Orsi del Trentino, la selezione “innaturale” causata da investimenti e morti sospette ha assunto da tempo contorni preoccupanti, per numero di orsi rinvenuti cadaveri. Sono ben sette i plantigradi trovati morti nel solo 2023, un numero molto elevato che alimenta non pochi dubbi. Corroborati da poche certezze, anche a causa dello stato di conservazione dei cadaveri rinvenuti che non sempre forniscono dati precisi sulle cause di morte Da più parti si adombra l’ipotesi di atti di bracconaggio, che considerando il clima creato dalla giunta di Maurizio Fugatti risulta più che probabile.
Secondo l’opinione di una parte di tecnici la responsabilità di queste attività illegali “fai da te” sarebbe causata dalla mancata gestione degli orsi. Senza la quale i residenti sarebbero portati a mettere in atto azioni illecite di uccisione degli orsi, quasi fosse una sorta di bracconaggio di necessità. Un’idea incondivisibile in una provincia che nulla ha fatto per cercare di creare un diverso clima, stimolando la coesistenza. Mentre è indiscutibile che sia stata fatta una campagna d’odio, associando la presenza di orsi a un pericolo amplificato per la popolazione. Un comportamento irresponsabile, ma di facile presa, utile soprattutto in vicinanza delle scadenze elettorali.
Orsi del Trentino, la selezione “innaturale” stimolata dalla PAT e lo studio di ISPRA sulle rimozioni
Al di là di ogni questione etica sul diritto di contenere gli animali selvatici in modo cruento resta un punto non eludibile: la correttezza del ragionamento. Viene narrata come buona cosa, anzi come azione doverosa, il voler decidere di abbattere gli orsi perché ritenuti pericolosi, secondo un sentir comune stimolato ad arte, capace di originare azioni criminose. Se ogni anno si rimuoveranno un certo numero di animali questo farà si che i cittadini smettano di cercare scorciatoie illegali. Un ragionamento non solo è privo di significato, ma che non viene mai applicato per questioni più serie. Prevenire il crimine conviene solo se altre da noi sono le vittime.
Qualche esempio? Aprendo corridoi per agevolare l’immigrazione legale eviteremmo che si favorisse quella clandestina. Limitando concretamente la velocità dei veicoli potremmo ridurre il numero di morti fra pedoni e ciclisti e, conseguentemente, i reati connessi. Grazie a una più equa distribuzione della ricchezza si eviterebbero tantissimi crimini e pericoli per la società. Tutti principi di cautela giusti e ragionevoli ma inapplicati, specie quando la parte limitata/danneggiata dai provvedimenti rappresenta un elettore.
ISPRA ha appena pubblicato uno studio dal quale risulta che si possano abbattere sino a 8 orsi all’anno senza danni per la popolazione. Esattamente 6 maschi di varie età e 2 femmine in età fertile. Seguendo parametri di non semplice comprensione, ma del resto si sa che gli studi molte volte siano fatti per non essere comprensibili ai più. Concludendo poi che allo stato via sia solo un orso “rimovibilie” (MJ5) in quanto classificato come problematico, ai sensi del PACOBACE.Senza far menzione, almeno apparentemente, dell’incidenza della mortalità “innaturale” dovuta a incidenti e bracconaggio.
Fare scelte intelligenti, come la creazione dei corridoi ecologici, serve a migliorare la coesistenza
Dall’analisi critica e dalla integrazione dei modelli e delle simulazioni condotte, è quindi possibile concludere che, al fine di non incidere in maniera negativa (i.e., non determinare un’inversione di trend) sulla traiettoria della popolazione, è possibile ipotizzare la rimozione di un numero massimo di 2 femmine riproduttive all’anno, nell’ambito di un prelievo complessivo di massimo 8 capi (e.g., in totale, 4 subadulti equamente distribuiti tra maschi e femmine, 2 maschi adulti e 2 femmine riproduttive). (…)
L’eventuale scelta di operare prelievi sopra tale soglia, con l’obiettivo quindi di determinare un trend negativo della popolazione anche intervenendo su individui non problematici, richiede a parere di ISPRA valutazioni di carattere non strettamente biologico e onservazionistico che non si ritiene diaffrontare in questa sede.
ISPRA – LA POPOLAZIONE DI ORSI DEL TRENTINO: ANALISI DEMOGRAFICA A SUPPORTO DELLA VALUTAZIONE DELLE POSSIBILI OPZIONI GESTIONALI – MAGGIO 2023
La difficile convivenza con gli orsi in Trentino è come la punta dell’iceberg, che rivela una parte del problema, nascondendo la volontà di dominare la natura. Per meglio comprendere la questione bisogna sgombrare il piano della comunicazione dalla narrazione spesso troppo emotiva, viziata da alcuni falsi miti. Un lungo elenco di affermazioni che si può sintetizzare nell’affermazione, priva di senso, relativa all’eccessivo numero di orsi, ma anche di lupi. Come se l’enunciazione di questo concetto potesse dimostrare la volontà di convivere con i grandi carnivori, purché il loro numero non sia superiore a X. E sotto X si nasconde l’intero iceberg.
I problemi di convivenza non sono dati dai numeri, ma dai comportamenti e far credere il contrario è come nascondere il problema. Se in Trentino ci fosse una popolazione di 50 orsi qualcuno si sentirebbe di garantire che non ci sarebbe la possibilità di incidenti con gli umani? Ma se anche i lupi fossero la metà qualche scienziato potrebbe affermare che sparirebbero le predazioni sugli animali domestici? La risposta è evidentemente negativa, perchè non è una questione di risorse, sovrabbondanti in natura per entrambe le specie, ma di gestione, di regole, di volontà. Eliminare uno, due, dieci orsi soltanto perché questo tranquillizzerebbe la comunità non è la chiave di volta per risolvere il problema.
Continuando a coltivare il falso mito che sia la gestione umana a creare i presupposti della convivenza, si sottrae al discorso la responsabilità dei nostri comportamenti. Si altera il ragionamento spostando sul numero e sulla densità, il problema, ma questa è una scorciatoia per saltare alla conclusione di un ragionamento complesso. Che deve includere la nostra presenza sul territorio, il comportamento un po’ arrogante che ci porta a credere, fin da piccoli, che l’uomo sia il titolare di ogni diritto. Capace di piegare la natura ai suoi bisogni, unico dominatore di un mondo asservito ai nostri bisogni.
La difficile convivenza con gli orsi in Trentino e con i lupi nell’intero stivale rivela la nostra incapacità di creare equilibrio
Molti studiosi cercano di far comprendere il concetto, peraltro non così difficile, che la vita sul pianeta sia fatta di relazioni e di interazioni. Un concetto dal quale non possiamo sottrarci, nemmeno usando tutta la demagogia di questo mondo. Però la polarizzazione del conflitto spesso serve proprio a chi questo ragionamento non lo vuole proprio sentire. Aiutando i politici a assumere il ruolo di paladini di un equilibrio che quasi sempre non hanno idea di come ricreare. Il punto, infatti, non è la gestione ma la divisione, il rispetto degli ambienti, la comprensione del fatto che una parte del territorio appartiene al mondo naturale.
Il punto ora pare la divisione fra quanti vogliono abbattere o imprigionare gli orsi e quanti sostengono che non devono essere toccati. Che descritta così ricorda gli scontri fra tifoserie. Ma non bisogna cadere in questo tranello, che permette di liquidare il problema classificandolo come scelta irrazionalmente emotiva. La chiave di ogni ragionamento sta nel fatto che, tranne l’uomo, gli animali si trovano in equilibrio con l’ambiente che li ospita. Senza questo equilibrio tutto è perduto, sul medio periodo e noi siamo parte di quel tutto.
Certo ci sono le esigenze produttive, esistono le ragioni economiche ma esiste come interesse umano prevalente il poter vivere sul pianeta. Affrontando il problema in modo concreto, urgente e certamente con un grosso prezzo da pagare, non hai predatori, non agli animali ma al ciclo della vita e all’equilibrio. Per questo da tempo il grido d’allarme degli scienziati afferma, inascoltato, che sia necessario proteggere integralmente un terzo di terre emerse e oceani.
Proteggere un terzo di terre emerse e oceani è una necessità, non certamente un capriccio
Guardate con attenzione questo video, non è prodotto da un’associaziuone ambientalista ma dalle Nazioni Unite. Non è un capriccio di pochi, ma è una necessità oramai diventata innegabile.
Abbiamo bisogno di lasciare che almeno un terzo del pianeta sia considerato anbiente naturale intangibile e non possiamo pensare di proteggere il territorio peggiore. Occorre capire che dobbiamo ripiegare, riconsiderare e pensare in modo diverso: non sono orsi e lupi a casa nostra ma siamo noi che abbiamo invaso i loro territori. Un concetto che noi uomini facciamo fatica ad accettare anche quando si tratta dei diritti dei nostri simili. I risultati di questo potere egoistico e straripante è sotto gli occhi di tutti. Pochi però vogliono capire ragioni e cause, ma se scavassero non troverebbero equità e pace, ma denaro e potere.
Per questo, anche per questo, diventa urgente comprendere, analizzare e cercare di capire. Non fermandosi ai titoli ma cercando i contenuti, provando a capire anche quello che non ci piace, come la gravità e l’urgenza di cambiare modelli di vita. Il problema non è l’orso che sbrana un cinghiale o un tenero capriolo, il problema siamo noi che sbraniamo il pianeta e i nostri simili. Serve sottrarre, non aggiungere: meno allevamenti, meno energie fossili, meno arroganza, meno pregiudizi. L’unico ingrediente da aggiungere senza limiti è il rispetto.
Orsi del Trentino riparte il circo mediatico: ancor prima di avere certezze si parla di abbattimenti con la certezza per l’amministrazione di avere maggior ascolto. Con un governo che vede al centro l’uomo mentre la tutela ambientale diventa satellite di un antropocentrismo decisamente miope. Così dopo una supposta aggressione, dalle circostanze non ancora chiarite, da parte di un orso a un certo Alessandro Cicolini, fratello del sindaco di Rabbi già si parla di abbattimenti. Leggendo le notizie riportate sui vari giornali le uniche certezze sembrano essere la presenza di un cane e un rotolamento da una scarpata. Dove sarebbero caduti orso/a e escursionista.
Molti sono gli interrogativi sulle ferite, che non è certificato siano morsi o ingiurie provocate dalle caduta, né si avranno mai certezze sulla custodia del cane. Era tenuto davvero al guinzaglio anche se sembra che non ci fossero altri escursionisti? Non una parola sul fatto che determinate aree, dove è stata accertata la presenza di orsi, dovrebbero essere interdette ai cani. In compenso parte veloce e fragorosa come una fucilata la richiesta di Fugatti di avere mano libera nella gestione. Destinata a un ministro dell’ambiente che non pare abbia il piglio necessario per rintuzzare le solite richieste del presidente della PAT.
Orsi del Trentino riparte il circo mediatico, con sempre gli stessi protagonisti, identiche richieste e uguali scorciatoie il presidente Fugatti, l’assessore Zanotelli
I protagonisti sono gli stessi, su base trentina, ma quello che è cambiato è il governo nazionale, che in questo momento è l’esecutivo più vicino al mondo della caccia di sempre. Con una visione che pone sempre al centro l’uomo e la tenuta dell’economia e solo dopo, molto dopo, anche la tutela ambientale. Certo qualcuno potrebbe affermare che uccidere qualche orso non mette in pericolo la popolazione del Trentino, né rappresenta un danno ambientale concreto, e sotto il punto scientifico potrebbe essere affermazione realistica. Il problema va però affrontato da un altro punto di vista e riguarda metodo e visione.
Diamo per un attimo per scontato che in presenza di un pericolo e di un orso aggressivo si possa accettarne l’abbattimento, per tutelare la restante popolazione dei plantigradi e l’incolumità umana. Un fatto grave, eticamente riprovevole ma supportato dalla necessità di tutela di un patrimonio collettivo. Ma perché possa essere anche lontanamente una scelta giustificabile, non sostenuta da accessi forcaioli dove la morte dell’orso diventa un trofeo elettorale, occorrerebbe aver fatto il possibile per evitare l’eventuale concretizzazione dell’evento. Un’ipotesi del tutto inapplicabile alla gestione degli orsi del Trentino.
Per tutelare orsi e cittadini occorre fare corretta informazione
Le giunte che hanno governato la provincia autonoma di Trento non hanno fatto nulla per mettere in sicurezza popolazione e orsi, che ricordiamo essere una specie ombrello, molto importante per gli ecosistemi che la ospitano. Sono mancati incontri capillari e continuativi per spiegare i comportamenti da tenere in caso di incontro con gli orsi, che certamente non comprendono il mettersi a correre, Come ha dichiarato di aver fatto il Cicolini. Non si è fatta sufficiente informazione sui comportamenti positivi, come quello di fare rumore, per avvertire gli orsi della nostra presenza. Non sono state prese misure per limitare l’accesso alle aree in cui sono presenti orse con i piccoli, come viene fatto in Abruzzo.
Il presidente Fugatti vorrebbe orsi teleguidati che attirino il turismo ma che non causino fattori di disturbo
Una visione dell’equilibrio naturale e della gestione faunistica irrealizzabile. Una visione della convivenza con un angolo troppo ristretto per consentire effetti ambientali benefici. Specie in una regione ad alto tasso di antropizzazione ma anche di inquinamento, a causa di un’agricoltura estensiva onnipresente. Con in più l’onnipresente concetto di totipotenza secondo il quale l’uomo sia realmente in grado di gestire la natura. Mentre dovrebbe limitarsi a proteggere una parte importante del territorio per difendere l’equilibrio ambientale, senza credere di avere una reale capacità di gestione.
Ora occorrerà attendere, se saranno fatte e rese note, le indagini volte a capire responsabilità, entità reale del danno e certezza sull’orso responsabile dell’episodio. Mentre temo che saranno attese invano disposizioni che restringano agli escursionisti la fruizione di determinate aree e l’attuazione di una campagna capillare di informazione.
Nel frattempo le nuvole temporalesche che si sono da sempre addensate sugli orsi del Tentino temo continueranno ad addensarsi. Non lasciando presagire nulla di buono per il futuro degli orsi del Trentino, che spero non debbano subire la stessa sorta del quasi dimenticato M49, tutt’ora rinchiuso nel centro di detenzione di Casteller, costretto a trascorrere una vita fatta soltanto di privazioni e noia.
Orsi maltrattati in Trentino, una questione che dura da troppi anni, senza trovare soluzione. Questo è valso per gli orsi che sono stati imprigionati nella struttura di Casteller, ma molte altre sono le questioni immutate che riguardano gli orsi liberi. Una convivenza, quella fra uomini e orsi, che è stata minata sin dall’inizio da una serie di inadempienze. Rispetto a quanto era previsto nel progetto sulla reintroduzione, ma anche alle condizioni di ordinaria gestione della loro presenza. Creando situazioni che si sono accumulate, senza essere mai risolte.
La trasmissione “Mi manda Rai Tre”, condotta da Federico Ruffo, ha recentemente mandato in onda una sintesi della vicenda. Una cronistoria esaustiva, su quanto è stato fatto in decenni. Comprese le mancanze consolidate nel tempo, come la cattiva gestione dei rifiuti che porta gli orsi a guardare ai cassonetti come a comode mangiatoie. Luoghi stracolmi di cibo a costo energetico zero, che inevitabilmente attirano gli animali selvatici. Ma se in città arrivano piccioni, cornacchie in Trentino il richiamo funziona anche con gli orsi. Dando luogo a diverse problematiche.
Orsi maltrattati in Trentino, senza che siano stati messi in atto interventi concreti per risolvere i problemi
In un’oretta di trasmissione, che per necessità ha dovuto fare sintesi, sono emerse una serie di contraddizioni che hanno connotato l’operato delle istituzioni. Purtroppo senza troppe eccezioni, ma con un danno patito dagli orsi, che in fondo era facilmente prevedibile. Con un’ostilità della politica trentina che prima li ha voluti e poi ha dimenticato i suoi doveri. Attizzando l’intolleranza piuttosto che lavorare sulla necessità della convivenza. Un uso strumentale che ha portato all’uccisione di diversi animali e alla carcerazione di altri. Difficile dire quali siano stati gli animali più fortunati.
Fra le istituzioni quello che forse più sconcerta è il comportamento della Procura di Trento. Che non ha mai voluto considerare come un maltrattamento le condizioni di detenzione degli orsi. Imprigionati a Casteller in condizioni davvero vergognose. Un fatto che è stato testimoniato da veterinari e dai Carabinieri Forestali, in un rapporto che non ha prodotto risultati. Lasciando aperte, se non spalancate, le porte a una serie di comportamenti inaccettabili. Creando un precedente tanto brutto quanto pericoloso.
Eppure il centro di detenzione di Casteller era stato progettato proprio per custodire gli orsi problematici. Con l’approvazione di ISPRA, che se molte volte è stata esclusa dalle decisioni in molte altre è stata protagonista. Mentre in altre ha deciso di comportarsi come il convitato di pietra. Così la struttura ha dimostrato per ben due volte di essere anche vulnerabile, consentendo la fuga di M49. L’orso diventato un simbolo e ribattezzato Papillon dal ministro Costa. Per la sua capacità di evadere ripetutamente dal carcere.
Il futuro degli orsi trentini rischia di essere a tinte fosche, considerando i comportamenti di amministratori e inquirenti
La Procura di Trento ha richiesto da poco l’archiviazione delle denunce presentate dalle associazioni di tutela degli animali. Con un provvedimento che farà discutere e che sarà impugnato dalle associazioni la pubblica accusa ha messo nero su bianco che tutto è stato fatto rispettando le norme. Secondo gli inquirenti la cattura e la detenzione degli orsi è stata ordinata nel rispetto del PACOBACE, mentre è da escludere il maltrattamento. Questa decisione sembra motivata dal fatto che gli orsi fossero sotto costante sorveglianza dei veterinari.
Una decisione difficile da comprendere e da giustificare, in quanto non è la presenza dei veterinari che fa escludere il maltrattamento di animali. Al massimo questa potrebbe essere un’aggravante nella valutazione del quadro generale. Il centro è inadatto per gli spazi a disposizione e i tre plantigradi che vi erano detenuti sono stati segregati per lungo tempo in spazi piccolissimi. Del tutto inadeguati al fabbisogno di un orso di cattura, come peraltro era stato rilevato dai Carabinieri Forestali durante il loro sopralluogo.
Il maltrattamento di animali non può essere slegato dal benessere psicofisico di chi lo subisce
Secondo quanto emergerebbe dalla richiesta di archiviazione sono i presupposti e non le conseguenze a rendere “invisibile” il maltrattamento. Una decisione basata sulla legittimità della detenzione, che evidentemente non è stata assunta dopo attenta lettura di diverse sentenze della giustizia amministrativa. Un passaggio che anche se venisse dato per corretto non avrebbe dovuto omettere di tenere conto delle modalità e delle conseguenze. Aggiungendo che se anche non ci fossero responsabilità accertabili sarebbe stato comunque necessario mettere fine alla permanenza del reato, come stabilisce il codice. Un passaggio non secondario questo, ma completamente ignorato.
Un animale destinato al macello può essere abbattuto in un mattatoio, purché siano seguite le prescrizioni della normativa in materia di tutela degli animali. Se questo non avviene il responsabile, come stabiliscono diverse sentenze di Cassazione, può comunque essere perseguito. Identico discorso dovrebbe valere per la detenzione degli orsi in Trentino: anche se la cattura fosse stata legittima, segregarli in bunker, tenerli sotto psicofarmaci, obbligarli in spazi angusti dovrebbe essere considerato un maltrattamento a tutto tondo.
Forse la richiesta di archiviazione fatta dalla Procura di Trento ha un rapporto temporale con il trasferimento di due dei tre orsi? Oggi la struttura che ospita M49 è stata “decongestionata”, mandando Dj3 e M57 in due strutture estere, senza che questo possa comunque farla considerare come una struttura in cui il benessere di un orso selvatico possa essere garantito. Riaprendo anche su questo tema, come peraltro emerso nell’inchiesta televisiva, un altro quesito: meglio una buona morte o una pessima vita? Domande a cui certo è sempre difficile rispondere con certezza.
Per la pessima gestione degli orsi in Trentino la Provincia Autonoma di Trento incassa una nuova bocciatura dal Consiglio di Stato. In un’articolata sentenza il massimo organo amministrativo accoglie il ricorso delle associazioni protezionistiche ENPA e OIPA, con analoghe motivazioni di altre pronunce. Alla fine, senza entrare troppo nelle pieghe normative, la realtà è che l’ennesima bacchettata arriva a causa di decisioni arbitrarie, carenze istruttorie e decisioni sproporzionate.
Una decisione che sbatte la porta in faccia a Maurizio Fugatti e ai suoi deliri di onnipotenza. La gestione degli orsi in Trentino deve seguire le normative e non possono esistere scorciatoie, messe in atto a danno degli orsi. L’unica parte della sentenza che personalmente giudico molto discutibile è che le spese siano state compensate fra le parti. Mentre sarebbe stato giusto che la PAT fosse condannata a risarcirle. Per eccesso di arroganza, per dar corpo al danno erariale. Ma questo resta solo un parere che non sminuisce la portata della decisione.
Quindi l’orso M57, l’oggetto della contesa giudiziaria non è colpevole di aver aggredito una persona ma forse viceversa. Il comportamento del carabiniere che si è scontrato con l’orso è stato imprudente. Mentre l’atteggiamento dell’orso è stato inizialmente dettato da mera curiosità. Sino a quando la persona non ha deciso di mettere in atto comportamenti scorretti. Forse anche un poco da bullo, visto che di notte dopo aver visto l’orso cerca di spaventarlo. Mentre avrebbe dovuto arretrare con tranquillità. Peraltro una persona che, per mestiere, dovrebbe sapere come evitare inutili situazioni di pericolo.
La pessima gestione degli orsi in Trentino porterà alla liberazione dell’orso M57, imprigionato senza motivazioni?
Solo nelle prossime settimane si vedrà quale sarà il destino dell’orso M57. Dopo che il Consiglio di Stato ha sancito che la sua captivazione è stata un abuso. Dopo che è stato nuovamente scritto che le condizioni di detenzione a Casteller, il luogo di prigionia di M49 e M57, possono essere viste come un maltrattamento. Qualcosa dovrebbe quindi succedere e l’ipotesi, che scaturisce dalla sentenza è che in linea di principio nulla osta a un’eventuale liberazione. Condizionata però a una valutazione di pericolosità, ma anche legata al tempo autunnale e ai danni subiti. Il letargo, fra l’altro, incombe.
Senza poter dimenticare che M57, al pari del suo compagno di prigionia, è stato sottoposto a castrazione. Una situazione complessiva che seppur in mera teoria pare favorevole a un’ipotesi di liberazione temo che si scontrerà con altra realtà. I lunghi mesi di prigionia, le sofferenze patite, la castrazione, la somministrazione di sedativi e la vicinanza con l’uomo potrebbero aver prodotto danni. Un’ipotesi tutt’altro che remota. Gli animali selvatici sono delicati, anche quando sono grossi quanto un orso.
Qualcuno si prenderà la responsabilità di decidere per la liberazione dell’orso? Certo sarebbe giusto, un piccolo ma grande risarcimento per il male subito. Il giudizio è stato lasciato però alla Provincia di Trento, sentito il parere dell’ISPRA e questo, salvo sviluppi davvero clamorosi, fa pensare a un prolungamento della detenzione. Ingiustificata quando è stata disposta, forse difficile da revocare oggi. Dimostrando che i tempi della natura e quelli della giustizia sono incompatibili. Il rischio di questa vicenda è che si trasformi in una vittoria di Pirro. Inutile per M57.
Gli animali avrebbero diritto a un risarcimento per ingiusta detenzione e i responsabili meriterebbero una condanna
La vicenda di M57 non è una questione che riguarda un orso. Rappresenta la dimostrazione dei danni che possono essere prodotti da una cattiva politica. Dall’arroganza di chi pensa di poter fare quello che vuole, con lo scopo di mantenere il consenso elettorale. Passando via attraverso le maglie troppo larghe di una giustizia che arriva, ma quasi sempre con tempi inaccettabili. Almeno per poter essere applicata in un caso come quello dell’orso M57.
La speranza, che temo vana, è che questo ennesimo precedente porti a dei cambiamenti. Che si arrivi a individuare le responsabilità di chi ha ristretto gli orsi in condizioni di maltrattamento. L’attivazione seppur tardiva della magistratura penale, che in tutta questa vicenda è stata la grande assente. Il convitato di pietra che è passato sopra ai maltrattamenti inferti agli orsi e messi nero su bianco dai Carabinieri Forestali. Sarebbe giusto che chi ha fatto il danno sia portato a risponderne, senza che questo possa togliere la sofferenza inutilmente patita da un orso che poteva restare libero.
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