il leader di un movimento ecologista, ma il segretario dell’organizzazione che riunisce quasi tutte le nazioni del mondo. “Per l’intero pianeta, è un disastro”, ha detto Antonio Guterres, osservando che “a meno di una mini-era glaciale nei prossimi giorni, luglio 2023 infrangerà i record su tutta la linea. Il cambiamento climatico è qui. È terrificante. Ed è solo l’inizio”. In Italia il presidente Sergio Mattarella ha espresso tutta la sua preoccupazione per i cambiamenti climatici, bacchettando Governo e Parlamento.

Mentre il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto ha recentemente sintetizzato il suo pensiero in un tweet. Questo:

Un pensiero che credo faccia inorridire chiunque abbia presente i compiti di chi l’ambiente, e quindi la vita dell’uomo, lo dovrebbe difendere a ogni costo. L’obiettivo dovrebbe essere la neutralità climatica, non quella neutralità incompatibile con questo terribile presente. Eppure questa politica tende più a salvaguardare l’economia che a difendere l’ambiente, dimenticando di quantificare i danni, anche economici, che queste scelte cercano di nascondere sotto il tappeto.

Cambiare rotta è possibile: occorre smettere di seguire i pifferai magici o, come i topi della favola, siamo destinati a una brutta fine

La politica deve smettere di anteporre i suoi interessi al bene collettivo, il governo ha il dovere di prendere provvedimenti, anche impopolari ma nella giusta direzione. Se in passato avessimo speso meglio le risorse destinate all’educazione e alla libera informazione ora avremmo un paese migliore, più consapevole. I governi passano, ma la popolazione rimane e uno statista deve cercare di renderla ogni giorno migliore. Dove il concetto di migliorarsi coincide solo con l’opposto dell’essere manipolabili dal governo del momento, ma capaci di comprendere il tempo presente in cui stiamo vivendo. Per poter sperare di vedere un futuro.

Stop Finning salva gli squali da una morte atroce, ma anche l’equilibrio di mari e oceani

stop finning salva squali

Stop Finning salva gli squali da una morte atroce, ma anche l’equilibrio di mari e oceani che non possono permettersi certamente di perdere questo superpredatore. Gli squali sono vittime di una pesca feroce e sono ricercati soprattutto per le loro pinne. Che sono usate nella cucina orientale e non solo, ma anche in molti preparati della medicina tradizionale. Per questo spesso vengono pescati, issati a bordo, privati delle pinne e rigettati ancora vivi in mare. Una pratica crudele e dannosa.

Cani falchi tigri e trafficanti

Contro questa barbarie, che mette in pericolo la biodiversità di mari e oceani, è stata avviata un’ICE (iniziativa dei cittadini europei). Una petizione che vincola la Commissione Europea a occuparsi del problema e a sottoporlo al Parlamento. Non la solita raccolta firme su una delle tante piattaforme quindi, ma una forma ufficiale di cittadinanza attiva. Dietro l’hashtag #StopFinningEU c’è una coalizione che ha attivato questa iniziativa per salvare gli squali.

stop finning salva squali

Stop Finning salva gli squali se i cittadini europei esercitano i loro diritti

Recentemente un’altra ICE europea ha ottenuto un pieno successo. Grazie all’impegno di tutti i cittadini europei che hanno firmato la petizione #EndTheCageAge. Dal 2027 sarà vietato allevare animali in gabbia negli allevamenti e questo successo migliorerà le condizioni di vita di centinaia di milioni di animali. Ogni anno! Per questo è importante che tutti si attivino per dare voce a questa petizione, che fino ad ora ha raccolto troppo poche firme: solo 247 mila sul milione di sottoscrizioni richieste. Con soltanto due paesi che hanno raggiunto il numero minimo di sottoscrizioni richieste per ogni paese: Francia e Portogallo.

Gli squali stanno a mari e oceani come i lupi a boschi e praterie: sono super predatori utilissimi e necessari per il mantenimento degli equilibri degli ecosistemi marini. La sovrapesca li sta mettendo in serio pericolo in tutti i mari del mondo, ma anche bracconaggio e pesca illegale contribuiscono a questa mattanza. Una firma rappresenta un aiuto concreto per ottenere un cambiamento e ognuno è importante.

Ogni voto conta, ogni cittadino è importante. Per questo è importante la massima condivisione di questa petizione che al momento sta ricevendo meno adesioni del necessario. Forse perché i pesci e i mari non riscuotono la stessa attenzione degli animali e degli ecosistemi delle terre emerse. Invece non perdiamo questa occasione di svolgere un ruolo di cittadinanza attiva e di far sentire la nostra voce!

Insetti in caduta libera a causa di pesticidi e cambiamenti climatici, ma senza di loro il sistema collassa

Insetti in caduta libera

Insetti in caduta libera, in particolare nei paesi in cui si pratica agricoltura intensiva, a causa dell’uso dei pesticidi. Senza ovviamente poter dimenticare le problematiche legate ai cambiamenti climatici. Ma nonostante le assicurazioni ricevute dalle multinazionali dell’agro farmaceutico, che si chiamano sempre fuori da ogni responsabilità, è di tutta evidenza una correlazione fra fitofarmaci e declino degli impollinatori. Una realtà ben dettagliata in inchieste e studi indipendenti, che dimostrano come l’uso di certe sostanze sia la principale causa di contrazione delle popolazioni di insetti.

Cani falchi tigri e trafficanti

Pochi grammi di vita, moltiplicati per milioni di milioni di volte, possono fare, anzi fanno, una grande differenza. Quella esistente fra un pianeta vivo e uno con la biodiversità ridotta agli sgoccioli. Con una produzione agricola che si riduce a causa della mancanza delle specie impollinatrici. Piccoli, anche piccolissimi, gli insetti, come tutte le componenti del grande puzzle della natura, sono componenti fondamentali che non ci possiamo permettere di perdere. Eppure li stiamo silenziosamente sterminando, svuotando prati e campi, ma anche alveari e cieli.

Gli insetti sono una componente fondamentale della vita e non solo per la loro preziosa attività di impollinatori delle piante. Quando la biomassa costituita dagli insetti diminuisce in modo importante si creano problemi serissimi per tutte le creature che in loro hanno la principale risorsa alimentare. Lasciando moltissime specie senza poter disporre di cibo sufficiente alle loro necessità. Per questo la significativa diminuzione degli insetti sta provocando gravi problemi alla sopravvivenza di tutti gli uccelli insettivori, dei pipistrelli e delle altre specie per le quali rappresentano un importante apporto proteico.

La biomassa degli insetti in caduta libera rappresenta un problema per il futuro del pianeta

Siamo nel bel mezzo di quella che sarà la sesta estinzione di massa per il pianeta, ma questa volta tutto dipende esclusivamente dalle nostre attività, dalle scelte economiche e dall’incapacità di voler guardare il futuro. Spesso ci soffermiamo sull’importanza di difendere specie che rappresentano degli emblemi, come tigri, elefanti e gorilla, ma ci accorgiamo poco di quanto i nostri cieli si stiano svuotando.

Dall’inizio della nostra civilizzazione si sono estinti circa l’83% dei mammiferi. Un numero incredibile di specie è definitivamente scomparso senza che sia stato possibile fare qualcosa, ma ultimamente queste sparizioni definitive sono causate in massima parte dalle nostre attività. Attualmente nel mondo sono conosciute circa un milione di diverse specie di insetti ma, secondo gli scienziati, quattro milioni di specie sono ancora in attesa di essere scoperte. Ma il rischio, più che concreto, è che queste specie scompaiano prima di essere classificate dagli scienziati.

Questi dati sono rivelati uno studio del Somerset Wildlife Trust pubblicato nel 2019 e recentemente ripreso dall’Università di Padova nel suo sito. Il fatto più grave che viene evidenziato in questi studi è proprio la scarsa conoscenza del fenomeno da parte dell’opinione pubblica. Che solo ultimamente e spesso solo per ragioni legate all’importanza degli insetti in agricoltura pare essersi interessata alla questione. Come se queste specie fossero troppo piccole per essere davvero importanti, ma non è così naturalmente.

Un mondo senza insetti non è possibile: sono alla base della catena della vita

Per molti rappresentano solo un rumore di fondo nelle gite in campagna, per altri un fastidio e per altri ancora un pericolo. Nella realtà gli insetti sono uno dei pilastri fondamentali su quali poggia la vita del nostro pianeta. La volontà di ottenere sempre maggiori profitti in agricoltura, la costante ricerca di innalzare la crescita delle rese in campo, ci hanno portato ad un uso smodato di pesticidi e altre sostanze chimiche. Che apparentemente sono servite per riempire i piatti, ma che, per contro, hanno raggiunto gli obiettivi svuotando gli alveari.

Nella sola Germania è stata stimata una riduzione della biomassa di insetti pari al 76% in soli 27 anni di campionamento. Questa contrazione, senza calcolare gli altri danni, ha portato come effetto collaterale, una riduzione di circa il 15% della consistenza nelle popolazioni di uccelli del paese. Per questo è importante parlarne, ma anche fare tutto quanto possibile per difendere questo piccolo ma vitale patrimonio. Per questo il Ministero della Transizione Ecologica ha recentemente emanato una nuova direttiva, in continuità con le precedenti azioni, per proseguire il monitoraggio sugli impollinatori. Un’attività che resta delegata ai Parchi nazionali presenti sul territorio, disposta nell’ambito della Direttiva Biodiversità.

Il tempo a nostra disposizione per invertire questa tendenza è davvero poco. Per questa ragione oltre a studiare le cause occorre mettere in campo, da subito, azioni concrete che possano agevolare la diffusione degli impollinatori. Creando alveari urbani, piantando fiori selvatici nelle aiuole e in parchi e giardini. Preferendo le azioni basate sulla lotta biologica rispetto all’uso della chimica.

Una pandemia tira l’altra e solo un cambiamento drastico può metterci al riparo da altre emergenze

Una pandemia tira l'altra
Immagine messa a disposizione da IPBES #PandemicsReport

Una pandemia tira l’altra, proprio come le ciliegie, ma a dirlo non sono, soltanto, gli ambientalisti ma anche la Piattaforma intergovernativa di politica e scienza sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES). Un’organizzazione intergovernativa indipendente che collabora con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP). Fondata nel 2012 da più di 100 stati che fanno parte dell’ONU.

cai falchi tigri e trafficanti

Secondo l’organizzazione internazionale le future pandemie saranno più ravvicinate, causeranno maggiori danni economici di quanto ne stia provocando quella di Covid-19. Avendo uno scenario che prevede un costante innalzamento della curva della mortalità. Una realtà apocalittica, che può essere interrotta solo modificando il nostro modello di sviluppo economico. Un discorso ripetuto oramai sino alla nausea ma che pochi sono davvero disponibili ad ascoltare,

Quella di Covid-19 è almeno, secondo l’organizzazione internazionale, la sesta pandemia che ha colpito il pianeta. A partire dalla famosa “Spagnola” del 1918. Questo significa che già nel passato in poco meno di un secolo si sono realizzati pericoli sanitari dovuti a virus presenti negli animali selvatici. Con i quali la nostra espansione senza freni e i danni ambientali che abbiamo causato ci hanno portato a vivere in modo sempre più ravvicinato.

Ma se una pandemia tira l’altra quella di Covid-19, per una serie di condizioni si sta rivelando un vero tsunami

Del resto basta pensare a quanto gli ultimi cento anni abbiano modificato il nostro modo di vivere, gli spostamenti, le produzioni, gli allevamenti e i consumi. Un secolo che ha stravolto, con una velocità impressionante causata dalla rivoluzione industriale, le abitudini e gli stili di vita dei cosiddetti paesi sviluppati. Che hanno utilizzato questo “potere” economico per sfruttare sempre più i paesi in via di sviluppo. Impedendo di fatto che questo avvenisse in modo armonico dando vita a società democratiche.

L’economia e l’alta finanza hanno accentrato in mano a pochissime persone la ricchezza, e il potere che da questa deriva sfruttando sempre più l’ambiente e le risorse naturali. Credendole, stupidamente, infinite e capaci di autorigenerarsi, ma così ovviamente non è stato. Questa sovra valutazione della resilienza ambientale, della capacità di resistere alle aggressioni ha portato a sottovalutare grandemente i pericoli.

Come quelli stimati dagli scienziati che hanno più volte lanciato allarmi, rimasti perennemente inascoltati o quasi. perché ci siamo lasciati convincere. Abbiamo abdicato al buon senso in cambio di vantaggi materiali apparenti, lasciandoci trasformare da persone in consumatori. Che consumano tutto, molto spesso senza nemmeno rendersene conto: salute, antibiotici, veleni, ambiente, risorse di altri.

Secondo gli scienziati esistono in natura una quantità di virus sconosciuti, stimati in una variabile compresa fra i 540.00 e gli 850.000

E tutti i virus potrebbero essere potenzialmente pericolosi per l’uomo. Per questo abbiamo necessità di ristabilire un equilibrio fra gli spazi occupati dall’uomo e quelli che devono essere lasciati all’ambente naturale. Limitando le occasioni di un contatto, invasivo e prolungato, fra uomini, animali domestici e selvatici.

Il rischio di pandemia può essere notevolmente ridotto riducendo le attività umane che guidano la perdita di biodiversità, da una maggiore conservazione delle aree protette e attraverso misure che riducono lo sfruttamento insostenibile delle regioni ad alta biodiversità. Ciò ridurrà il contatto tra fauna selvatica, bestiame e esseri umani e aiuterà a prevenire la diffusione di nuove malattie, afferma il rapporto.

Tratto dal rapporto IPBES su biodiversità e pandemie

Sarà per questo che i ragazzi che hanno organizzato il Mock Cop26 non sono disponibili ad aspettare che i governi decidano cosa fare. Ne va della vita di tutti, ma per loro c’è in gioco il futuro delle loro vite e iniziano a capire che devono battersi con tutte le loro forze per arrivare al cambiamento. Forse loro avranno più lungimiranza di quanta ne abbiano avuta i loro genitori.

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