Lega e animali in Costituzione non vanno d’accordo, al di là delle iniziali dichiarazioni. Per cercare di bloccare il disegno di legge che dovrebbe inserire i diritti degli animali nella carta costituzionale sono stati presentati dal partito di Salvini ben 246mila emendamenti. Un numero così elevato da togliere ogni possibile idea che siano pensati per migliorare il testo del provvedimento. Nonostante quella che pareva un’iniziale condivisione del progetto fra tutte le forze politiche al governo.
Del resto il fatto non stupisce, considerando le posizioni sempre espresse dal partito di Salvini. Più vicino agli interessi di cacciatori e allevatori che non degli animali nel loro complesso. La Lega infatti si è sempre gettata nella difesa degli animali da compagnia, per cercare consensi facili. Sapendo che una parte dell’elettorato è più attenta ai bisogni di cani e gatti che non degli animali nel loro complesso.
La scusa ufficiale è che il testo della proposta di modifica sia poco chiaro e confuso. Per questo viene giudicato come da riscrivere integralmente, anche se, per una volta, tutto si può dire meno che la proposta non sia correttamente formulata:
…tutela l’ambiente e gli ecosistemi, come diritto fondamentale della persona e della comunità, promuovendo le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Persegue il miglioramento delle condizioni dell’aria, delle acque, del suolo e del territorio, nel complesso e nelle sue componenti, protegge la biodiversità e promuove il rispetto degli animali. La tutela dell’ambiente è fondata sui princìpi della precauzione, dell’azione preventiva, della responsabilità e della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente.
Lega e animali in Costituzione sono un binomio che aveva stupito da subito chi segue questa politica del consenso facile
Salvini e il suo partito hanno appena richiesto di incrementare sanzioni e attività per il contrasto del randagismo e contro le zoomafie, ma questo si sa è tutt’altro discorso. La lotta a questo tipo di malaffare tocca solo marginalmente l’elettorato della Lega e non mina i buoni rapporti con il mondo venatorio e con quegli allevatori che vorrebbero sterminare lupi e orsi. Infatti la volontà che emerge chiara è quella di creare un doppio binario sui diritti degli animali: uno più garantista per quelli da affezione e uno più blando per tutti gli altri.
La Lega è il partito più spregiudicato nell’utilizzare la tutela degli animali e dell’ambiente in una declinazione composta da infinite variabili. Una per ogni segmento produttivo interessato, una sorta di credo che varia di volta in volta a seconda dell’interlocutore e degli interessi. Così con infinite piroette il partito difende cani e gatti dai maltrattamenti, organizza banchetti a base di orso, sostiene le peggiori proposte di modifica delle leggi venatorie e protegge gli allevatori. Senza dimenticare la difesa delle tradizioni culinarie, come lo spiedo bresciano a base di piccoli uccelli canori. Tradizione che recentemente è stata oggetto di un pranzo fatto negli uffici pubblici di una comunità montana a guida PD.
Per questa nuova piroetta della convenienza elettorale si sono indignati tutti: partiti e associazioni che si occupano dei diritti degli animali. Che non hanno esitato a giudicare come pretestuoso e vergognoso l’atteggiamento del partito guidato da Salvini. Forse però il ragionamento meriterebbe di essere esteso sul perché la Lega non tema, con questo genere di comportamento, di perdere voti. La risposta potrebbe essere tanto semplice quanto disarmante: la consapevolezza che agli elettori i temi sulla biodiversità, tutela dell’ambiente e diritti dei più deboli abbiano una scarsa presa. Rispetto a molti altri che costituiscono il piatto forte della proposta politica leghista.
La tutela dell’ambiente e dei diritti degli animali forse in politica non paga
In effetti l’arcipelago verde, identificando in questo colore il movimento trasversale che si occupa di animali e ambiente, in Italia non sfonda. Non riescono a farlo i Verdi, che sono da tempo fuori dal parlamento, ma non lo fanno nemmeno i cosiddetti partiti animalisti. Una realtà che risulta incomprensibile paragonata a quello che accade in diversi paesi europei. Come la Germania, dove i Verdi raggiungono percentuali di consenso interessanti.
In Italia probabilmente, dopo la grande spinta ambientalista del 1989, quando i Verdi vissero il periodo di maggior splendore, sono venuti a mancare credibilità, leadership e programmi comuni convincenti. Progetti di convivenza resi impossibili dalla sterminata pluralità di visioni e dall’assenza di un minimo comun denominatore. In questo modo una nicchia importante per le politiche del paese è andata desertificandosi, a causa di una progressiva e inarrestabile discesa dei consensi.
Questa diaspora ha fatto sì che molti politici attenti a questi temi confluissero in altri partiti, ma in numero non sufficiente a farli diventare un polo di attrazione. Per restare in tema questo è il classico gatto che si morde la coda. Ci vorrebbe una componente verde, come succede in moltissima parte d’Europa, ma quella attuale non raggiunge nemmeno la soglia di sbarramento per entrare in parlamento.
Per questo poi la politica più tradizionale, meno innovativa e attenta ai temi ambientali, perfettamente incarnata dalla Lega, riesce a non solo a ottenere consenso ma, anche, a costituire l’ago della bilancia su molte decisioni. Non solo a livello nazionale ma anche a livello regionale, dove si decidono provvedimenti importanti in tema di fauna e gestione del territorio. Sarebbe tempo di aprire un laboratorio innovativo su questi argomenti, che arrivi a fare sintesi per un progetto comune, capace di arginare litigiosità e protagonismi.
Ripensare, rispettare, riflettere: l’economia circolare post coronavirus deve basarsi su nuovi presupposti. Per non essere causa di nuovi disastri, ampiamente previsti ma non valutati in modo adeguato. Bisogna ripercorrere la storia umana, tornare al momento in cui abbiamo invertito l’ordine dei valori: quando denaro e economia hanno preso il posto di equità e solidarietà.
Il primo obiettivo dell’uomo non è stato più quello d trovare la miglior strategia per sopravvivere, per garantire l’esistenza del branco. Non ne avevamo più bisogno per sopravvivere perché il passaggio da cacciatori/raccoglitori a agricoltori ci aveva regalato nuove opportunità. Che non abbiamo avuto la capacità di saper condividere, di utilizzare per il bene comune ma solo per far crescere il potere dell’individuo.
Ma per quanto grandi non siamo i padroni del pianeta e il coronavirus ci deve insegnare ad avere rispetto
Questa situazione, inconsueta e terribile, non deve evocare solo scenari apocalittici, ma deve essere vista anche come un’opportunità, per cambiare il nostro modello di sviluppo. Ragionando sul fatto che siamo tutti tasselli dello stesso mosaico. Legati, senza possibilità alcuna di sottrarci alla catena azione/reazione, che coinvolge sul pianeta ogni essere umano.
Questo virus è portatore di due concetti: siamo esseri viventi come tutti gli altri e non siamo onnipotenti, abbiamo bisogno di garantire maggiore equità, rispetto e tutele verso uomini e animali. Verso un pianeta che abbiamo portato allo stremo, lasciando che la ricchezza diventasse più importante della biodiversità e dei diritti. Facendo prendere il comando all’economia, sopprimendo la voce dell’etica con lo stesso comportamento che Pinocchio ebbe con il Grillo Parlante.
Questo virus, nonostante le voci dei complottisti, non viene da un laboratorio umano, ma da quel grande laboratorio che è il nostro pianeta. Un laboratorio che produce molto più di quanto noi immaginiamo, in continua evoluzione e in continuo movimento. Possiamo usare molti dei prodotti che derivano da questa attività incessante, ma non possiamo illuderci di poter controllare tutto quanto accade.
Il corona virus è frutto di un’economia circolare alterata, non armonica, non rispettosa
Sono davvero molti anni che la scienza sostiene che gli allevamenti intensivi, l’allevamento di specie selvatiche in condizioni pessime per scopi alimentari e il consumo di carne senza controlli rappresenti un pericolo. Avvisi inascoltati e spesso derisi, che ora però ci dicono che il coronavirus che sta attaccando la nostra specie è transitato, probabilmente, attraverso pangolini e pipistrelli.
“Gli umani si ammalano mangiando o essendo esposti alla fauna selvatica in questi mercati; le popolazioni di animali selvatici si stanno esaurendo mentre vengono cacciate in camicia e cacciate per questi mercati; e le economie e i poveri sono danneggiati mentre l’abbattimento di massa degli animali in risposta a questi focolai aumenta il costo delle proteine animali di base (animali da allevamento domestici come polli e maiali) che colpiscono i poveri più duramente. ”
Il futuro della specie uomo è nelle nostre mani, dipende dalle nostre scelte
Come è rimasto inascoltato il pericolo derivante da un uso eccessivo degli antibiotici nell’allevamento degli animali. Creando problematiche di antibiotico resistenza negli umani, con conseguente strascico di morti sottovalutate. Una densità eccessiva di animali, costretti a vivere in condizioni igieniche precarie e sotto costante stress non è stata vista come un problema da risolvere, cambiando metodiche di allevamento. Si è preferito riempire gli animali di sostanze che minimizzassero gli effetti, consentendo di rendere la carne un prodotto a basso costo.
Quante altre occasioni i sapiens potranno avere prima di un disastro ancora più drammatico di questa pandemia? Non siamo in grado di poter dire cosa succederà quando le emergenze si sommeranno, né di sapere quando questo accadrà. Però siamo certi, purtroppo, che tutto questo succederà se non proveremo a cambiare il nostro modello di sviluppo. Pagando in fondo un prezzo molto più basso di quello che ci sarà messo di fronte se anche questa esperienza ci scivolerà addosso, come l’acqua sulle penne delle anatre.
Mi piacciono gli umani e difendo gli animali non umani, da abusi, maltrattamenti o semplice insensibilità. Pensare che la chiave di volta, o meglio di svolta, sia quella dell’estinzione della nostra specie mi fa inorridire. Una cura peggiore del male, un non senso tante volte gridato ai quattro venti da chi lo invoca come unica soluzione.
Gli animali non umani non sono migliori di noi, sono semplicemente creature differenti da noi. Quando qualcuno sostiene il contrario credo lo faccia perché l’emotività ha preso il sopravvento, impedendo un ragionamento sereno. Gli animali non umani sono esseri senzienti, possono provare sentimenti, soffrono per dolore e a causa delle condizioni di vita, ma non sono uomini. Non migliori, non peggiori, soltanto diversi.
Fra umani e non umani si possono creare ponti comunicativi fantastici, rapporti particolari che sono fonte di un piacere intenso, molto spesso reciproco, ma talvolta univoco e non bidirezionale. Come quando imponiamo agli animali non domestici la nostra compagnia, tenendoli in gabbia, facendogli condurre una vita innaturale.
Noi animali umani siamo diversi, per questo abbiamo delle responsabilità
Probabilmente non siamo capaci di accettare che nell’animo umano esista il bene assoluto e il suo opposto, la capacità di donare la propria vita ma anche quella di rubare le vite degli altri. E forse non lavoriamo abbastanza per strappare molti uomini a un’esistenza che esalta la loro componente peggiore. Non abbiamo, forse, ancora compreso che l’educazione al rispetto, la cultura, l’equità sociale e il bilanciamento fra diritti e doveri rappresentano l’unico percorso possibile per una società migliore.
Spesso molti, quando falliscono i rapporti fra umani, si rifugiano in quelli con gli animali, che non prevedono discussione, critica e confronto. Si immergono in un rapporto che non è completo, ma anestetizza il dolore della privazione, la sofferenza dell’insuccesso nelle relazioni fra simili. Vedendo negli altri umani la causa dell’infelicità e attribuendo agli animali un valore salvifico, terapeutico. Spesso ricevendo molto da questo rapporto, senza chiedersi troppo se costi e benefici siano equamente ripartiti fra animali umani e non umani.
Il riconoscere gli animali non umani come esseri viventi diversi ci deve portare a considerare i nostri doveri verso di loro, ma anche quelli verso i nostri conspecifici. Non ci si può commuovere per un cucciolo maltrattato e restare distaccati dalla sofferenza di un altro uomo, di un bimbo, di un vicino di casa. Non si deve ritenere che gli animali siano migliori degli uomini per la loro assenza di crudeltà, di avidità, di corruzione. Gli animali non hanno questi difetti proprio in virtù del loro essere differenti: non una scelta quindi ma bensì una condizione.
Un animale non ruba per arricchirsi perché, giustamente, non conosce il denaro
Mentre non esistono animali migliori degli uomini, ma solo animali diversi per natura, esistono uomini migliori e uomini peggiori. Alcuni per scelta, altri per condizione: non si deve però cadere nel tranello del lupo, quello messo in atto dai cacciatori per convincere che questo predatore sia pericoloso. Una gran parte degli uomini, infatti, la potremmo mettere in una zona neutra: non pericolosi, non particolarmente altruisti, non attenti alla società ma comunque produttivi e dediti ai propri affetti. Quelli pericolosi sono tanti ma percentualmente pochissimi rispetto alla popolazione, mentre sono più numerosi quelli attenti ai bisogni altrui, alla solidarietà, alle esigenze sociali.
Alcune volte noi non vogliamo vedere quante persone positive, seppur con differenti valori, ci siano rispetto alla parte peggiore e in molti casi criminale della nostra società. Sono proprio queste persone che potrebbero fare la differenza, se si impegnassero nel fare qualcosa di sociale e non solo sulle tastiere dei social. La vita virtuale può rappresentare solo un prolungamento di quella reale, non la sua sostituzione.
E ricordiamo sempre cosa diceva San Filippo Neri: fate i buoni, se potete! E essere educati e non violenti anche sui social è uno sforzo che costa davvero poco e contribuisce a migliorare la nostra società. Con esempi, non soltanto con parole.
Sergio Costa resterà ministro dell’ambiente oppure, come suggerirebbero i rumors, sarebbe ritenuto sacrificabile anche dal MoVimento 5 Stelle? In effetti Italia il Ministero dell’Ambiente non è visto, purtroppo, come uno dei dicasteri più importanti dalla politica.
Questo potrebbe significare che il ministro Costa diventi una merce di scambio per diversi motivi, il primo dei quali è che in effetti non è nella pianta organica di un partito. L’indipendenza non sempre viene vista come un valore aggiunto, così come l’indipendenza di pensiero che certo non è mancata a Sergio Costa. Nel bene e nel male.
In queste ore molti media nemmeno considerano il ministero dell’ambiente quando partecipano al toto ministri, quasi fosse un dicastero trasparente. Una dimostrazione di come la tutela ambientale sia considerata più un argomento di facciata, da spendere per aver consensi, senza però spendersi troppo per ottenere risultati.
Sarebbe una buona scelta confermare Sergio Costa
Sergio Costa ha alle spalle una carriera e indagini che parlano da sole, ha realizzato il Piano Lupo con indicazioni coerenti e coraggiose , ha mantenuto la schiena dritta con le Regioni. Anche con quelle amministrate da partiti che facevano parte del governo.
In queste ore ancora non si conosce il nome di chi dirigerà politicamente il Ministero dell’Ambiente, ma si può solo augurarsi che il prescelto sia una figura di livello. Resta il fatto che sarebbe stata un’ottima scelta quella di far proseguire a Sergio Costa il lavoro che aveva iniziato. Con grande passione e indipendenza di giudizio.
Un ministro che ha parlato sempre con i fatti e che ha avuto la dignità del suo ruolo, senza sconfinamenti, senza invasioni di campo. Un modo di operare diverso, in un governo sin troppo occupato a comunicare, molto più di quanto sia stato effettivamente realizzato.
Sergio Costa resterà allora ministro dell’ambiente?
Dovendo fare una previsione, sulla base di quello che si può leggere sui media ma anche sulla base di quanto detto dai rispettivi schieramenti, la risposta, dovrebbe essere no.
Nemmeno il capo politico del MoVimento, Luigi Di Maio, sembra abbia speso parole per ottenere la sua riconferma. Appare certo che la figura e la poltrona di Costa sia vista da molti come una posizione sacrificabile.
Preoccupa che nel nostro paese i temi ambientali non siano ritenuti prioritari, nemmeno in un momento come questo, dove dovrebbero essere i primi dell’agenda politica.
In un momento in cui non è ancora chiara quale sarà la sorte dei Carabinieri Forestali, che rischiano di essere sempre più inglobati nell’Arma dei Carabinieri. Mentre avrebbero dovuto restare una specialità, un settore strategico da potenziare, da far crescere per un efficace contrasto dei crimini ambientali.
In breve si potrà avere comunque la risposta certa a questo quesito.
Difendere i diritti degli animali non è una patologia contagiosa, non ha controindicazioni e non è un segno di instabilità. Né un eccesso di emotività.
La tutela dei diritti degli animali ha fondamentalmente due nemici: chi non vuole capire e chi esagera nei modi e nei concetti. I primi non vogliono comprendere per non cambiare, i secondi credono che l’insulto sia la chiave di volta.
Queste due categorie si auto alimentano vicendevolmente. La seconda contribuisce a stimolare la prevenzione dei detrattori dei diritti animali, mentre la prima stimola e alimenta invettive degli animalisti estremisti.
Ma operando come si fa con la grappa e tagliando i due estremi, che spesso si toccano, resta vivo il cuore del problema. Un centro importante fatto di conoscenze e di competenze, di studi scientifici e di considerazioni importanti, spalmate dal pratico al filosofico. Che non relega certo la tutela degli animali a un campo di battaglia per esaltati.
Del resto su qualsiasi tematica si confronti il consorzio umano finisce sempre che ci siano due opposti, caratterizzati spesso da emotività eccessiva e scarsa propensione verso la cultura. Non deve essere però la presenza delle frange estreme, spesso illogiche, a rendere meno importante la difesa dei valori.
Infatti sono proprio i valori dei quali bisognerebbe parlare, senza sminuire, senza esagerare, senza insultare. I valori sono il punto centrale su cui fanno perno le culture, il cardine su cui ruotano gli equilibri delle comunità e bisognerebbe fare il possibile, mai come ora, per cercare di tenerlo presente.
La difesa dei diritti degli animali, quelli non umani perché animali siamo tutti, è un dovere e questo dovrebbe essere facile da comprendere. La tutela dei diritti dei deboli, delle categorie fragili rappresenta uno dei punti importanti, fondanti di una civile e democratica convivenza. Senza difesa dei deboli prevarrebbe la legge del più forte, odiosa caratteristica comportamentale da zittire.
Se su questo punto fossimo tutti d’accordo, potremmo agevolmente condividere che questa tutela deve riguardare tutti. Tutti gli esseri viventi in grado di provare sofferenza ed emozioni. Negli uomini viene considerata la sofferenza psichica ed è considerata una violenza la deprivazione dei cicli vitali e dei rapporti sociali fra conspecifici. Come possiamo negare che questa sia violenza anche per gli animali?
Come mai sugli animali un diffuso sentire considera come maltrattamento solo una scudisciata, un atto violento ma non una privazione di rapporto? E ancora perché non viene considerato un maltrattamento tenere un animale in uno stato di perenne timore? Oppure in isolamento continuato come avviene per il vitello della foto?
Su questa base di mancata considerazione dei bisogni si fonda il giudizio che chi tutela i diritti degli animali sia un estremista, una persona psichicamente disturbata. Questo pregiudizio spesso colpisce l’intera categoria. Che è innegabile che al suo interno, come ogni comunità umana, abbia anche soggetti instabili ed estremisti. Che nulla tolgono al dovere di tutelare i diritti degli animali.
La strada di liquidare chiunque si occupi di difendere i diritti degli animali, con vari gradienti e molte sfumature, come un soggetto quantomeno eccessivo è diventata la scorciatoia per sminuire un concetto. Se chi porta avanti una battaglia è un esagitato, la sua battaglia è priva di valori in quanto esasperata nei concetti come il difensore nei comportamenti. Ma non è così.
Bisogna però lavorare molto per tenere ai margini e isolare quanti contribuiscono solo a ridicolizzare queste battaglie di civiltà, con modi, considerazioni e comportamenti decisamente inappropriati. Non ci sono animali migliori delle persone e viceversa, ci sono soltanto esseri viventi differenti, non sovrapponibili, ma tutti meritevoli di tutele.
Così come non è vero che tutti gli uomini si debbano estinguere, ma è vero che se non cercheranno di ragionare gli uomini, tutti gli uomini al di la delle loro qualità personali, rischieranno di arrivare molto vicino all’estinzione. Ma questo è altro discorso.
Una società rispettosa, informata, educata e formata da individui consapevoli è l’unica via per migliorare il mondo. Le altre rischiano di essere facili scorciatoie che illudono, ma non risolvono i problemi. Specie quelli delle componenti più deboli, degli ultimi nei diritti che sono poi i primi nel disagio.
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